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30 Giugno 2021
16:41

Sei anni dalla morte del leone Cecil, gli italiani contro la caccia al trofeo ma ancora in tanti continuano a farlo

L'86% degli italiani si oppone alla caccia al trofeo, pratica che ha ucciso il leone Cecil. Ma negli ultimi 5 anni ben 322 trofei sono arrivati in Italia: erano parti di leopardi, orsi polari, lupi grigi, ghepardi. E di ippopotami, di cui il nostro Paese è primo importatore in Unione Europea. HSI lancia un'appello: #NonnelmioMondo per vietare l'importazione e l'esportazione di specie protette a livello internazionale.

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Giornalista
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schermata video da un’indagine sotto copertura alla Convention annuale dei cacciatori del Safari Club International a Las Vegas

Nella notte tra il primo e il due luglio del 2015, in Zimbawe, il meraviglioso leone Cecil venne colpito per la prima volta con una freccia scoccata dall’arco di Walter Palmer, dentista americano per il quale le vacanze sono il momento dell’anno in cui andarsene in Africa ad uccidere animali selvatici. Dopo 12 ore di agonia Cecil, il più iconico leone dell'Hwange Park, 13 anni, un numero non precisato di figli e una foltissima criniera striata di nero, fu colpito a morte. Il corpo di Cecil venne poi scuoiato e la sua testa rimossa. Quando lo scheletro senza testa del leone, già scavato dagli avvoltoi, fu finalmente trovato dagli investigatori del parco, mancava anche il suo collare di localizzazione gps. Il dentista Walter Palmer, per ucciderlo e portarsi a casa la sua testa da appendere, presumibilmente, in salotto, ha pagato 50 mila dollari. Questa storia è il sunto di ciò che è "la caccia al trofeo".

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Quando uccidere per un trofeo diventa notizia

Cecil e il suo assassino, Walter Palmer, sono diventati famosi. E si conoscono diversi altri casi in cui l’uccisione cruenta di un animale selvatico si è trasformata in notizia, suscitando sdegno soprattutto in Europa. Per esempio, successe anche con il selfie di Rebecca Francis che si era auto-fotografata in pieno autocompiacimento accanto alla giraffa che aveva appena ammazzato. E a luglio dell’anno scorso ancora Palmer, non pago, aveva stigmatizzato, sempre tramite post pubblico, la sua nuova impresa: uccidere per 90 mila euro un montone selvatico protetto sugli altopiani della Mongolia.

Gli americani uccidono di più. Ma gli italiani non sono da meno

Quasi sempre i casi che finiscono sui giornali riguardano cittadini statunitensi. Eppure, l’Europa e i suoi cacciatori hanno un ruolo non marginale in questa vicenda: esistono, sono molti e sono molto attivi. A dimostrarlo interviene l’ultimo rapporto di HSI Humane Society International che evidenzia come spesso «il ruolo dei cacciatori dell'UE in questo passatempo mortale viene sottovalutato. Gli europei, e anche gli italiani, si recano regolarmente all'estero per uccidere specie iconiche e portarne a casa parti del corpo da esporre».

Il rapporto HSI: l’Europa è la seconda importatrice di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti

Secondo il rapporto, che ha analizzato i dati commerciali per gli anni 2014/2018, l'Unione Europea è il secondo importatore di trofei di caccia al mondo, dopo gli Stati Uniti. « “I numeri della caccia al trofeo: Il ruolo dell'Unione Europea nella caccia al trofeo a livello mondiale", il rapporto pubblicato da Humane Society International/Europe, mostra che, tra il 2014 e il 2018, i paesi dell'UE hanno importato quasi 15.000 trofei di caccia di 73 specie protette a livello internazionale, una media di quasi 3.000 trofei ogni anno, tra cui leoni africani, elefanti africani e rinoceronti neri in pericolo di estinzione – spiega Martina Pluda, responsabile per l’Italia di HSI. –  Sono stati importati anche zebre, ghepardi, pecore Argali dell'Asia quasi minacciate d’estinzione e orsi polari classificati come vulnerabili. Germania, Spagna e Danimarca contribuiscono con il 52% di tutti i trofei importati. Nel quinquennio analizzato, l'UE ha importato trofei prelevati da 889 leoni africani, 229 dei quali uccisi in libertà come Cecil».

