Secondo un nuovo studio condotto dalle università di Exeter e del Queensland, alcune aree della Grande barriera corallina australiana situate a profondità maggiori sono ancora isolate dalle dannose conseguenze del riscaldamento globale. Tuttavia, non è ancora chiaro per quanto tempo il reef può considerarsi salvo se la gravità del fenomeno continua ad aumentare.
Le elevate temperature registrate in superficie hanno dato vita a diversi eventi di sbiancamento dei coralli (in inglese coral bleaching) in cinque degli ultimi otto anni, l’ultimo dei quali è tuttora in atto. Solitamente le proiezioni di questi aventi si basano sulle temperature della superficie del mare, trascurando il fatto che la situazione in acque più profonde può essere diversa.
Gli studiosi delle università di Exeter e del Queensland hanno quindi esaminato come i cambiamenti delle temperature influenzeranno i coralli mesofotici, ovvero quelli che crescono a profondità di circa 30-50 metri, e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences).
L’acqua calda superficiale ha una densità inferiore e galleggia al di sopra di quella più fredda e profonda: questo può isolare le barriere coralline che si trovano lontano dalla superficie dalle ondate di calore. Quello che preoccupa i ricercatori, però, è che secondo le loro stime questa protezione naturale andrà persa se il riscaldamento globale supera i 3°C rispetto ai livelli preindustriali. Fenomeni simili potrebbero accadere anche in altre barriere, con le dovute differenze a seconda delle condizioni ambientali locali.
«Le barriere coralline sono come il canarino nella miniera di carbone: ci mettono in guardia sulle numerose specie e gli ecosistemi colpiti dai cambiamenti climatici», ha affermato la dottoressa Jennifer McWhorter, principale autrice dello studio. «Lo sbiancamento dei coralli è un segno del drammatico impatto che l’essere umano sta avendo sul pianeta. Il nostro studio ci da la speranza che alcune barriere coralline siano resilienti agli attuali livelli di cambiamento climatico, ma anche il monito che questa resilienza ha i suoi limiti».
Secondo le previsioni dello studio, se il riscaldamento globale superasse i 3°C si raggiungerebbero temperature di oltre 30°C nelle acque in cui crescono i coralli mesofotici, aumentandone il tasso di mortalità e portando la barriera corallina in uno stato di stress che potrebbe provocarne il collasso.
«Alcune specie marine che vivono in acque poco profonde non possono sopravvivere in profondità – ha aggiunto McWhorter – e quindi le barriere mesofotiche non possono fornire loro un rifugio, anche se quelle superficiali sono degradate. In più, come mostra il nostro studio, gli stessi coralli mesofotici sono minacciati dal riscaldamento globale».
Si stima che, entro il 2050-60, le temperature del fondale della Grande barriera corallina, situato a 30-50 metri di profondità, aumenteranno di 0,5-1°C in caso di minori emissioni di gas serra e di ben 1,2-1,7°C in caso di emissioni più elevate.
A tal proposito il dottor Paul Halloran, coautore dello studio, ha dichiarato: "Per proteggere le barriere coralline, dobbiamo capirle meglio. Mirando alla gestione delle minacce che queste devono affrontare si spera che alcune barriere possano essere mantenute in salute e sfuggire agli impatti del cambiamento climatico».