«Sei proprio un orso!». Probabilmente hai sentito usare questa espressione entrata da tempo nel linguaggio comune per indicare le persone più solitarie e meno propense a fare un'intensa vita sociale. Ma davvero gli orsi sono così solitari come pensiamo?
Probabilmente questa espressione popolare viene proprio dall'osservazione delle abitudini di questi animali. L'orso bruno, che in Italia è presente con la popolazione europea nelle Alpi Occidentali e sull'Appennino Centrale dove è diffusa la sottopopolazione di orso bruno marsicano.
Proprio l'orso bruno è noto per essere estremamente elusivo sia nei confronti degli esseri umani che dei suoi simili. Questa dinamica influisce sui rapporti tra conspecifici, cioè tra gli orsi stessi, e ha un riverbero importante anche sul modo in cui si relazionano agli ambienti antropici. Proprio le dinamiche sociali caratterizzate da scarsa socialità, che noi interpretiamo come solitudine, possono spingere alcuni gruppi di individui a ridosso delle aree urbane, come vediamo accadere a volte in Abruzzo.
Facciamo quindi chiarezza e definiamo quanto è vero il luogo comune che vuole gli orsi animali solitari, facendoci guidare dalla biologa ed esperta dell'orso appenninico Elisabetta Tosoni, coautrice del progetto di divulgazione "L'orso e la formica".
Gli orsi sono davvero così solitari come pensiamo?
Ebbene sì, gli orsi sono davvero animali solitari per natura. È raro infatti osservare più orsi insieme, escluse particolari situazioni che vedremo più avanti. Attenzione, questo non significa che siano “asociali”, come spiega Tosoni: «Gli orsi ne hanno di cose da dirsi e hanno bisogno sia di incontrarsi che di evitarsi. Non sono animali territorialmente esclusivi: tollerano la vicinanza di altri individui, ma difendono ciò che ritengono proprio, che si tratti di cibo, un’area di rifugio o un compagno».
Tuttavia esistono casi in cui l'unione fa la forza anche nel mondo degli orsi, questo accade ad esempio con l'orso kodiak, una sottospecie di orso bruno originaria delle isole Aleutine, nel Sud Ovest dell'Alaska. «Gli orsi possono “aggregarsi” in contesti dove trovano tanto cibo. È quello che succede lungo i celebri fiumi dell’Alaska nei punti di risalita dei salmoni. In situazioni di forzata socialità, anche animali considerati “asociali” come gli orsi possono dimostrare una grande flessibilità comportamentale. Gli orsi aumentano le occasioni di interazione “forzata”, ma lo fanno sorprendentemente in maniera non agonistica. La calma non è solo apparente, dicono gli studiosi, perché misurando i livelli del cosiddetto ormone dello stress, il cortisolo, nel sangue degli animali, i valori sono risultati bassi. In queste situazioni, gli orsi sembrano mantenere calma e sangue freddo».
Ma gli orsi sono in grado di riconoscersi e "parlare" anche quando non si incontrano, grazie ai loro sensi: «Hanno un buon olfatto e lo utilizzano per comunicare a distanza – spiega l'esperta – Per farlo, essi marcano alberi, tronchi a terra e rocce, grattandosi o con morsi e graffi. Inoltre, grazie alle numerose ghiandole presenti nelle zampe questi animali lasciano anche delle scie odorose e visive. Queste, sommandosi, costituiscono una vera e propria mappa che può informare gli altri orsi non solo dell’identità dell’autore, ma anche dei posti migliori dove trovare cibo o un rifugio».
Ciò, unito all'abitudinarietà dei singoli individui a precise aree di alimentazione che restano invariate negli anni e a un home range che in particolare nelle femmine è ben definito, contribuisce a evitare i conflitti. Insomma, non incontrarsi e decidere di non sovrapporre le proprie aree non vuol dire chiudere i canali di comunicazione.
«Questa familiarità aiuta gli orsi a studiarsi a vicenda e quindi a conoscersi negli anni in modo da capire quando e come muoversi per minimizzare le interazioni. Per questo molti dei “confronti” si svolgono in genere a distanza e in maniera apparentemente pacifica. Gli orsi, di base, sono in grado di stabilire delle gerarchie che assicurano a tutti un posto e un momento per alimentarsi».
Questo vale anche per l'orso bruno "nostrano", cioè per l'unica specie di orso endemico italiano: «In Appennino, una situazione simile, si verifica tra la fine di luglio e i primi agosto, nei ghiaioni di montagna, ricoperti da cespugli di ranno carichi di bacche nutrienti, dove è possibile, a volte, osservare diversi orsi alimentarsi a poche decine di metri di distanza».
