La tradizione voleva che il taglio della pinna venisse eseguito con una lama rovente. Poi lo squalo, morto o agonizzante, veniva rigettato in acqua. Forse adesso che per la pesca si sono attrezzati i pescherecci industriali, le pinne di pescecane non vengono più tagliate con un lama arroventata. Ma lo squalo, morto o agonizzante, finisce lo stesso di nuovo in acqua, dove morirà annegato o dissanguato.
73 milioni di squali uccisi ogni anno per le loro pinne: una piaga che rischia di annientare gli oceani
L’atroce morte dello squalo, però, non è l’unico elemento da tenere presente in questa pratica cruenta che si chiama finning. Purtroppo infatti l’elemento più drammatico dell’intera questione è che ogni squalo, in quanto animale in cima alla catena alimentare, rappresenta un tassello fondamentale nell’ecosistema marino. Se scompare lui è come se si togliesse un mattoncino alla base di una piramide: alla fine sarà la stessa piramide a crollare. Si stima che circa 73 milioni di squali vengono uccisi ogni anno solo per le loro pinne e che questo incredibile numero di uccisioni sta portando questo animale sulla soglia dell’estinzione. Per questo è nato Stop Finning un movimento internazionale che ha l’obiettivo di costringere l’Unione Europea a fermare questa piaga modificando la legge del 2013, esistente ma insufficiente. Per farlo è necessario raccogliere un milione di firme certificate entro la fine di gennaio 2022. «L'iniziativa dei cittadini europei "Stop Finning – Stop the Trade" chiede la fine immediata nell’Unione Europea di importazione, esportazione e transito delle pinne di squalo – spiega Camilla Mura attivista e rappresentante del movimento in Italia. – In caso di esito positivo sarà avviato un procedimento politico, al termine del quale la Commissione Europea dovrà esprimersi circa la modifica della legislazione esistente».
Un cibo considerato uno status symbol
Gli squali vengono uccisi per la loro carne e per le loro pinne. Le pinne, in particolare quelle dorsali, sono molto richieste dal mercato cinese, ed orientale in generale, per la cucina della tradizionale zuppa, in voga in Cina dall’epoca della dinastia Ming. Malgrado le pinne non diano alla zuppa particolare sapore e malgrado non abbiamo particolari elementi nutritivi (anzi, alcuni sostengono che sono dannose per la presenza di mercurio in alta quantità) continuano ad essere molto ricercate dalla cucina cinese perché la zuppa che le contiene rappresenta uno status symbol. Preparata con pinne che si acquistano surgelate o essiccate a caro prezzo, è considerata un lusso ed è molto prestigioso offrirla in banchetti e cerimonie. Questo ha fatto si che, con la crescita demografica della classe media cinese, la richiesta di pinne di pescecane per uso culinario sia continuata ad aumentare, invece che decrescere.
Ogni anno, dall’Europa all’Asia, 3.500 tonnellate di pinne di squalo
Secondo i dati raccolti da Stop Finnng tra le prime 20 nazioni a livello mondiale in fatto di pesca degli squali si trovano tre stati dell’Unione Europea. «La Spagna in particolare, è al primo posto – spiega la Mura – e la popolazione di questi animali così importanti per gli oceani del mondo è in declino: gli esemplari di squali pelagici sono diminuiti del 70% dagli anni '70». Un problema gigantesco che al momento non trova via d’uscita. «3.500 tonnellate di pinne vengono esportate dall'Europa verso l’Asia ogni anno – afferma Fabienne Rossier, rappresentante francese di “Stop Finning – Stop the Trade” Europa. – Gli squali sono essenziali per la vita negli oceani che generano il 70% dell'ossigeno che respiriamo sulla Terra». In quest’ottica l’iniziativa che mira a vietare la partecipazione dell’Europa al commercio di pinne si squalo appare sempre più necessaria nel contesto di interventi contro i cambiamenti climatici. «L'estinzione degli squali è già in corso. Molte specie di squali hanno già perso dal 90 al 99% della loro popolazione a causa della pesca eccessiva – conclude la Rossier -completare con successo l'iniziativa dei cittadini europei Stop Finning significa salvare gli squali e, di fatto, salvare noi stessi… L'UE deve vietare il commercio di pinne di squalo il più presto possibile, è necessario e urgente».
