Ha senso portare il gatto a passeggio? Dipende da cosa si intende con questa espressione. Anche se il numero di persone che decidono di condurre in esterno il loro gatto al guinzaglio è in aumento e in rete si possono trovare indicazioni più o meno attendibili su come abituare il gatto all’accettazione di questo strumento, io ho molte remore etologiche ed etiche a riguardo e cercherò di spiegare il perché.
Sono sempre stata dell’idea che per garantire un reale – e non solo di facciata – benessere agli animali che vivono con noi, la cosa più importante sia fare di tutto perché possano vivere una vita congruente e corrispondente con i loro bisogni, di specie e individuali. E quali sono i bisogni dei gatti, tali da dover essere garantiti? Per rispondere a questa domanda io ho sempre scelto il metro dell’osservazione. Come si fa a capire quali sono i bisogni reali dei gatti? Basta osservare cosa scelgono di fare quando sono messi nelle condizioni di agire liberamente. E cosa fa un gatto che può scegliere? Chi o come scegliere di essere?
Dentro e fuori
Non temo di essere smentita se dico che, prima di ogni altra cosa, un gatto libero di scegliere è un animale che vive con estrema continuità il dentro/fuori le pareti domestiche. La giornata è scandita da ripetute capatine solitarie all’esterno, alternate con riposi e pasti consumati nella sicurezza di casa. A questa regola ci sono sporadiche eccezioni dovute per lo più a gatti traumatizzati da esperienze all’esterno – ma il trauma non è mai una prigione piacevole in cui vivere, anche quello sarebbe bene guarirlo per liberarsene -.
Territorialità
Inoltre, quello che praticamente tutti i gatti scelgono è di occupare un territorio in maniera stanziale: i gatti, cioè, occupano un’area più o meno vasta che va dal giardino all’isolato, a seconda degli abitati, e lì vi risiedono, in pianta stabile, definendo dei percorsi preferenziali e perlustrandoli ogni giorno, anche più volte al giorno.
Esplorazione e perlustrazione
Le loro non sono uscite di svago disimpegnato ma rientrano in un preciso progetto di controllo e gestione del territorio, dopo il cibo la risorsa in assoluto più importante. Non se ne vanno in giro per zone sconosciute, non coprono chilometri di aree inesplorate come fossero lupi raminghi nei boschi, anzi vanno decisamente in ansia quando si trovano in luoghi che non conoscono, su cui non sono in grado di fare nessuna previsione.
L’abitudine al guinzaglio
Già solo questi aspetti sarebbero sufficienti per comprendere come mai il “portare a passeggio” il gatto, se intendiamo inserirlo in un trasportino, viaggiare per un tratto e poi lasciarlo girovagare in un’area sconosciuta, su cui non ha alcun interesse e alcun controllo, è una pratica poco in linea con le sue caratteristiche.
Ma ci sono gatti che si abituano, si dirà. Certo, i gatti sono campioni di plasticità comportamentale e alcuni di loro, soprattutto se addestrati in giovanissima età, sono in grado di integrare certe modalità che vengono loro imposte, soprattutto se è l’unico modo che hanno per poter sperimentare un contatto con il mondo esterno che, non dimentichiamolo, è prezioso per loro esattamente come lo è per qualunque altro essere vivente. Ma il fatto che si abituino ci indica che a volte sono in grado di mettere in atto comportamenti compensativi, non che agirebbero allo stesso modo se potessero scegliere, né che sia ciò di cui hanno realmente bisogno. Non è un caso che alla pratica delle uscite al guinzaglio non si abituino tutti i gatti ma tutti i tecnici – anche quelli a favore di questa modalità – sono concordi con il dire che bisogna adeguarsi alla capacità di adattamento del singolo, che non è per tutti.
Passeggiate spontanee
Un altro elemento che mi porta ad essere scettica nei confronti di questa pratica, sebbene capisca che risponda alle esigenze (e ai sensi di colpa) del sapiens del 2022 è il fatto che molti gatti liberi di auto-regolarsi adorano seguire spontaneamente i loro umani – soprattutto se accompagnati dai cani – nelle passeggiate intorno casa. E senza essere assicurati da alcun guinzaglio! Si accodano al gruppo familiare, passeggiano ai margini di strada, si infrattano se qualcosa li turba, si allontanano da casa anche più di quanto farebbero da soli e, quando sentono di essere arrivati al limite dell’area per loro conoscibile, si fermano e aspettano oppure, dopo un po’, tornano indietro. Non è detto che lo facciano quotidianamente, solo quando hanno voglia.
Questo è il “portare il gatto in passeggiata” concepibile come sano, rispondente alle esigenze di specie, anche se sarebbe più corretto dire che è il gatto che accompagna noi, fin dove ha voglia, fin dove se la sente, quando vuole.
Non è meglio di niente?
Vabbè, ma non è meglio la passeggiata al guinzaglio di niente? E allora cosa dovremmo fare noi che viviamo in mezzo al traffico e non abbiamo la possibilità di essere seguiti spontaneamente dal gatto né di farlo uscire? Sono obiezioni comprensibili. Le opzioni sono tante: non prendere un gatto, vista l’incompatibilità tra l’ambiente e le necessità dell’animale; cambiare casa e andare a vivere in una zona più a misura di gatto (cosa che farebbe bene anche ai vostri polmoni); oppure (e vi assicuro che delle tre è l’opzione più impegnativa) dedicarvi quotidianamente ad arricchire il contesto e, soprattutto, il tempo del gatto con delle attività di qualità che siano, prima di tutto, a misura sua e delle sue reali esigenze.