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9 Luglio 2024
18:14

Sei feriti nel primo giorno della Festa di San Firmino a Pamplona, ma sono i tori a non avere scampo

Ci sono stati sei feriti nel primo giorno della corsa dei tori a Pamplona. Ma la tradizione più crudele della Spagna ha anche un aspetto poco noto al grande pubblico: dopo ogni corsa i tori vengono portati nell'arena per essere uccisi dai matador.

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Solo durante il primo giorno della corsa dei tori di Pamplona sono rimaste ferite sei persone, du cui incornato. È il bilancio di uno degli eventi più famosi, e crudeli, della Spagna. Ogni anno, durante i festeggiamenti per San Firmin, la città di Pamplona, nella regione della Navarra, ospita le corse dei tori per le strade.

Durante il festival, turisti e locali si lanciano in corsa per le vie della città insieme ai tori: una formula esplosiva che ogni anno determina un gran numero di incidenti. Anche quest'anno, infatti, ben 6 persone sono rimaste ferite, e secondo le autorità locali della Navarra, un uomo di 37 anni è stato incornato da un tori. Tra coloro che hanno riportato danni anche un turista statunitense di 54 anni.

I tori, invece, anche se riuscissero a superare indenni la corsa non avrebbero comunque scampo: il loro destino è quello di essere poi condotti all'interno dell'arena per essere finiti dai matador. Alle 8 del mattino, centinaia di persone corrono fianco a fianco con sei tori e sei buoi addomesticati lungo un percorso di mezzo miglio attraverso le strette strade di Pamplona. La tauromachia che ogni anno va in scena a Pamplona può senza dubbio essere considerato la tradizione più crudele della Spagna, e probabilmente anche d'Europa. Una corsa sfrenata dalla quale le persone escono spesso ferite, e i tori certamente morti. Il tutto con il pretesto di una celebrazione liturgica.

Quest'anno, prima dell'inizio del Festival, l'associazioni internazionale per i diritti degli animali PETA ha organizzato con AnimaNaturalis una protesta in Plaza Consistorial, indossando corna di toro e coprendosi di sangue finto per richiamare l'attenzione sulla crudeltà dell'evento: «I tori sono costretti a correre lungo le strette vie di Pamplona mentre scappano da una folla che li schernisce. Spesso si feriscono scivolando sul terreno acciottolato o schiantandosi contro i muri nel tentativo di sfuggire alla folla. In genere, questi tori hanno avuto poche interazioni con gli esseri umani in passato e ritrovarsi improvvisamente in mezzo a un'orda è angosciante e opprimente».

Non è finita, il peggio accadrà nell'arena solo dopo la corsa: «Durante questi eventi, gli assalitori a cavallo conficcano le lance nella schiena e nel collo di un toro – hanno enunciato gli attivisti – infliggendogli un dolore acuto ogni volta che gira la testa e compromettendo la sua capacità di movimento. Alla fine, quando il toro diventa debole per l'emorragia di sangue, appare un matador che tenta di uccidere l'animale conficcandogli una spada nei polmoni o, se fallisce, tagliandogli la spina dorsale con un coltello. Il toro può essere paralizzato ma ancora cosciente mentre le sue orecchie o la coda vengono tagliate e presentate al matador come trofeo e il suo corpo viene trascinato fuori dall'arena».

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La protesta della Peta

Complice anche il ritratto delle celebrazioni di San Fermin fatto dallo scrittore Ernest Hemingway nel romanzo "Fiesta", la corsa dei tori di Pamplona richiama ogni anno moltissimi turisti provenienti soprattutto dal Nord America. Dopo lo stop a causa della pandemia, gli attivisti credevano che la corsa sarebbe stata sospesa del tutto, ma così non è stato, e anzi nel 2022 si stima che quasi 1,7 milioni di persone abbiano visitato Pamplona proprio per assistervi.

Una tradizione crudele che non tiene conto delle 61 persone ferite durante le passate edizioni, e delle decine e decine di tori che hanno trovato la morte.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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