Obiettivo di Stop Finning: cambiare la normativa europea e impedire che l’Europa commerci le pinne di squalo
Non si tratta di un affare da poco. Nell’Unione Europea, il finning è ufficialmente vietato. Ma, per massimizzare il profitto, chi pesca gli squali per rivenderne le pinne continua a farlo portando a terra solo le redditizie pinne e lasciando quel che resta dello squalo, ormai inutile, al suo destino. «Dal 2013 – spiega Mura – è in vigore una direttiva europea, secondo la quale gli squali pescati devono essere portati a terra interi. Tuttavia, il successo auspicato con l’introduzione della legge non si è concretizzato: le catture sono inizialmente diminuite, per aumentare di nuovo negli anni successivi. Nella spedizione delle pinne di squalo, spesso non viene documentato dove lo squalo è stato catturato, di che specie si tratta, né se è stato catturato legalmente. Come se non bastasse, non di rado e per lo più per caso, vengono scoperte anche pinne di specie protette provenienti dalla pesca in Europa. Una volta che le pinne sono sul mercato, risulta impossibile risalire ai responsabili di eventuali violazioni».
La raccolta di 1 milione di firme entro la fine di gennaio
StopFinningEU nasce quindi proprio per chiedere alla UE il bando completo di importazione, esportazione e transito delle pinne di squalo. Grazie al meccanismo dell'Iniziativa dei Cittadini Europei è possibile, infatti, portare una proposta di legge direttamente in discussione in Commissione Europea una volta raccolto un milione di voti di cittadini europei nell'arco di un anno. (https://europa.eu/citizens-initiative/_it). «Nel caso di StopFinning EU la raccolta termina a fine gennaio 2022, i voti al momento sono 545 mila in Europa e 48 mila in Italia – spiega ancora Camilla Mura. – Mancano solo 8 mila voti in Italia per arrivare alla nostra soglia minima nazionale. Si manderebbe un forte segnale all’Unione Europea circa l’interesse dei suoi cittadini sulle tematiche legate al mare e all’ambiente». Si può votare con SPID o numero del documento d'identità accedendo al sito oppure alle pagine FB e IG @StopFinning_Italy e @StopFinningEU.
Ma se non si raggiunge un milione di voti? Il caso del Regno Unito
Cosa succederebbe se non si riuscisse a raggiungere un milione di voti? «Noi speriamo di farcela, anche se il tempo è poco. In Francia hanno votato già 150 mila persone e si è superata la soglia percentuale rispetto al numero dei rappresentati europei del Paese. Lo stesso è successo in Germania, in Spagna che ha già raggiunto i 55 mila voti, in Portogallo, Austria, Malta e Ungheria. All’Italia mancato 7 mila voti. Servirebbe un miracolo. Aspettiamo di vedere come va per poi capire come poter far pressione verso tutti i paesi partecipanti grazie all’enorme mole di voti arrivati». L’uscita del Regno Unito dall’Unione ha penalizzato la raccolta. «L’obiettivo da raggiungere è rimasto un milione anche senza di loro, quindi ancora più difficile. Tenendo presente che soltanto loro, una volta uscita dall’Unione, hanno raggiunto i 100 mila voti e hanno ottenuto il bando del commercio di pinne e di derivati dal Regno Unito».
Le ong italiane in prima linea
Una ventina le ong italiane che sostengono l’iniziativa, tra cui Sea Shepherd Italia, Marevivo Onlus, Plastic Free, LAV, ENPA e Worldrise. «Siamo alle battute finali di un’importante sfida di civiltà: fino al 31 gennaio i cittadini europei potranno firmare per chiedere la fine del commercio di pinne di squalo negli Stati membri – commenta Gianluca Felicetti presidente di LAV Lega Italiana Anti Vivisezione – Una pratica poco conosciuta ma diffusa, una vera strage, di cui è impensabile che l’Europa continui a rendersi complice. Anche LAV ha aderito alla mobilitazione, che sta attirando molta attenzione nel nostro Paese, dove è già stato raggiunto oltre l’85% delle firme necessarie». Andrea Morello, fondatore e presidente di Sea Shepherd Italia non ha dubbi: «Si tratta di un voto vero e proprio e non di una petizione on line. Per questo è fondamentale votare. Uccidere ogni anno la cifra incredibile di 70 milioni di squali per il mercato cinese che ha fatto di un cibo uno status symbol, non è ammissibile. Stiamo sterminando ogni anno un numero di squali che equivale agli abitanti di una nazione come l’Italia. Una distruzione di massa che va fermata perché gli squali sono l’apice della catena alimentare degli oceani. Se muoiono loro, muoiono gli oceani. E se morissero gli oceani, moriremmo anche noi».