Il TAR del Lazio ha confermato le misure di profilassi contro il virus PSA e di fatto rimette nelle mani dell'ASL i maiali, i cinghiali e gli ibridi della Sfattoria degli Ultimi. Gli animali sono quindi nuovamente tutti a rischio abbattimento, salvo due soli maiali tra quelli registrati come non destinati alla produzione alimentare, così come stabilisce la legge. Il tribunale amministrativo ha fissato inoltre l'udienza collegiale al prossimo 12 settembre per decidere definitivamente sulla fase cautelare.
Nel provvedimento i giudici affermano che non c'è «seria ragione per derogare alle misure di profilassi e contenimento del virus PSA». L'ASL «nelle more della disamina della causa» del 12 settembre può lasciare alla Sfattoria solo due «maiali (sempre ché ve ne siano le condizioni e previa precisazione di tutti gli accorgimenti affinché questi godano d'un trattamento consono e non fuoriescano dalla proprietà attorea) ed è tenuta, al contempo, a monitorare lo stato di salute degli altri maiali già sequestrati ed avviati alla profilassi, valutandone la pericolosità attuale ed effettiva e, se del caso, provvedendo per l'abbattimento».
Alla Sfattoria la situazione è ovviamente molto tesa – «qui è un delirio» si limitano a commentare – e si sta valutando come reagire da un puto di vista legale a questa decisione inattesa da parte TAR, arrivata tra l'altro un giorno prima del termine ultimo stabilito per entrambe le parti per presentare ulteriori documentazioni e perizie a sostegno delle proprie tesi. Noi di Kodami abbiamo documentato da vicino tutto ciò che sta accadendo al rifugio, dove il presidio continua a oltranza.
«Restiamo abbastanza scioccati dal fatto che gli uffici del TAR abbiano trovato opportuno ribadire la volontà di abbattere gli animali in questo frangente così delicato – dichiara a Kodami Gianluca Felicetti, presidente della LAV che assieme ad altre associazioni sta coadiuvando il ricorso presentato dai legali della Sfattoria – Noi riteniamo che sia molto più urgente istituire un tavolo di confronto tra i responsabili della Sfattoria, le associazioni, il commissario straordinario, il Ministro della Salute e i vertici della sanità della Regione Lazio».
Viene confermata quindi la legittimità dell'operato della ASL romana, che ha agito seguendo la disciplina vigente dettata dal legislatore comunitario e italiano, dal ministero della salute, dal commissario straordinario per la peste suina e dal prefetto. «Non è finita e continueremo a combattere – dichiara a Kodami l'onorevole Patrizia Prestipino – siamo sicuri che non verranno abbattuti e che si arriverà al consiglio di stato. Nel frattempo prendiamo tempo e insisteremo per l'istituzione del tavolo di confronto come promesso dal commissario straordinario Angelo Ferrari, che dovrebbe avvenire intorno al 23-24 agosto».
Enpa, Leal, Leidaa, Lndc, Oipa, e Tda che erano intervenute ad adiuvandum nel ricorso presentato dai gestori hanno così commentato attraverso un comunicato: «Letto il decreto emanato dal Tar del Lazio oggi, 17 agosto, che stabilisce che l’Asl Roma 1 possa valutare se abbattere o no gli animali presenti nel santuario a prescindere dalla documentazione che avrebbe dovuto essere presentata ed esaminata domani secondo il decreto del 14 agosto, auspichiamo che quanto disposto non conduca ad abbattimenti in una struttura dove lo stesso Tar riconosce non esservi un focolaio di Psa attivo. Auspichiamo che l’Asl consenta anche alle controparti di depositare propri documenti e chiarimenti affinché possa instaurarsi un equo contraddittorio e che manifesti essa stessa la volontà di trovare soluzioni alternative che consentano la salvezza di animali sani, chiusi in recinti, iscritti all’anagrafe e costantemente controllati».
Inoltre, si legge sempre nel comunicato, secondo l'avvocato Giuseppe Calamo che ha seguito il ricorso per le associazioni «il decreto impone all’Asl di svolgere un monitoraggio dello stato di salute dei suidi presenti nel rifugio, valutando se esistono effettivamente casi in cui è consentito l’abbattimento. Non autorizza gli abbattimenti in generale nel rifugio, dispone semplicemente che l’autorità sanitaria compia nuovi accertamenti essendosi i precedenti rivelatisi erronei. In ragione della diversa lettura che l’Asl ha diramato, stiamo comunque considerando se proporre un’istanza di modifica».