Nei recentissimi scontri tra Israele e Palestina, oltre 1.300 abitazioni sono andate distrutte negli undici giorni di bombardamenti israeliani in quella che è stata definita l’operazione “Guardian of the Walls” in cui sono state uccise 230 persone, colpiti oltre 1.500 “obiettivi terroristici”, incluse 675 “basi di lancio di razzi” e più di 200 “terroristi neutralizzati”. A Gaza, secondo l’Onu, a causa soltanto di quest’ultima guerra, il numero degli sfollati, cioè coloro che sono fuggiti o la cui casa è andata distrutta, ha superato le 77mila persone. Circa 47mila di loro hanno trovato rifugio nelle scuole dell’Unrwa e il resto da parenti e amici. E quasi 12.800 abitazioni sono state parzialmente danneggiate.
A Gaza soltanto Sulala Animal Rescue si occupa degli animali in difficoltà
In questa situazione drammatica, una vera e propria tragedia testimoniata dalle immagini che hanno invaso le nostre tv dei bombardamenti e dei tanti morti e feriti tra cui civili e molti bambini, qualcuno ha trovato la forza di non negare un aiuto anche agli animali, vittime inconsapevoli di una tragedia che non sanno neanche spiegarsi e che patiscono, inconsapevolmente, da decenni. Quel qualcuno è Saeed Al-Err, fondatore di Sulala Animal Rescue, l’unica associazione animalista di Gaza. Saeed ha quasi 50 anni ed è un dipendente dell'Autorità Palestinese in pensione. Nella sua casa, a sud di Gaza City, si prende cura di 40 gatti, mentre altri 30 gatti sono ricoverati nel suo rifugio dove, prima della guerra, si occupava di circa 200 cani. Ma alcuni di loro, durante gli ultimi bombardamenti, sono fuggiti per la paura.
Saeed Al-Err: «Dobbiamo salvare il nostro rifugio»
«Quando è avvenuto il cessate il fuoco, tutti a Gaza sono stati felici e hanno festeggiato. Ma io ero triste per la tragica situazione nel nostro rifugio. Gli sguardi dei cani oggi mi ricordano della terribile guerra che hanno anche loro vissuto, della paura delle esplosioni e delle schegge di bombe. Ho trovato un cane mezzo sepolto, l'ho portato fuori da sotto la sabbia, guarirà presto. L’asino e il cavallo sono morti, i cani hanno aperto la rete per paura, sono fuggiti e si sono rifiutati di tornare», racconta Saeed sulla sua pagina Facebook, attraverso la quale ha offerto una testimonianza, giorno per giorno, di quel che succedeva durante i giorni più duri dello scontro. «Abbiamo tanto lavoro per riparare e ripristinare il rifugio, aiutare tutti gli animali stremati e soprattutto curarli psicologicamente: giocare con loro per dimenticare la paura e il dolore. Abbiamo un sacco di duro lavoro che ci aspetta, non dimenticate di sostenerci».
Gli animali uccisi dalle schegge o in fuga per la paura
Attraverso una volontaria che vive a Bruxelles, siamo riusciti a parlare con Saeed e a chiedergli come è la situazione, ora e nel passato, per i tantissimi animali che vivono in quelle sfortunate zone della Terra. Annelies dà una mano da lontano, aiuta Saeed a tradurre il suo arabo in un inglese comprensibile anche a noi europei che cerchiamo di capire, al di qua del Mediterraneo, cosa sta succedendo, ancora una volta, in quel martoriato paese. «Abbiamo trovato morto il cavallo che avevamo salvato a dicembre, con una grossa ferita al collo dovuta ad una scheggia. Si chiamava Lucky, abbiamo cercato di dargli una vita migliore ma forse, dopo tutto quello che è successo, non è stato così fortunato. Anche il nostro asino è morto per le ferite da scheggia. Così come uno dei nostri cani, Sasha. Il suo occhio è stato gravemente ferito da un frammento che lo ha colpito dopo un’esplosione. Questa situazione è solo nel rifugio, quindi immaginate cosa hanno attraversato gli animali nel resto di Gaza».
