I capodogli ringraziano, tirano un sospiro di sollievo e ringraziano Sea Shepherd Italia. Perché se in tutta l’estate 2021 non ne è rimasto impigliato neanche uno nei terribili “muri della morte”, le reti da pesca illegali lunghe decine di chilometri che infestano i nostri mari, il merito è anche della costola italiana dell’organizzazione statunitense che si occupa della salvaguardia della fauna ittica e degli ambienti marini in tutto il mondo.
L’ultima Operazione Siso si sta concludendo in questi giorni con due straordinari primati. Per la prima volta, infatti, nessun capodoglio è stato ucciso dai quasi 17 chilometri di reti alte fino a 42 metri, dette appunto “muri della morte” recuperate dal mare tra Ustica e le Eolie e destinati alle cosiddette “spadare” – pesca particolarmente insostenibile da un punto i vista ambientale, oltre che etico. E per la prima volta sono stati recuperati dalle acque 300 FAD (Fishing Agregating Devices) marchingegni inventati dai pescatori con plastica e oggetti di risulta che, lasciati in acqua per mesi, si ricoprono di microrganismi attirando grazie alla loro ombra i pesci. Letali per tartarughe caretta caretta e per molte specie migratorie, i FAD sono dei veri e propri macchinari di morte di cui i nostri mari sono pieni. In Sea Shepherd Italia, con le sue azione di monitoraggio e pulizia delle acque, hanno trovato il loro maggior nemico.
Andrea Morello, il fondatore e presidente di Sea Shepherd Italia, dalla motonave Sea Eagle, ci racconta come è andata l’Operazione Siso 2021 che si concluderà il 31 ottobre.
Stanchezza e minacce, la vita a bordo delle imbarcazioni dei “pirati buoni del mare”
«Siamo stremati da quest’ultima fase dell’Operazione Siso, due mesi di navigazione senza interruzioni che però hanno portato a risultati davvero gratificanti – racconta durante una pausa, nel mare lungo la costa tra Milazzo e le Isole Eolie – Quest’anno avevamo a disposizione oltre alla Conrad, un 17 metri che accoglie nove persone d’equipaggio, anche la Sea Eagle, un’imbarcazione di 37 metri che ospita fino a 19 persone, una ex nave pilota abituata ai fiordi della Danimarca, da dove è arrivata in dono da Alliance».
A guidarla un capitano d’eccezione, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ex Capo di Stato Maggiore della Marina Italiana, diventato volontario d Sea Shepherd subito dopo la pensione e ora comandante di una delle sue navi. «Sono state settimane molto impegnative. Anche rischiose, perché quello che facciamo non piace a tutti. In passato a largo di Cefalù, davanti a Palermo, un peschereccio è passato dalle minacce verbali a farci trovare una bara di legno, con una croce sopra, che galleggiava accanto a uno di quei FAD di cui stiamo cercando di ripulire il mare italiano».
Due imbarcazione, un aereo e tanti volontari
In mare, prima durante la primavera e poi in estate, le due imbarcazioni di Sea Shepherd Italia, Conrad e Sea Eagle, hanno battuto i mari del sud dopo una ricognizione aerea preliminare. «Grazie al sostegno che abbiamo ricevuto da una fondazione svizzera HPI, abbiamo avuto a disposizione un piccolo aereo con cui abbiamo effettuato due giornate di volo per una sorta di pattugliamento preliminare che ci ha permesso di monitorare tutta la costa tra Roma, Palermo e Malta. Grazie all'uso di Zefiro, i risultati sono stati notevoli: con questa ricognizione visiva, infatti, è stato possibile individuare due aree, una tra Sicilia e Calabria, un’altra tra Siracusa e Malta, con una fortissima presenza di FAD. Gli interventi successivi per la loro rimozione, quindi, sono stati mirati e più efficaci».
