Si è svolta oggi, 10 aprile 2021, a Trento la seconda manifestazione nazionale organizzata dagli attivisti di Assemblea Antispecista e del centro sociale Bruno, i quali sono tornati in piazza per denunciare le condizioni di vita degli orsi rinchiusi all'interno del recinto del Casteller. Nel mese di settembre 2020 i carabinieri del CITES avevano visitato il centro di recupero di fauna selvatica del capoluogo trentino, compilando un report sulla situazione all'interno del recinto, evidenziando una condizione di malessere psico-fisico nei plantigradi dovuto secondo il CITES «in primis alla forzata e stretta convivenza».
Solo qualche mese dopo, gli attivisti di #Stopcasteller avevano divulgato un video di denuncia nel quale, a seguito di un'irruzione nel recinto, venivano ripresi gli animali rinchiusi all'interno di piccole gabbie, portando così nuovamente l'attenzione sulla qualità della vita di DJ3, M49 e M57 e dimostrando che gli orsi non erano in letargo, contrariamente a quanto dichiarato al tempo dall'Assessore all'Agricoltura della Provincia di Trento Giulia Zanotelli.
Gli obiettivi di #Stopcasteller
«Vogliamo far sentire la nostra voce per la liberazione degli orsi detenuti nella prigione del Casteller», hanno scritto sulle locandine e ribadito nella manifestazione di oggi. Abbiamo chiesto a Francesca Manzini del Centro sociale Bruno cosa sta succedendo nel capoluogo e quali sono gli obiettivi della campagna #Stopcasteller: «La nostra è una condanna completa e senza appello alle politiche arroganti e miopi attuate dalla Provincia autonoma di Trento. Oggi riprendiamo quanto iniziato con la prima manifestazione svolta lo scorso ottobre, quando abbiamo sollecitato la Provincia a cambiare strategia nella gestione dell'orso. La nostra non sarà una strada breve, continueremo per anni. Il percorso di #Stopcasteller è nato a settembre e oggi, grazie a noi, la città non si riempie di persone ma di orsi liberi».
La Proposta di Brigitte Bardot: «Soluzione inadatta»
Negli ultimi mesi anche Brigitte Bardot aveva proposto alla Provincia autonoma di Trento una soluzione alternativa al Casteller, scrivendo una lettera al Presidente della Provincia Maurizio Fugatti, nella quale si rendeva disponibile per prendersi carico del trasferimento degli orsi trentini verso il centro di recupero in Bulgaria, gestito da una fondazione di sua proprietà: «Per fortuna la proposta non ha avuto un seguito – aggiunge Francesca Manzini – perché si tratta di un'altra strada non adatta agli orsi i quali avrebbero vissuto comunque rinchiusi, permettendo inoltre alla Provincia di Trento di "ripulirsi l'immagine" facendo credere all'opinione pubblica di aver risolto la situazione».
Secondo Manzini non sono ancora arrivate proposte adatte alla reale tutela del benessere psicofisico di M49, M57 e DJ3: «Non tutti gli orsi potranno rivedere la libertà nei boschi in cui sono nati e personalmente non ho le competenze per comprendere se sia effettivamente possibile o meno. Sono però consapevole del fatto che soprattutto per DJ3 sarà difficile tornare libera. In ogni caso non siamo noi a poter decidere se è fattibile o meno: sarà indispensabile il parere di un tecnico per valutarlo. E proprio questo è uno dei punti importanti per noi: una gestione da parte di persone competenti».
«Gli orsi non sono oggetti da utilizzare per fini turistici»
«La Provincia sta preparando il terreno ideologico per legittimare l'uccisione degli orsi creando finti nemici e costruendo un immaginario allucinante in cui gli orsi sono degli assassini e rappresentano un pericolo per l'uomo – continua Manzini – Ma noi non smetteremo di alzare la voce e, con l'aiuto di tutte le persone che hanno raggiunto Trento oggi pomeriggio, speriamo di mettere in luce la loro immagine e il loro operato negativo e mettere in evidenza che bisogna smettere di considerare gli orsi trentini come degli oggetti sparpagliati sulle montagne per fini turistici. Una nuova convivenza è possibile».
A rendere possibile la partecipazione alla manifestazione da parte delle persone provenienti da fuori regione è stata una circolare diffusa dal Ministero degli Interni il 6 marzo che ha permesso gli spostamenti interregionali altrimenti vietati a causa della pandemia: «Rispettiamo tutte le normative per la sicurezza – conclude l'attivista – manteniamo le distanze e non faremo cortei, ma dimostreremo di avere altre soluzioni efficaci per comunicare la nostra posizione».