Il microchip deve accompagnare il cane per tutta la vita, e non può essere sostituito o cambiato. Le diverse leggi regionali e locali prescrivono infatti che modifiche relative all'intestatario o alla residenza del cane debbano essere fatte in anagrafe, e non sostituendo il microchip.
Cosa fare in caso di smarrimento (o di ritrovamento) di un cane con microchip?
Nel nostro Paese vige l’obbligo di iscrizione di tutti i cani presenti sul territorio nei registri dell’anagrafe degli animali d’affezione (o delle anagrafi canine territoriali che in questa poi confluiscono). Se in passato l’iscrizione poteva avvenire anche mediante tatuaggio, a partire dal primo gennaio 2005 l’unico sistema identificativo utilizzabile a tal fine rimane quello della cosiddetta “microchippatura” (essendo trascorsi oramai 18 anni, la quasi totalità dei cani iscritti è munita di microchip). Al cane viene inoculato sottopelle un piccolo dispositivo elettronico totalmente innocuo – il microchip appunto – di forma cilindrica di circa dieci millimetri di lunghezza ed uno o due millimetri di diametro, rivestito in materiale biocompatibile.
L’iscrizione suddetta, effettuata attraverso l’uso di questo minuscolo strumento elettronico ha una funzione essenziale ai fini dell’identificazione dei cani smarriti e della loro successiva riconsegna ai pet mate. Infatti, inserendo il codice di 15 cifre del microchip (o del tatuaggio) nei sistemi di ricerca dell’anagrafe si può risalire al registro di provenienza del cane, così come si possono trovare numeri o riferimenti utili a cui è possibile rivolgersi per rintracciare il soggetto a cui l’animale è intestato. La consultazione della banca dati è libera e pubblica anche se la ricerca solitamente viene effettuata dalle forze dell’ordine o dall’autorità sanitaria, soggetti muniti degli idonei strumenti di lettura del microchip.
Quando si smarrisce un cane iscritto in anagrafe, dunque, dopo aver effettuato invano le necessarie ed urgenti ricerche sul territorio, è essenziale (oltre che doveroso) denunciare il fatto alle forze dell’ordine e all’autorità sanitaria pubblica territorialmente competente. Una volta rinvenuto l’animale, queste potranno riconsegnarlo all’intestatario.
Sul punto la normativa nazionale di riferimento (la Legge 281 del 1991 "Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo") è chiarissima nello stabilire che: «i cani vaganti catturati, regolarmente tatuati (o microchippati), sono restituiti al proprietario* o al detentore». Diversamente – e qui la situazione si complica – «i cani vaganti non tatuati (o non microchippati) catturati (…) devono essere tatuati; se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste (…)».
Si può cambiare microchip al cane?
No, non si può cambiare il microchip al cane. Il microchip, e il numero identificativo in esso contenuto, accompagna il cane per tutta la vita. Sebbene con delle differenze, tutte le normative regionali stabiliscono che il pet mate (intestatario in anagrafe) debba segnalare all’ente territoriale di competenza o all’autorità sanitaria eventuali variazioni della propria residenza (e quindi del luogo in cui è custodito l’animale) o un’eventuale cessione del cane ad altro soggetto, in modo da aggiornare le informazioni. Si tratta di modifiche e cambiamenti che non vengono fatte sostituendo il dispositivo ma aggiornando il database.
Allo stesso modo, deve sempre essere denunciata in maniera tempestiva la morte dell’animale iscritto, con termini che variano a seconda della normativa locale. Si tratta, come evidente di modifiche di informazioni relative ed interne allo stesso microchip oppure di cancellazione del relativo codice in caso di decesso.
Il microchip non può invece essere sostituito o cambiato (se non per rari problemi di funzionamento e sempre con provvedimento dell’autorità sanitaria). Le conseguenze di una tale azione, soprattutto ad opera di terzi, come si vedrà a seguire, in taluni casi possono essere assai gravi.
Cosa si rischia se si cambia il microchip a un cane?
Come risulta evidente dalla normativa riportata (Legge 281/1991) in nessun caso ci si può impossessare liberamente di un cane vagante eventualmente rinvenuto a vagare. Qualora il cane smarrito sia munito di microchip, lo stesso dovrà essere riconsegnato al pet mate. Se il cane risulta invece privo di microchip lo si potrà adottare solo una volta trascorsi sessanta giorni in assenza di reclamo da parte del proprietario* (ebbene sì, anche un cane non microchippato può avere un proprietario); il tutto mediante passaggio formale (e previa microchippatura) presso le strutture pubbliche individuate dalla normativa regionale. In altre parole, risulta sempre illecito il comportamento di chi decide di portarsi arbitrariamente a casa un cane vagante, pur se questo risulti poi privo di microchip.
Ben più grave, però, è la condotta di colui che – sempre con il fine di appropriarsene – rimuove e/o sostituisce il microchip del cane. I questo caso il rischio è quello di commettere il reato di riciclaggio. Conferma evidente di ciò arriva dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 9533 del 2022, la quale ha confermato la condanna di un uomo proprio per questo grave delitto. Per il nostro Codice penale commette riciclaggio (tra altre cose, anche) chiunque compie delle operazioni finalizzate ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di un bene. Nel caso che ci interessa questo bene è rappresentato proprio dall’animale. La pena prevista è assai pesante: «della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500»; è invece diminuita «se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni»).
Nel caso deciso dalla citata sentenza, il gestore di un canile aveva sostituito il microchip di un Pastore tedesco smarrito con quello di un altro che già era nella sua disponibilità. In questo modo aveva impedito all'umano di riferimento di ritrovarlo e riprenderlo con sé. Peraltro, il tutto a fronte delle feste di gioia fatte dal povero cane a quest’ultimo in occasione di un incontro in canile. Il detentore era successivamente riuscito a dimostrare le proprie ragioni soltanto mediante esame del DNA (effettuato utilizzando il pelo del cane ai fini di un confronto con il DNA dei genitori). A nulla sono valse le difese dell’autore della sostituzione del microchip.
Per concludere, dalla pronuncia in discorso può ricavarsi la massima secondo cui: «integra il reato di riciclaggio la condotta di chi, impossessatosi di un cane di provenienza furtiva, sostituisce il microchip che lo contraddistingue, essendo tale operazione idonea ad ostacolare l'accertamento dell'origine delittuosa dell'animale».
*Per questo articolo, trattandosi di aspetti tecnici inerenti la proprietà, si è dovuto derogare alla scelta – in cui Kodami crede fortemente – di non fare mai utilizzo dei termini “proprietario” di animali, o peggio ancora “padrone”, i quali possono essere sostituiti, ad esempio, da un maggiormente etico “pet mate”.