Quando l'orso non è più solitario
Esistono solo due eccezioni alla regola della solitudine dell'orso: il periodo degli amori e quello della maternità. Durante il periodo degli amori gli individui adulti si incontrano, e soprattutto tra maschi non si tratta certo di "visite di cortesia".
Gli orsi sono poligami e promiscui, e ciò vale per entrambi i sessi: un maschio può accoppiarsi e fecondare più femmine, così come una femmina può riprodursi con più maschi. Proprio questa dinamica innesca una forte competizione, come rileva Tosoni: «I maschi adulti trascorrono una vita a confrontarsi e a stabilire gerarchie per assicurarsi cibo e successo riproduttivo. Stabiliscono gerarchie fra di loro marcando il territorio, ma se necessario le ribadiscono anche di “persona” e non sempre piacevolmente, soprattutto se uno dei due orsi non molla». Non sono rari i casi di orsi morti a seguito dello scontro con un loro simile, e ciò accade anche tra i marsicani, come si è visto recentemente con il caso dell'orso trovato morto in Abruzzo a giugno, ucciso da un suo simile proprio durante il periodo degli accoppiamenti.
Anche tra le femmine esiste però una sorta di scontro non proprio amichevole per il territorio: «Le femmine sono molto filopatriche e tendono, quindi, a sovrapporre il proprio territorio a quello della madre, formando una specie di “società” matriarcale».
L'unione, soprattutto davanti alla possibilità di incontrare maschi adulti aggressivi nei confronti dei cuccioli, è molto allettante tanto che, secondo alcuni studi condotti in Scandinavia, le giovani femmine entrano tra loro in una vera e propria competizione. «Chi vince? Quelle più grasse, mentre le più magre sono forzate a partire. Le controindicazioni nascono dalle femmine imparentate e dominanti, come la madre, che potrebbero forzare le più giovani a non riprodursi. Insomma, se si resta, bisogna sapere aspettare il proprio turno».
La socialità familiare
Gli orsi, se proprio devono condividere lo stesso spazio, preferiscono farlo con i propri consanguinei. Ad eccezione degli scontri per il terriorio e il partner, più orsi vengono avvistati insieme principalmente quando si tratta di un’orsa con la prole.
Il tempo che però le madri trascorrono con i loro piccoli è decisamente breve, come ha osservato Tosoni stessa: «In Appennino accade assai di rado che le femmine trascorrano una seconda estate o addirittura un terzo inverno con i propri cuccioli. In genere, i cuccioli vengono allontanati quando hanno circa un anno e mezzo di vita. Ma in altre popolazioni di orso bruno, i piccoli possono rimanere con la madre anche 2 o 3 anni. Gli studi suggeriscono che età precoci di rilascio siano associate ad un ambiente ricco dal punto di vista alimentare. Questo rende le madri sicure di fare la cosa giusta».
Ma ci sono due categorie di orsi che hanno un "nemico" comune e hanno quindi elaborato una strategia simile, si tratta dei giovani maschi in dispersione e delle femmine con piccoli dell’anno che devono difendere la prole. Non è un caso che proprio loro siano più facilmente avvistati a ridosso delle aree antropizzate: «Secondo alcune ricerche, le femmine con i piccoli dell’anno e gli individui giovani frequentano le aree limitrofe ai paesi per trovare rifugio da maschi adulti aggressivi».
Questa tendenza naturale può generare alcuni dei fenomeni di confidenza osservati soprattutto in Italia nella zona abruzzese, ma anche in Romania, dove l'elevata presenza degli orsi è diventata parte del turismo dei Carpazi e non è raro vedere persone dare cibo ai cuccioli ai bordi delle strade. Con tutti i risvolti negativi studiati da Tosoni: «La controindicazione è che gli orsi sono anche animali facilmente condizionabili dal cibo (hanno fame per la loro natura) e nei centri urbani possono trovare fonti di cibo ad alto contenuto energetico (es. mangime, arnie, pollai, bestiame, orti, ecc.). Questo potrebbe contribuire a innescare meccanismi di abituazione e condizionamento con tutti i rischi che questo fenomeno comporta».
Insomma, è vero che gli orsi sono animali solitari, ma ciò non significa che non ci sia comunicazione o capacità di unirsi per fare fronte comune davanti a particolari condizioni ambientali.