«Sto bene. E anche gli animali stanno bene. Ma posso parlarti forse stanotte. Adesso sono ad un funerale. Scusami». Sono le uniche parole che riesce a scriverci Diana Babish, la responsabile del rifugio AEA Bethlehem Shelter, in Cisgiordania, situato a 10 minuti di distanza dai 300 checkpoint israeliani e da altri insediamenti e a 500 metri da una torre di controllo israeliana. Un’altra zona ad alta densità di pericolo e di violenza, sconvolta in questi giorni tremendi di guerra, dal botta e risposta delle operazioni militari tra Hamas e Israele che ormai stanno per toccare le due settimane. Una tragedia immane, i cui numeri di morte e distruzione sembrano destinati a crescere ancora, che non si sta esaurendo e che coinvolge non soltanto gli umani, Israeliani e Palestinesi, ma anche i loro animali sempre più affamati e abbandonati a loro stessi.
E mentre a Gaza il Sulala Animal Rescue è l’unico rifugio attivo che continua a prendersi cura di circa 500 randagi, a Betlemme nel cuore della Cisgiordania, in quell’area di confine a sud di Gerusalemme così densa di significati per tutte e tre le religioni monoteiste professate sul territorio, AEA Bethlehem Shelter, è l’unica realtà ancora attiva nella cura di cani e gatti randagi. «L’AEA Bethelem è costituita da dieci volontari e un guardiano che vive all’interno del rifugio – racconta Valentina Bagnato responsabile delle Relazioni internazionali dell’Oipa, di cui il rifugio palestinese è affiliato e che in questi giorni sta mantenendo i contatti con i volontari – La struttura ospita più di 100 cani, 10 cuccioli e 40 gatti. Diana, la responsabile, racconta che a casa sua ha al momento 9 cani (4 provenienti dal rifugio e gli altri recuperati dalla strada), 2 gattini e 15 gatti».
Come a Gaza, anche in Cisgiordania incertezza e preoccupazione si mescolano ormai quotidianamente alla diminuzione delle scorte di cibo per gli animali. I checkpoint sono una barriera insormontabile per gli aiuti che potrebbero arrivare dall’estero. Circondati dal pericolo i volontari dell’associazione cercano di occuparsi non solo dei cani e dei gatti presenti nel rifugio, ma anche dei randagi che si aggirano solitari per un territorio sempre più devastato e sempre più ostile. «L’associazione, infatti, sta facendo anche appello ai residenti chiedendo di fornire coperte e lenzuola vecchie e inutilizzate per riscaldare gli animali ospiti del rifugio» aggiunge Valentina che sottolinea il messaggio di pace che, malgrado tutti gli eventi, ha ricevuto dal rifugio «La nostra fervida speranza e desiderio è che questa sanguinosa guerra finisca. Uniamoci come comunità per sostenerci a vicenda di fronte a questa tragedia che sta colpendo sia umani che animali».
Impossibile al momento attivarsi per mandare cibo o medicinali. La Striscia di Gaza è completamente inaccessibile e da giorni si discute se e come far arrivare gli aiuti umanitari che sono bloccati ai valichi che permettono l’accesso ai territori. Dall’Egitto, a sud, e dal Libano, a nord, per il momento i camion non possono passare. «Per questo Oipa ha avviato una raccolta fondi da inviare alle associazioni. Le donazioni serviranno ai volontari per acquistare localmente cibo (per ora ancora disponibile) per i loro animali, per i randagi e per quelli delle famiglie che stanno scappando e che chiedono continuamente aiuto non avendo più nulla».
Oipa, infatti, si è attivata anche per il Sulala Animal Rescue di Gaza, dove Saeed e i due figli gestiscono un rifugio nel cuore di un territorio devastato e completamente inaccessibile. Con la raccolta fondi “Emergenza animali Gaza – Cisgiordania” i cui proventi saranno devoluti alle associazioni che operano sul territorio collegate a Oipa International, l'Oipa infatti vuole sostenere tutti i rifugi ancora attivi e in grande difficoltà. «A Gaza, con l’escalation dei bombardamenti, numerosi cani sono arrivati al rifugio spontaneamente alla ricerca di un posto sicuro dove trovare riparo e, di fronte a questo particolare fenomeno, i volontari hanno aperto un varco nella struttura per permettere loro di entrare autonomamente», ha aggiunto Valentina Bagnato. «Per il momento l’associazione riesce ancora a fornire cibo e acqua, ma le scorte presto finiranno».
Come Kodami aveva raccontato negli scorsi giorni a Gaza la situazione è infatti forse ancora più drammatica che in Cisgiordania. «Purtroppo, molte pompe di benzina iniziano ad essere vuote ed è sempre più difficile muoversi per raggiungere il Sulala Animal Rescue – spiega Valentina Bagnato. – Per avere gli animali più vicini e poterli seguire quotidianamente, si sta tentando di evacuarli e trasferirli in aree al momento più sicure. L’evacuazione degli animali dal rifugio non è facile, ma si sta tentando l’impossibile». Fino ad oggi sono stati evacuati tutti i 120 gatti e trasferiti in un’area nella zona del Wadi Gaza e circa 50 cani, di cui 20 disabili, sono già stati spostati e messi in sicurezza in zone più vicine alle case dei volontari sperando che la situazione non degeneri ulteriormente.