A causa dei cambiamenti climatici e di altre attività legate allo sviluppo umano, attualmente oltre l'80% degli habitat nell'Unione Europea è considerato vulnerabile e le popolazioni di farfalle sono in declino in tutta l'Europa, come dimostra un report pubblicato recentemente: l'European Grassland Butterfly Indicator 1990-2020. Per cercare di ripristinare la situazione, la Commissione Europea ha proposto una nuova serie di regolamenti chiamati "Legge sul ripristino della natura" che definisce gli obiettivi per l'intera UE per la conservazione di vari ecosistemi.
Per verificare l'efficacia di queste azioni conservative, ogni due anni ciscuno stato europeo deve documentare il successo di tali misure e per farlo è necessario fare affidamento sui bioindicatori, organismi o sistemi biologici usati per valutare una modificazione della qualità dell'ambiente, come le farfalle. Il problema è che attualmente esistono pochi indicatori adatti a svolgere questo compito, fatta eccezione per alcune specie di uccelli, pipistrelli e appunto lepidotteri.
«Le farfalle in particolare sono bioindicatori ideali», afferma Prof. Dr. Josef Settele, ecologo agricolo presso l'UFZ. Ognuno di noi ha visto almeno una volta nella vita una farfalla. Questo insetto leggiadro che svolazza in aria è un impollinatore tanto importante quanto le api e non solo. Le farfalle popolano diverse tipologie di ambienti e sono molto sensibili ai cambiamenti ambientali, caratteristica che li rende ottimi indicatori per il controllo dei parametri ambientali. Sono, inoltre, estremamente belle e attraenti, caratteristiche che la maggior parte delle persone non associa agli insetti. Proprio per questo motivo, quindi, è relativamente semplice coinvolgere volontari per il monitoraggio e il conteggio degli individui.
Nascono così diversi progetti che coinvolgono scienziati, cittadini e amanti delle farfalle che in tutta la Germania, per esempio, dalla primavera fino all'autunno si dedicano al monitoraggio dei lepidotteri per registrare il numero di individui e specie osservati. Si accumulano, così, una serie di dati che vengono successivamente analizzati e con i quali è possibile stabilire lo stato di salute delle varie popolazioni e, di conseguenza, anche dei diversi ambienti.
Gli ultimi risultati, che comprendono i dati dal 1990 al 2020, non fanno ben sperare. Solo una specie, l'aurora (Anthocharis cardamines), ha mostrato un moderato incremento delle sue popolazioni, mentre quelle di Ochlodes sylvanus, Lycaena phlaeas e Maniola jurtina sono rimaste stabili. Purtroppo cinque specie analizzate, invece, sono in declino e, per quanto riguarda le restanti farfalle studiate, non vi è alcuna tendenza chiara o i dati troppo scarsi per trarre delle conclusioni veritiere.
A cosa è dovuto questo calo così drastico? Secondo gli esperti i cambiamenti compiuti in ambito agricolo hanno danneggiato parecchio le farfalle. L'uso eccessivo di parti e pascoli, utilizzati comunemente da questi insetti, ha avuto un effetto disastroso sulla salute delle loro popolazioni. Stesso concetto vale per l'utilizzo dei fertilizzanti che intossicano aree adiacenti ai campi coltivati. E' evidente che la situazione non è delle migliori e che è opportuno mettersi all'opera per salvaguardare questi splendidi animali.
I ricercatori sono dell'idea che il modo migliore per salvarli risiede nella promozione dell'uso sostenibile dei prati e dei pascoli associato alla creazione di nuovi habitat, che devono essere collegati con quelli attualmente esistenti. Questo permetterebbe alle farfalle di avere lo spazio che necessitano per vivere serenamente lontano dagli stress antropici legati all'agricoltura. Senza contare, poi, che in questo modo verrebbero anche ripristinati habitat per tantissime altre specie.
I buoni propositi ci sono, adesso bisogna solo affidarsi al sistema legislativo con la speranza che le future generazioni possano continuare ad apprezzare queste bellissime creature e i loro meravigliosi colori tra i prati.