L’aiuto dei volontari
Il rifugio di Saeed nasce nel 2020 a sud di Gaza City su circa due ettari di terreno messo a disposizione dalla municipalità di Gaza. Il Ministero della Salute assicura invece le medicine e le vaccinazioni necessarie, oltre ad avere acconsentito a un progetto pilota di sterilizzazione. «Non ci sono altre organizzazioni di animali a Gaza – spiega Saeed – Sono l’unico, insieme ai miei figli e a un gruppo di volontari. E le persone a Gaza mi chiamano quando c'è qualcosa che non va con un animale, ma non riesco a dare seguito a tutte le chiamate. Ci sono alcuni attivisti che aiutano gli animali e lavoriamo insieme a volte. Ci sono anche singoli cittadini che aiutano gli animali e danno da mangiare ai randagi per strada e pagano il cibo da soli».
In Palestina nessuna legge per la protezione degli animali
Come spiega PAL Palestian Animals League (nata nel 2011 è la sola organizzazione per la protezione degli animali che opera all’interno dei Territori Palestinesi Occupati): «Ad oggi in Palestina non esiste una legislazione per la protezione degli animali minimamente significativa. PAL ha sviluppato una proposta di progetto congiuntamente all’istituto di Legge dell’università di Bir Zeit per stendere una bozza di legge dettagliata sul benessere degli animali». Ma Saeed è solo a fronteggiare le emergenze. «Ho fondato Sulala Animal Rescue dopo essere tornato dalla Russia, dove avevo frequentato un corso di addestramento cani e aver imparato molto su di loro. Ma la situazione degli animali a Gaza è molto difficile. Non c'è protezione per loro. Soffrono durante la guerra e soffrono anche quando non c'è guerra perché le persone li trattano male. Non hanno alcun diritto.»
La guerra, l’Intifada e le sofferenze degli animali
In mezzo alla distruzione e ai morti che ogni giorno si continuano a contare in territorio palestinese, la sofferenza animale non manca, ovviamente. Malnutriti anche in tempo di pace, viste le condizioni di miseria in cui versa la popolazione, poco amati e poco protetti, cani e gatti randagi affollano a migliaia le strade e i quartieri di Gaza City e degli altri centri abitati dei Territori Occupati. «Dal 2006 la situazione degli animali è peggiorata ulteriormente a causa del conflitto. Anche prima è stata dura perché dalla prima Intifada, negli anni 80, anche i cani di Gaza sono stati esposti ai gas lacrimogeni. La guerra civile, e poi le guerre del 2008 e del 2014 e infine questa ultima guerra: è stata incredibilmente dura per gli animali. Molti sono morti sotto i bombardamenti e i cecchini. Altri scappano terrorizzati. Questa è una tortura per i poveri animali». Secondo Saeed l’occupazione israeliana e i conflitti alimentano una situazione in cui l’educazione al benessere animale, soprattutto nei più giovani, è completamente disattesa. «Le persone non insegnano ai loro figli a trattare gli animali nel modo giusto. Molti bambini abusano e torturano cani e gatti randagi».
Uno spiraglio di speranza: aumentano gli animali domestici e si cercano adozioni
Una piccola tendenza al cambiamento, però, secondo Saeed si inizia a registrare e fa minimamente sperare per il futuro. «Negli ultimi 5-6 anni, sempre più persone hanno iniziato a tenere animali domestici nella loro case. Ed è cresciuto anche il numero di negozi di animali a Gaza. Ma abbiamo ancora un problema enorme con i randagi: migliaia di cani e gatti. Per questo vorrei che i nostri animali venissero adottati dai cittadini di altri paesi. Vorrei che le organizzazioni internazionali prendessero dalle nostre mani un gran numero di animali o che i cittadini adottassero singoli cani. Ma per questo la procedura deve essere più semplice. È ancora difficile portare animali fuori da Gaza. Hanno bisogno di vaccino contro la rabbia e test, l'animale deve essere registrato a nome di chi lo adotta e ci deve essere un permesso di uscita sia dalle autorità di Gaza che da Israele. Abbiamo cercato di inviare tre cani in Canada, ma a causa del coronavisrus il trasferimento è stato sospeso. Inoltre è vietato far passare gli animali dal confine con l’Egitto, al checkpoint di Rafah, le autorità egiziane lo vietano. Per esempio c’è un bambino che per andare in Turchia ha dovuto lasciare il suo cane. E da lì mi chiede sempre come sta. Mi dispiace così tanto per lui. C'è anche un'altra ragazza europea che ha detto di voler adottare un cane. Ma nessun cane è mai stato adottato perché è un processo troppo lungo».
