I piccioni sono da tempo una presenza costante delle strade e piazze italiane, e spesso si vedono persone dar loro da mangiare, ma questa azione è lecita? La risposta è: dipende. Dipende dalla città in cui ci si trova. Infatti, nel silenzio della legge nazionale, si sono mossi i sindaci con delle ordinanze di divieto. Occorre quindi prestare grande attenzione, perché le sanzioni possono essere piuttosto salate. Nel prossimo paragrafo vedremo, infine, come non sempre queste ordinanze risultino pienamente legittime.
I piccioni sono ormai inquilini immancabili di molte città, sempre pronti a raccogliere qualche briciola o granaglia offerta loro da passanti e turisti. In taluni casi gli assembramenti di questi animali sono divenuti persino iconici, parte integrante del panorama turistico locale, basti pensare alle caratteristiche immagini di persone sommerse da questi simpatici volatili nella Piazza Duomo di Milano e in Piazza San Marco a Venezia.
Un gran numero di piccioni, concentrati in spazi ridotti, talvolta si tratta di decine di migliaia di esemplari, può però causare seri danni al patrimonio architettonico e storico-artistico delle città. Ci si chiede dunque se sia consentito o meno dar da mangiare a questi volatili, cerchiamo quindi di fare chiarezza.
Cosa stabilisce la legge?
La legge italiana, come sopra accennato, non si occupa affatto della questione in esame. Di conseguenza, teoricamente, su tutto il territorio nazionale risulterebbe ben possibile offrire cibo ai piccioni. In verità la situazione è ben più complessa perché si deve tener conto della variegata normativa locale e, in particolare, si devono considerare le decisioni assunte dai singoli Comuni. In moltissimi casi, infatti, regolamenti comunali e ordinanze dei sindaci prevedono espressi divieti di alimentare i volatili di cui si parla e persino di vendere a tal fine granaglie. La giustificazione è solitamente di natura igienico-sanitaria e di tutela dei beni storico-artistici e architettonici.
Solo per fare un esempio, il Comune di Milano così motivava nel 2008 un'ordinanza, dal titolo “Disposizioni di carattere igienico-sanitario relative al contenimento della popolazione di piccioni. Divieto di somministrazione vendita di mangime nel perimetro urbano. Misure preventive contro la nidificazione dei piccioni”, con la quale, appunto, era stato disposto il divieto di alimentare i piccioni sul territorio cittadino e di vendere mangime da destinare a questi uccelli:
«Alcuni cittadini interpretano queste norme come misure crudeli nei confronti di questi animali. Non è così. Riducendo il cibo, troppo abbondante in città, riportiamo ad una condizione più naturale il numero di covate e di nuovi nati. Certamente non portano “alla fame” i piccioni, dal momento che questi uccelli trovano comunque il cibo necessario per la loro vita e la normale funzione riproduttiva nelle risorse naturali che hanno a disposizione, ad esempio nei semi delle erbe delle aiuole. Rendendo, invece, la città un luogo in cui trovare una grande disponibilità di cibo, richiamiamo piccioni da altre aree e li spingiamo a riprodursi in modo abbondante, con tutti i problemi che derivano da popolazioni troppo numerose in città, inclusi i rischi sanitari per i piccioni stessi».
Proseguendo nell'analisi, è importante evidenziare come queste ordinanze prevedano a carico dei trasgressori delle sanzioni pecuniarie che vanno dalle poche decine a diverse centinaia di euro. Occorre dunque prestare grande attenzione.
Tanto detto, non ci si può non domandare se questi provvedimenti possano davvero essere emanati. Non ci si può esimere dal chiedersi se i sindaci abbiano effettivamente la facoltà di vietare a cittadini e turisti di alimentare gli animali. Ebbene, non sempre questi provvedimenti sono stati considerati legittimi dalla giustizia amministrativa.