I capodogli uccisi dalle reti, “effetti collaterali” della pesca illegale
Ma cosa accade quando si interviene? Come ci aveva raccontato ad agosto Andrea Morello, gli interventi spesso avvengono la notte, dopo una lunga fase di avvistamento e di controllo di pescherecci sospetti. In questo caso si cerca di filmare l’uso delle reti illegali nelle cui maglie rimangono spesso incastrate tartarughe, delfini, capodogli. «Una volta persino una megattera – aggiunge Morello, che ha fondato Sea Shepherd Italia nel 2010 dopo anni di volontariato nell’associazione internazionale – Il Mar Mediterraneo è il più sfruttato al mondo. Non ci fermeremo fino a quando le attività di bracconaggio non si cesseranno. Se muore il Mediterraneo moriremo anche noi».
Intensi gli interventi che hanno visto protagonisti i capodogli nel corso degli anni. «Nel 2017, a giugno, non riuscimmo a salvare un esemplare maschio, lo chiamammo Siso e dal suo nome nacquero le Operazioni Siso che riprendiamo ogni anno. Nel 2019, tra Ponza e Palmarola, morirono una mamma e il suo cucciolo, incastrati nelle reti; nel 2020 riuscimmo a liberare Spike a Salina, ma a giugno non riuscimmo a liberare completamente dalle reti Furia che scomparve nel mare e di cui non abbiamo avuto più tracce. Quest’anno, il 25 aprile, un capodoglio è morto incastrato nelle reti a largo di Maiorca. Ma lungo le coste italiane, per fortuna non abbiamo dovuto assistere a nessuna morte. Ed è un primato che ci riempie d’orgoglio».
Contro i Fad, le “macchine della morte” che infestano il Mediterraneo
Si stima che solo nell’Arcipelago delle Eolie, ogni anno, vengano calati più di 5000 FAD illegali per un totale di 10 mila chilometri di attrezzature illecite. Questo sistema di pesca è letale per le tartarughe Caretta Caretta e altre specie che spesso vi rimangono imprigionate durante le rotte migratorie. «i FAD – spiega Morello – sono costituiti da tre componenti: una galleggiante, fatta di bidoni di plastica (molto spesso contenenti sostanze nocive per l’ambiente), una ombreggiante composta da foglie di palma o teli di plastica e una di ancoraggio sul fondo, costituita generalmente di un lungo filo di polipropilene, legato attorno ad un peso di cemento o rocce e che agisce come zavorra, permettendo all’attrezzo di ancorarsi a grandi profondità.
In collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, la Guardia Costiera, la Capitaneria di Porto di Catania e la Guardia di Finanza sezione Milazzo, Operazione Siso iniziò nel 2018 con la Sam Simon che ha solcato le acque italiane recuperando 130 chilometri di polipropilene per un totale di 68 FAD. Negli anni i volontari hanno unito le forze e nel 2020 grazie all’avvento della nuova nave, M/Y Conrad, i risultati sono stati notevoli: 231 FAD, 432 chilometri di polipropilene ritirati e più di 600 FAD disattivati. Con circa 3.000 miglia percorse in 94 giorni di Operazione Siso, l’equipaggio della Conrad ha recuperato anche oltre 100 sacchi di spazzatura in pulizie spiagge e oltre dieci reti abbandonate. Infine il 2021, l’anno del record: 300 FAD recuperati in due mesi».
Alla fine delle operazioni in mare, il momento della manutenzione
Praticamente in mare da maggio, ora per l’equipaggio e le imbarcazioni è arrivato il momento del riposo e della manutenzione. «I nostri equipaggi sono costituiti per la stragrande maggioranza di volontari. Fondamentali e di tutte le età, continuano ad aumentare e dedicano con passione tempo e energie alla nostra missione sia a bordo sia a terra. Infatti quando non si naviga le iniziative di sensibilizzazione sono tantissime, soprattutto nelle scuole dove i ragazzi si dimostrano sempre più attenti e appassionati al futuro dell’ambiente e, quindi, anche al loro futuro. Per le imbarcazioni, invece, quello che sta per arrivare è il momento della manutenzione, in porto, al riparo». In attesa di tornare a navigare, sventolando la bandiera nera.
Immagine di copertina: Il recupero di FAD durante l'Operazione Siso 2021 (credits:@SeaShepherd)