L'uccisione volontaria di un animale, posta in essere con crudeltà o senza necessità, integra un delitto previsto dal Codice penale. Ma cosa accade, invece, se l'animale viene ucciso per quella che si definisce legittima difesa? Cosa accade, in altre parole, se un soggetto commette il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere sé stesso, un'altra persona, un animale o un bene? In questo caso la condotta non risulterà penalmente rilevante.
Attenzione però: affinché operi la giustificazione, occorre che sussistano tutta una serie di requisiti e che vengano rispettati dei limiti; in caso contrario l'uccisione sarà pienamente illecita e punibile.
Cosa stabilisce la legge in merito all'uccisione di animali?
Nel nostro Codice penale sono due le norme che puniscono (ancora troppo lievemente, per la verità) l'uccisione di un animale effettuata con crudeltà o senza necessità. In particolare sono:
- L'articolo 544 bis "Uccisione di animali" secondo il quale: «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni»; e
- L'articolo 638 "Uccisione o danneggiamento di animali altrui" per cui: «chiunque senza necessità uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che appartengono ad altri è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a trecentonove euro. (…)».
Entrambe le norme, come si può leggere nel testo e come meglio si dirà, non sanzionano l'uccisione di animali quando viene effettuata senza necessità.
Cos'è la legittima difesa?
Sempre il nostro Codice penale, al proprio articolo 52, stabilisce che: «non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa». In buona sostanza, l'ordinamento – con dei limiti ben precisi – concede a tutti l'insopprimibile diritto all'autotutela, all'autodifesa. Prevede, in altre parole, che nei casi in cui lo Stato non sia in grado di intervenire tempestivamente e il singolo si trovi in una condizione di pericolo, quest'ultimo possa difendersi anche mediante atti che in una situazione normale costituirebbero degli illeciti penali. Abbiamo quindi a che fare con quella che viene definita come "causa di giustificazione".
Affinché si possa parlare di difesa "legittima" si devono concretizzare contemporaneamente tutte le condizioni elencate dalla norma richiamata, ovvero: il pericolo deve essere attuale; l'offesa deve risultare ingiusta; il soggetto che si difende deve essere costretto a reagire; deve sussistere uno stato di necessità; infine, molto importante, la reazione difensiva deve essere proporzionata all'offesa.
Quindi, si può uccidere un animale per legittima difesa?
In forza di ciò che si è detto sinora, è già possibile affermare che anche l'uccisione di un animale effettuata per difendersi da un pericolo attuale di danno a persone, altri animali o beni non costituisce reato. Dunque, per fare un esempio, se un soggetto uccide un animale che lo sta aggredendo, magari difendendosi con un bastone, con un'arma o con altro oggetto, non risponde dei reati di uccisione di animali (nelle forme previste dagli articoli 544 bis e 638 del Codice penale). Non si risponde, inoltre, quando la condotta di reato viene posta in essere per difendere delle altre persone, dei beni e anche degli altri animali che si trovino in stato di pericolo.
Per riportare degli esempi chiarificatori:
- Con la sentenza n. 25526 del 2009 la Corte di Cassazione Penale ha annullato la condanna di un uomo che si era visto costretto ad uccidere una volpe perché questa aveva fatto razzia dei suoi polli e aveva persino aggredito sua moglie;
- Con la sentenza n. 43722 del 2010 sempre la Corte di Cassazione Penale ha annullato la condanna per uccisione o deterioramento di animale altrui comminata ad un uomo che con un fucile aveva sparato – uccidendolo – contro un Pastore tedesco che aveva già aggredito il suo cagnolino e dava l'impressione di voler attaccare sua moglie, nel frattempo accorsa sul posto.
Per massima precisione, va detto che in casi come questi la giurisprudenza non si è soffermata tanto sul fatto che si trattasse di legittima difesa (o magari di stato di necessità previsto all'articolo 54 del Codice penale), bensì ha valorizzato ed esteso di molto il significato dell'espressione uccisione "senza necessità" presente nelle norme sopra riportate. I giudici hanno infatti affermato come in questo concetto vada ricompresa ogni situazione che induca all'uccisione o al danneggiamento per evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona o ai propri beni.
Importantissimo evidenziare che anche nelle situazioni che vedono gli animali come "possibili aggressori", non sempre si può parlare di uno stato di necessità che giustifica la loro uccisione. Per citare un caso concreto, con la sentenza n. 27197 del 2022 la Corte di Cassazione Penale ha confermato la condanna di un uomo (proprio per il reato di uccisione di animali), avendo questi, dall'interno della propria abitazione, sparato a due cani di razza Lupo cecoslovacco fuggiti ai vicini, che in quel momento si trovavano nel suo giardino. La Corte ha evidenziato come in quella situazione l'uomo avrebbe ben potuto attuare altre condotte differenti e meno lesive come, per esempio, contattare le forze dell'ordine. I giudici hanno dunque escluso la presenza di uno stato di necessità e, di conseguenza, il reato non può che ritenersi integrato.