Dai sindacati romani arriva un appello al presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, e al sindaco della capitale, Roberto Gualtieri, affinché si investano maggiori fondi nel canile della Muratella, il più grande canile sanitario d’Italia.
«A Roma il dipartimento della Asl Roma 3 "Canile Sovrazonale e Controllo del Randagismo", che ha sede nel Canile Comunale di Muratella, ha da sempre rappresentato un punto di riferimento e di eccellenza per le cittadine e i cittadini proprietari di cani o gatti – sottolinea la Fp Cgil – Purtroppo da tempo le scelte della direzione generale della Asl Roma 3, invece di valorizzare e rilanciare questa realtà pubblica, hanno portato il servizio ai limiti della chiusura, spingendo inevitabilmente le persone a rivolgersi ai privati, con costi nettamente superiori e determinando anche il calo delle adozioni del canile comunale stesso». I sindacati hanno quindi espresso dubbi sull’apertura di un altro ambulatorio veterinario in via dell'Imbrecciato, «di cui non si conoscono né la modalità di gestione né se sia in possesso di tutte le autorizzazioni necessarie. Di certo sappiamo che non è stato pubblicizzato e che le dimensioni ridotte non tengono minimamente conto delle necessità logistiche di chi deve portare gli animali in cura, determinando, nei fatti, l'effettiva riduzione della garanzia delle cure veterinarie e degli altri servizi».
«In questi mesi più volte abbiamo chiesto al direttore generale della Asl di Roma 3 un vero piano di rilancio dell'Unità Operativa di Muratella senza avere nessuna risposta concreta – concludono i sindacati – La situazione è diventata oramai insostenibile e crediamo che non sia più rinviabile un intervento del Comune e della Regione per tornare a garantire un servizio pubblico efficace ed efficiente che dava modo a tutti i cittadini di accedere alle cure per i propri animali senza dover sostenere spese esorbitanti».
Della situazione al canile della Muratella si parla ormai da oltre un anno, complice il fallimento del precedente affidamento e il modo in cui viene gestito il canile sanitario più grande d’Italia. La struttura romana, infatti, si divide tra canile rifugio e canile sanitario, e dal 2017 la gestione è effettivamente separata: la società casertana Agro Aversano ha gestito entrambi gli ambiti sino al 2020, anno in cui la gara per la gestione del servizio veterinario è stata invece vinta dalla Abivet, che ha continuato a occuparsene sino al marzo 2021 usufruendo di una serie di proroghe.
Ad aprile 2022 il caso era deflagrato per la mancata proroga ad Abivet e la denunciata mancanza di assistenza veterinaria, che aveva spinto il Comune a sfruttare una sorta di “accordo ponte” in attesa della formalizzazione del nuovo bando. Nei tre mesi successivi, complici alcuni decessi avvenuti all’interno della struttura, le associazioni si erano scagliate contro il veterinario incaricato della direzione sanitaria, che a giugno aveva presentato le dimissioni. A luglio il servizio era stato nuovamente affidato, e Giammarco Palmieri, presidente della Commissione Capitolina Ambiente, aveva promesso l’imminente pubblicazione del bando triennale 2023-2025, arrivata proprio pochi giorni prima della fine dell’anno.
Un passo fondamentale anche in vista della realizzazione del primo ospedale veterinario pubblico d'Italia, che sorgerà proprio alla Muratella. Nel pieno dell’estate, l’ondata di caldo torrido ha sollevato ulteriori polemiche, con i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia Rachele Mussolini, Federico Rocca e Stefano Erbaggi e Cristina Valeri, membro del dipartimento benessere animali di FdI, che hanno denunciato come «la situazione nei canili di Roma di Muratella e Ponte Marconi è diventata esplosiva. Nonostante le ingenti somme che i cittadini romani destinano alla cura degli animali ospitati nei canili, ad oggi si segnalano situazioni che poco hanno a che vedere con il benessere degli animali».
I consiglieri lamentano cibo scadente e mancata fornitura del cibo medicato per gli animali malati «cui spesso fanno fronte le associazioni animaliste. Come se questo non bastasse – denunciavano i consiglieri a metà luglio – il sovraccarico del lavoro degli operatori fa si che le associazioni debbano sostituirsi al gestore nelle somministrazioni di terapie e persino nella pulizie, come avvenuto ieri nel punto di primo soccorso gatti. È insostenibile che a fronte di un appalto vinto dal gestore per ben 7,3 milioni di euro per tre anni, ci si ritrovi in una situazione in cui si tende più al risparmio e al lucro sugli animali piuttosto che al loro benessere».