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16 Settembre 2022
11:40

Se proprio vogliamo polemizzare sulla Sirenetta, allora diciamo che dovrebbe avere le ali

In questi giorni si sono riaccese le polemiche sul remake Disney La Sirenetta. Al centro delle polemiche la pelle nera della protagonista e la mancanza di fedeltà al film d'animazione originale. Ma se proprio vogliamo essere pignoli e fedeli alle origini allora dovremmo anche criticare la coda da pesce: le vere sirene hanno penne, piume e ali.

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Con l'arrivo del primo teaser del nuovo live action Disney La sirenetta, in fondo al mar e non solo si sono riaccese le polemiche sulla scelta dell'attrice protagonista che interpreterà Ariel. O meglio, sul colore della pelle che avrà la protagonista del remake in carne e ossa. A differenza di quanto accade nel film d'animazione del 1989, infatti, la figlia di Re Tritone non avrà la pelle bianca, ma sarà interpretata dalla giovane attrice e cantante nera Halle Bailey.

I fan più accaniti e "integralisti" da tutto il mondo, non hanno preso affatto bene questa decisione, tirando in ballo non solo la mancanza di fedeltà alla versione animata, ma adducendo persino "critiche scientifiche" che tirano in mezzo melanina e l'irradiazione luminosa sotto la superficie dell'acqua. Senza dover rispolverare manuali di anatomia comparata e fisiologia ittica, oppure su come la luce arriva in profondità, se proprio vogliamo essere così ostili alle rivisitazioni e fedeli alle origini, allora dobbiamo esserlo fino in fondo e partire dal principio: le sirene non dovrebbero essere metà umane e metà pesci, bensì uccelli.

Forse in pochi lo sanno, ma in origine le antiche sirene della mitologia greca erano in realtà per metà uccelli e si ispiravano alle berte e ai loro canti notturni simili al pianto di un bambino o di donna. Questi uccelli marini passano quasi tutta la loro vita volando in mare aperto, dove possono restare per settimane o anche mesi senza mai toccare terra. Tornano sulla terraferma solamente in primavera, per deporre il loro unico uovo, solitamente su pareti rocciose o all'interno di piccole grotte e cavità sulle falesie delle piccole isole.

Ed è proprio dal canto di questi uccelli che fu ammaliato Ulisse durante il suo viaggio, poiché è proprio in mare, nei pressi delle piccole isole e di notte che si possono ascoltare i caratteristici canti delle vere sirene del Mediterraneo, le berte. Nel bacino del Mediterraneo le specie di berte più comuni sono quella maggiore (Calonectris diomedea) e quella minore (Puffinus yelkouan), che nidifica esclusivamente nel Mare Nostrum. Entrambe non se la passano però troppo bene, soprattutto a causa della sempre più scarsa disponibilità di pesce in mare e, soprattutto, per l'arrivo sulle piccole isole per mano dell'uomo di ratti e gatti.

Questi predatori mangiano infatti sia uova che piccoli, completamente indifesi quando si trovano a terra nei loro nidi. Delle due è soprattutto la berta minore a essere però minacciata: viene infatti classificata come Vulnerabile (VU) nella Lista Rossa delle specie in via di estinzione della IUCN. La specie è fortunatamente tornata di recente a nidificare anche a Ventotene e sono numerosi i progetti di conservazione che stanno aiutando la popolazione a riprendersi dall'impatto delle specie invasive.

Ma se quindi le vere sirene erano originariamente per metà uccelli, come mai si sono trasformate in mezzi pesci? Le sirene con la coda da pesce iniziano a comparire per la prima volta nei bestiari medievali e ci sono diverse ipotesi che tentano di spiegare questa "rivisitazione". Una delle più accreditate, sostiene che con tutta probabilità durante il Medioevo un amanuense scambiò la parola latina pennis (penna) con pinnis che invece significa pinna. Altri invece sostengono che potrebbe essere colpa del Cristianesimo, che avrebbe privato delle ali angeliche queste creature perché considerate esseri malvagi.

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La sirena Partenope della fontana della Spinacorona a Napoli

Tuttavia, prove di sirene pennute sono ancora oggi numerose e sparse in giro per il mondo. Una delle più antiche e significative è senza dubbio la fontana della Spinacorona a Napoli, che compare per la prima volta in un documento del 1498. Le sue origini non sono chiare, ma si tratta senza dubbio di una delle raffigurazioni più antiche di Partenope, la sirena che secondo la leggenda ha fondato la città di Napoli. Sulla sommità della fontana c'è in fatti proprio Partenope, raffigurata con ali, gambe e piedi da uccello e che è in procinto di spegnere le fiamme del Vesuvio con l'acqua che sgorga dai suoi seni.

Chissà quindi se anche nel Medioevo ci sono state discussioni polemiche e provocatorie sulla mancanza di fedeltà nelle ricostruzioni delle sirene (ne dubitiamo fortemente). In conclusione, si lasci pure passare il disappunto per la mancanza di fedeltà a un film d'animazione dell'infanzia a cui si è magari estremamente affezionati, ma tentare di avvalorare le proprie posizioni (velatamente razziste) con affermazioni e tesi prive di senso logico è – diciamolo – abbastanza ridicolo. Se il film sarà bello, brutto e se ci farà cantare a squarciagola come le vere sirene del Mediterraneo lo sapremo solo il 24 maggio del 2023, quando la Sirenetta nera debutterà nelle sale cinematografiche.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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