L'86% degli italiani ha detto "no" eppure ogni anno arrivano trofei di leopardi, orsi, lupi grigi, ghepardi e ippopotami

Gli italiani sono contrari. Lo dimostra il sondaggio che HSI/Europe ha commissionato a Savanta ComRes, che ha intervistato 2.168 adulti. «In particolare, l'86% degli intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici. Inoltre, l'88% concorda sul fatto che agli italiani non debba essere consentito importare trofei di caccia da altri paesi e il 74% è favorevole a un divieto totale di esportazione e importazione di trofei di animali morti da e per l’Italia».

Malgrado questo, però, l’Italia importa centinaia di trofei di caccia compresi leoni africani, elefanti e rinoceronti neri. «Durante questi cinque anni, l'Italia ha importato 322 trofei di caccia di 22 specie di mammiferi elencate nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES) – spiega ancora la Pluda – come leopardi africani (29), orsi polari (3), lupi grigi (2), ghepardi (1) e l'Addax in pericolo di estinzione. (1). In particolare, l'Italia è il primo importatore dell’Unione Europea di trofei di ippopotamo (145) e il quarto più grande importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica. Inoltre, il nostro paese ha svolto un ruolo significativo a livello UE nel commercio di trofei di elefanti africani, essendo il quinto importatore UE di questa specie».

L’appello all'Italia

Nasce da queste considerazioni l’appello che HSI, fondata nel 1991 per proteggere gli animali nel mondo, lancia all’Italia per vietare l'importazione e l'esportazione di trofei di caccia di specie protette a livello internazionale. #NonNelMioMondo  è la petizione lanciata da HSI/Europe per chiedere all’Italia di mettere fine alle crudeli esportazioni. «Impallinare, imbalsamare, imballare, farsi consegnare ed esporre a casa gli animali uccisi e loro parti del corpo, è ciò che motiva questi cacciatori – commenta la Pluda. – Un divieto d’importazione dei trofei in più paesi dell'UE aiuterebbe efficacemente a fermare l'uccisione di questi animali. Chiediamo all'Italia di introdurre un divieto di importazione, esportazione e riesportazione di tutte le specie che vengono uccise per divertimento all'estero e trasportate da e verso il paese per essere tristemente esposte».

Ma la caccia ai trofei sostiene la conservazione?

Secondo alcuni, i profitti che arrivano dalla caccia ai trofei aiutano la conservazione degli animali, fornendo fondi determinanti per la loro gestione e salvaguardia. Pohamba Shifeta, il ministro dell'ambiente e del turismo della Namibia, per esempio ha affermato che i divieti voluti dagli stranieri per ridurre la caccia ai trofei sarebbero «la fine della conservazione in Namibia». Ma è davvero così? Oppure fruttano molto di più i proventi che arrivano da una gestione corretta dei gorilla di montagna nella Repubblica Democratica del Congo e in Uganda grazie al turismo sostenibile e soprattutto etico? «Gli studi dimostrano che in genere solo il 3% delle entrate ricavate dalla caccia ai trofei viene destinato alle comunità locali – spiega Martina Pluda – L'ecoturismo per l'osservazione della fauna selvatica genera molto più reddito e posti di lavoro per sostenere la conservazione e l'occupazione locale. Uccidere gli animali più grandi o più forti, che svolgono un importante ruolo, mette a rischio la conservazione delle specie, sconvolge le strutture sociali di mandrie, branchi e gruppi e indebolisce i pool genetici delle popolazioni selvatiche che già vivono sotto continua e forte minaccia. L'argomento della conservazione è una farsa messa in circolazione da persone che sanno che è sgradevole semplicemente ammettere che provano piacere nell'uccidere animali per divertimento e selfie».

Cosa stanno facendo gli altri paesi europei

Le limitazioni alla caccia al trofeo appaiono davvero ancora molto limitate in tutta Europa. Dal 2015 la Francia ha imposto un divieto di importazione per i trofei di leoni, mentre i Paesi Bassi l’anno successivo hanno introdotto il divieto di importazione di trofei di oltre 200 specie. Nel febbraio 2021 il primo ministro del Regno Unito ha espresso l'intenzione del suo governo di porre fine all'importazione di trofei e nel marzo di quest'anno il parlamento finlandese ha presentato una mozione che propone un divieto di importazione di trofei. «Con così tanto in gioco, e la stragrande maggioranza dei cittadini italiani contrari all'uccisione, è tempo che l'Italia adotti misure efficaci» conclude Martina Pluda.

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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