Cani senza cibo, isolati dalla guerra
La paura dei rumori delle bombe e la fuga sono i primi effetti, terrorizzanti, su cani e gatti. Ma ci sono anche quelli che stanno morendo perché i loro umani non riescono a raggiungere le zone dove li hanno lasciati, a volte a catena. «Molti animali sono scappati durante la guerra ora perché erano spaventati. E molte persone non erano in grado di nutrire i loro animali domestici, in particolare i cani, perché si trovavano su un pezzo di terra lontano che non potevano raggiungere. Penso che abbiamo nutrito circa 30 di questi cani che erano legati da soli e ormai isolati dalle loro case. Anche i cittadini hanno aiutato in questo. Ho postato sui social media che se qualcuno vede un cane legato da qualche parte, deve slegarlo in modo che il cane possa scappare e non rimanere spaventato legato in un pezzo di terra, e può cercarsi il cibo da qualche altra parte. Molte persone hanno sentito la mia chiamata e lo hanno fatto.
Lo zoo di Gaza
Anche se può davvero sembrare un paradosso nella Palestina dilaniata dalla guerra esisteva uno zoo privato. Fathy Jomaa lo aveva aperto a Rafah nel 1999 e solo nel 2019, quando le condizioni di vita degli animali risultate insostenibili anche per la morte di quattro cuccioli di leone, si era deciso a chiedere l’aiuto di Four Paws, un’associazione internazionale di salvaguardia animale, che aveva organizzato il trasferimento degli animali, in mezzo a grosse difficoltà logistico-istituzionali. Quarantasette esemplari, tra cui leoni, scimmie, porcospini e pavoni, erano stati fatti evacuare, con un certo dispiacere della popolazione che vi vedeva uno scampolo di svago per i bambini. «Conoscevo questo zoo. Gli animali vivevano in pessime condizioni. Ero assolutamente d’accordo che dovessero lasciare Gaza e ho anche fatto pressioni al ministero dell’Agricoltura, che non voleva lasciarli andar via. In questo momento non sono sicuro che siano rimasti animali, penso che non ce ne siano ma ho sentito qualche tempo fa che il proprietario ha comprato di nuovo due cuccioli di leone. A Sulala siamo contrari agli zoo ma non possiamo fare molto contro questo. Gli zoo di Gaza sono spesso privati e hanno licenze. Probabilmente è così in tutto il mondo. Ma preferirei che gli animali vivessero liberi nel loro ambiente naturale e non rinchiusi nelle gabbie».
La richiesta di aiuto
«Ci piacerebbe che ci fosse più attenzione alla difficile situazione degli animali a Gaza e più contatti per aiutarci con le adozioni – conclude Saeed alla fine della lunga chiacchierata. – Abbiamo i nostri follower sui social media che donano per sostenere il nostro lavoro. Siamo stati aiutati anche da un'organizzazione britannica, Wild At Heart, (organizzazione internazionale che combatte il randagismo mondiale con attività di istruzione, adozioni e sterilizzazioni ) che ha donato una somma di denaro per sterilizzare i nostri cani. E gli siamo molto grati per questo. Ora, a causa della guerra, ci sosterranno con i fondi di emergenza. Ma quello che ci auguriamo è che in futuro sempre più organizzazioni internazionali possano venire ad aiutarci. Siamo prontissimi a collaborare con loro».