Il numero di tigri "catturate" dalle fototrappole nella più grande area protetta della Thailandia è aumentato lo scorso anno, e con l'ultimo rarissimo avvistamento di una madre con due cuccioli al seguito crescono anche le speranze per il futuro della specie nel paese. Nel 2023, al Thungyai-Huai Kha Khaeng, una grande area protetta nella provincia di Kanchanaburi, l'ultimo censimento delle tigri si è infatti concluso con almeno 120 individui fotografati, ben 20 in più rispetto all'anno precedente.
Somphot Duangchantrasiri, a capo della stazione di ricerca per la fauna selvatica del Dipartimento dei parchi nazionali, ha infatti affermato che l'aumento delle tigri è un segnale molto promettente per la specie. «Ciò dimostra che stiamo andando nella giusta direzione, ma siamo comunque vigili e osserviamo la situazione. Se interrompiamo ciò che stiamo facendo, il numero potrebbe diminuire». Appena nel 2007, infatti, erano solo 46 le tigri che vivevano a Thungyai-Huai Kha Khaeng, ma grazie agli enormi sforzi di conservazione durati anni la popolazione è ora in costante crescita.
Ad aver contribuito all'aumento delle tigri nel paese sono stati soprattutto la lotta al bracconaggio per le pelli e le ossa, purtroppo una delle minacce principali per il futuro della specie, nonché la crescita numerica delle prede preferite da questi grandi felini, come i cervi sambar. Nel 2022, in tutto il paese, la popolazioni di tigri era stimata in un numero compreso tra 148 e 189 individui, quasi tutti concentrati nell'area protetta della provincia di Kanchanaburi. A dicembre, però, il Dipartimento dei parchi nazionali ha pubblicato le immagini della madre con i due cuccioli, fotografati per la prima volta in una nuova area al Salak Phra Wildlife Sanctuary.
«Questa è una grande notizia per noi», ha dichiarato invece Rattapan Pattanarangsan, responsabile del programma di conservazione per la ONG Panthera Thailandia. In passato nella stessa aveva c'erano già stati avvistamenti di tigri provenienti dalle foreste vicine, tuttavia fino a oggi non era ancora stata confermata la riproduzione. «Ora siamo noi stessi la fonte, possiamo produrre tigri in maniera indipendente. Ciò significa che la nostra area è abbastanza sicura e ospita abbastanza prede per permettere alle madri di sopravvivere e riprodursi».
I piccoli, che hanno circa otto mesi di vita, sembrano in salute e rappresentano ora il punto di partenza per stabilire una nuova popolazione che possa crescere indisturbata contribuendo a salvare la specie in tutta la Thailandia. In ben 10 anni di monitoraggio, infatti, gli esperti di Panthera Thailand non avevamo mai fototrappolato un cucciolo in questa zona. Non bisogna però abbassare la guardia, poiché basta voltarsi indietro e guardare ad appena qualche anno fa per capire quanto siamo stati vicini a perdere per sempre questo straordinario predatore.
Rispetto ai circa 100.000 individui stimati all'inizio del secolo scorso, nel 2010 si contavano infatti a malapena 3.200 tigri, con i trend demografici che erano in costante declino. La distruzione delle foreste e il bracconaggio avevano estirpato al tigre da circa il 93% del suo areale storico, riducendo addirittura del 97% le popolazioni selvatiche. Da quel momento, i 13 paesi che ancora ospitavano tigri, inclusa la Thailandia, si sono però impegnati a raddoppiare il numero delle tigri entro il 2022.
I progressi sono stati però contrastanti e ora, secondo il Global Tiger Forum, si stima siano circa 5.574 le tigri rimaste in natura. India e Nepal sono riusciti a raddoppiare il numero delle proprie tigri, mentre i numeri rimangono stabili e in leggero aumento anche in Bangladesh e Bhutan. Sempre secondo il forum, anche la popolazione russa è aumentata, mentre la Cina sta lentamente mostrando segnali incoraggianti solo in alcuni territori. Nel sudest asiatico, invece, proprio la Thailandia sembra essere l'unico paese ad aver ottenuto risultati positivi.
In Vietnam, Laos e Cambogia le tigri restano infatti ancora gravemente minacciate di estinzione. Molti individui vengono infatti ancora uccisi o catturati in natura e allevati in cattività nelle cosiddette "fattorie delle tigri", dove si produce la cosiddetta "colla di tigre", una sostanza resinosa marrone prodotta facendo bollire le ossa dei felidi in una pentola a pressione per circa due o tre giorni. La colla di tigre resta quindi uno dei motivi principali per cui questi predatori vengono allevati illegalmente in numero così elevato minacciando le popolazioni selvatiche.
Nel 2017, secondo la ONG Environmental Investigation Agency (EIA), erano oltre 200 gli allevamenti di tigri attivi in Cina, Laos, Thailandia e Vietnam. Tutte insieme queste fattorie "ospitavano" tra le 7.000 e le 8.000 tigri, più di quelle rimaste allo stato selvatico. Al santuario di Salak Phra, anche grazie alla collaborazione con gli allevatori, gli esperti sono riusciti a ridurre le minacce e costruire una maggiore consapevolezza con la popolazione umana che sta finalmente dando i proprio frutti.
Molte altre minacce per la specie, tuttavia, permangono, come la crescita della popolazione umana, l'urbanizzazione e l'aumento di attività come agricoltura e allevamento. Anche incendi boschivi sono una minaccia sempre più concreta, a cui si aggiungeranno sicuramente anche gli effetti della crisi climatica il cui impatto è ancora difficile da valutare. Questi nuovi cuccioli fotografati in Thailandia sono quindi un grande segnale di speranza, ma anche un monito che deve ricordarci che gli sforzi di conservazione dovranno continuare e che non è possibile in alcun modo abbassare la guardia.