Circa 8mila ricci di mare, irregolarmente pescati nelle acque davanti al porto di Ancona, sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza.
I ricci sono illegalmente pescati erano della specie Paracentrotus lividus, solitamente molto diffusa in tutto il Mar Mediterraneo ma presente anche nell'Adriatico, su cui affaccia Ancona. Fanno parte della famiglia degli echinodermi, si tratta quindi di parenti delle stelle marine, un'altra specie razziata dai fondamentali marini.
La razzia di ricci di mare era stata eseguita tramite pesca subacquea da 2 pescatori abusivi provenienti dalla provincia pugliese di Barletta Andria e Trani. Gli uomini hanno prelevato i ricci dalla scogliera frangiflutti del porto di Ancona, in violazione della normativa nazionale.
La pesca del riccio di mare è vietata in tutta Italia nei mesi di maggio e giugno per consentire la loro riproduzione. Pescarli in questa fase del loro ciclo vitale può arrecare un danno importante sia alla popolazione stessa sia all'intero ecosistema marino. Da qui il divieto legislativo e il lungo appostamento dei finanzieri per interrompere il traffico illecito.
La continua domanda di ricci di mare ha favorito, nel tempo, una vero e proprio mercato nero, rifornito da pescatori di frodo che, attirati dagli importanti guadagni (circa un euro per ciascun individuo) e incuranti delle conseguenze ambientali delle loro condotte, hanno impoverito i fondali marini causando una lenta e progressiva desertificazione di questa specie dalle acque italiane.
Subito dopo il sequestro i ricci sono stati rigettato in mare, così da assicurane la sopravvivenza e garantire il ripopolamento dei fondali, «proprio in considerazione dell'importante compito affidato a questi piccoli animali a tutela dell'equilibrio dell'ecosistema marino», hanno spiegato i finanzieri di Ancona.
Ai trasgressori sono state elevate sanzioni amministrative per un totale di 4mila euro ed effettuato il sequestro delle 4 bombole utilizzate e dell'intero pescato. Proprio la presenza delle bombole, oltre al numero ingentissimo di animali raccolto, ha svelato la natura del commercio illecito di questi animali. La pesca sportiva, infatti, può essere effettuata senza l'ausilio di attrezzatura subacquea e per un massimo di 50 ricci a persona. Anche in questi casi è severamente vietata la vendita e commercializzazione, in quanto privi di idonea documentazione sulla loro tracciabilità e quindi potenzialmente pericolosi anche per la salute pubblica.