Per citare un solo caso concreto: con la sentenza n. 1736 del 2014 il TAR della Puglia (Lecce Sez. I) ha ritenuto «illegittima un'ordinanza con la quale il Sindaco ha disposto, nei confronti della popolazione, il divieto assoluto di distribuire e somministrare avanzi alimentari o mangime specifico ai cani e ai gatti randagi, nonché ai colombi, su tutto il territorio comunale. Infatti, nessuna norma di legge fa divieto di alimentare gli animali randagi nei luoghi in cui essi trovano rifugio; inoltre, il divieto di deporre alimenti per la nutrizione dei randagi, o che comunque vivano in libertà, contrasta con l’art. 2 della legge n. 281 del 1991».
Divieto di dare da mangiare ai piccioni: casi concreti
Abbiamo già citato il caso emblematico del Comune di Milano, ma ci sono davvero tante città nelle quali i Sindaci, nel tempo, hanno emanato delle ordinanze di divieto di somministrazione di cibo ai piccioni e ad altri animali. Nella città di Venezia, con l'ordinanza sindacale n. 153474 del 30/09/1997 sono stati previsti:
- Il divieto della somministrazione diretta di cibo ai colombi;
- Il divieto dell'abbandono volontario di cibo in siti normalmente accessibili agli stessi animali;
- L'obbligo per i proprietari di immobili in stato di abbandono o sfitti da lungo tempo di provvedere a chiudere tutti i siti di accesso alle stanze, soffitte, abbaini, ecc. potenzialmente utilizzabili dai colombi per entrare nell'edificio e costituire dormitori o aree di nidificazione.
Ugualmente, con ordinanza del Sindaco n. 45 del 15 ottobre 2020 nel Comune di Zola Pedrosa, nel Bolognese:
- È fatto divieto a chiunque, salva autorizzazione ai fini sanitari e scientifici, in tutti i centri abitati definiti dall’art. 3 del "Nuovo codice della strada", di cui alla cartografia allegata, di gettare al suolo – sia pubblico che privato – granaglie, sostanze di scarto e avanzi alimentari con il fine di alimentare piccioni, altri volatili e/o animali in genere;
- È fatto obbligo ai proprietari di edifici situati in ambito urbano e a chiunque a qualsiasi titolo vanti diritti su immobili esposti alla nidificazione e allo stazionamento dei piccioni: di mantenere pulite da guano o uccelli morti le aree private sottostanti i fabbricati e le strutture interessate dalla presenza dei volatili; di schermare con apposite reticelle o altra modalità idonea, ogni apertura di soffitte, solai, sottotetti, onde impedire l’accesso ai piccioni per il riparo e la nidificazione.
Nella stessa ordinanza il sindaco avverte che: «I contravventori saranno puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da € 25,00 a € 500,00 ai sensi dell’art. 7 bis del Dlgs 267/2000».
Ancora, con Ordinanza n. 10 del 2023 il Sindaco di Salerno ha vietato a «chiunque, salva l'autorizzazione ai fini sanitari e scientifici, di alimentare i piccioni o colombi urbani e altri volatili presenti allo stato libero su tutto il territorio cittadino, con espresso divieto di gettare sul suolo pubblico mangimi, granaglie, scarti ed alimenti di qualsiasi genere». Ha inoltre ordinato «ai proprietari degli edifici e altri manufatti, agli Amministratori Condominiali e a chiunque, a qualsiasi titolo, vanti diritti reali su immobili oggetto di stazionamento e nidificazione di piccioni e altri volatili di provvedere, a propria cura e spese, all'immediato ripristino delle condizioni igienico sanitarie dell'immobile», seguendo tutta una serie di interventi espressamente elencati nel testo.
La mancata osservanza dei divieti e degli obblighi sopraelencati, comporterà l'applicazione delle sanzioni previste dalla legislazione statale e regionale vigente, nonché l'applicazione delle sanzioni penali in caso di violazione delle norme di cui all'art. 650 c.p.. Ogni altra violazione per cui non sia già prevista una specifica sanzione è punita con la sanzione amministrativa da un minimo di 25 euro ad un massimo di 500 euro (…).