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11 Aprile 2023
18:28

Se l’orso diventa un nemico pubblico non restituiremo giustizia alla famiglia di Andrea Papi

Andrea Papi, 26 anni, è stato ucciso mentre faceva jogging da un orso in Valle di Sole che adesso è stato condannato a morte. Ovunque siamo stati noi di Kodami, dal Trentino all'Abruzzo, abbiamo riscontrato sempre le stesse problematiche: le difficoltà, legittime e non, di pastori, agricoltori e allevatori, l'inconsapevolezza degli escursionisti, la mancanza di fondi o la scorretta destinazione di questi ultimi. In poche parole: un mix di interessi economici e superficialità e con pochi, ancora troppo pochi, casi virtuosi.

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Che cosa è una notizia? E perché è importante saperlo ora che un orso, anzi, gli orsi sono diventati dei nemici pubblici? Sono giorni terribili per chi ha perso una persona cara a causa dell'aggressione di un plantigrado nella valle di Sole in Trentino. Prima di tutto alla famiglia di Andrea Papi va tutta la vicinanza della redazione di Kodami per quello che è accaduto e che, semplicemente, non sarebbe dovuto accadere.

Ma ogni evento ha una causa e un effetto e nella prima si devono cercare le ragioni per cui accadono tragedie come questa. Può sembrare strano, ma prima di parlare di responsabilità concrete, bisogna partire proprio da come questa notizia è stata diffusa e come continua a essere trattata perché è questo a segnare nella mente delle persone il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ma per trovare soluzioni per una pacifica convivenza  non si deve puntare alla "pancia" delle persone: attraverso l'informazione passa il giudizio che si fa di un evento l'opinione pubblica e a quest'ultima vanno spiegate le cose come stanno, nel segno sempre di una comunicazione corretta e priva di enfasi che nulla dovrebbe aggiungere a quella che è e rimane una triste vicenda.

Dunque, che cosa è una notizia? Uno degli elementi fondanti è la prossimità dell'evento rispetto a chi lo legge e la rarità dell'evento stesso. Ecco, l'aggressione che ha causato la morte del runner è la "tempesta perfetta" dal punto di vista della sua notiziabilità: è la prima in assoluto avvenuta nel nostro Paese ed è per questo che è diventata argomento di punta su tutti i media nazionali, trasformando però i boschi del Trentino come se fossero un luogo a due passi da casa nostra, quasi come se gli orsi da oggi in poi si possano incontrare nelle strade delle nostre metropoli da un momento all'altro.

Per capirci meglio: perché fa sempre notizia uno squalo che attacca un bagnante? Perché è un evento raro tanto quanto, uscendo dal mondo animale, un aereo che cade. Ma sono episodi che ci colpiscono tanto e che trovano sempre spazio sui media, anche se avvengono a distanze oceaniche dal posto dove viviamo. Figurarsi un orso che uccide una persona in Italia.

Mentre politici e opinionisti dell'ultima ora così si affrettano a dire la loro sulle soluzioni da intraprendere, i media aumentano la portata dell'evento non con analisi approfondite di anni di indifferenza e mala gestione sulla convivenza animali selvatici – uomo ma con titoli choc, rincorse a dichiarazioni ad effetto e pubblicazioni del tutto fuorvianti. Come l'audio dell'uomo che afferma di essere fuggito dall'attacco di un altro orso, nella valle di Comino, in cui dice addio alla moglie e al figlio qualora l'animale lo uccida, mentre scappa. Questa persona è sopravvissuta a quella che ancora deve essere confermata come aggressione da parte di un orso ma intanto ha dichiarato di voler denunciare il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. La sua voce concitata è un pugno nello stomaco, fa venire i brividi e crea una solidarietà irrazionale che fa dimenticare a chi ascolta tutto quello che c'è dietro rispetto alla nostra continua e costante difficoltà di convivere con altri animali. Quell'audio porta solo a empatizzare con l'uomo.  A cosa serve, dunque, pubblicare un vocale così? Questo dovrebbe chiedersi un lettore, attento davvero – a prescindere dall'essere "animalista" o meno – a come vengono distribuite le notizie e su quanto invece bisognerebbe rimanere nel campo della cronaca e non enfatizzare ulteriormente i contorni di una tragedia che già di per sé è grave e necessita di profonda riflessione su quanto noi umani, in realtà, siamo ancora incapaci di avere una corretta condivisione del Pianeta con altri esseri viventi.

Su Kodami abbiamo affrontato sin dal primo momento il tema della convivenza con gli altri animali proprio per fare una divulgazione che sia allo stesso tempo diretta a un cambio culturale ma anche semplicemente "di servizio". Pochi giorni prima della morte di Papi abbiamo pubblicato il video in cui la nostra Margherita Paiano, etologa e redattrice del nostro magazine, spiega proprio come comportarsi se si incontra un orso. E l'abbiamo fatto anche sui lupi che in questi giorni staranno tirando un sospiro di sollievo, visto che negli ultimi tempi erano loro a essere nel mirino della politica e della stampa come "i più pericolosi" da togliere dalla faccia della Terra, almeno qui in Italia.

Ma non sta solo a noi che facciamo informazione non far aumentare l'intolleranza e invece creare consapevolezza. Deve essere in primis lo Stato, nelle sue deleghe a Regioni, Province e Comuni e enti parco a lavorare nei territori perché vi sia una convivenza responsabile. Ovunque siamo stati noi di Kodami, dal Trentino all'Abruzzo per rimanere in tema di orsi, del resto abbiamo riscontrato sempre le stesse problematiche: le difficoltà, legittime e non, di pastori, agricoltori e allevatori; l'inconsapevolezza degli escursionisti; la mancanza di fondi o la scorretta destinazione di questi ultimi. In poche parole: un mix di interessi economici e superficialità e con pochi, ancora troppo pochi, casi virtuosi.

Ma siamo stati anche testimoni di una narrazione che cambia a seconda di quanto l'animale sia "umanizzabile" o meno da parte di tutti, media riconosciuti e persone comuni che condividono le loro opinioni sui social. Oggi stiamo parlando dell'orso cattivo che uccide gli esseri umani, ma fino a ieri abbiamo vissuto tutti il racconto delle "gesta" di Juan Carrito, l'orso buono finito lui ammazzato sotto le ruote di una macchina, che era diventato suo malgrado una sorta di "peluche" nazionale la cui vita è stata  perennemente violata attraverso le lenti degli smartphone per generare condivisioni e like.

Ora bisogna essere chiari, però, e soprattutto lontani da ogni retorica. Quest'orso non è un killer da mandare a morte certa come se fossimo in qualche Stato degli Usa in cui è ancora permessa la pena di morte mentre nel nostro Paese, vale la pena ricordarlo, non esiste per nessun essere umano una scelta del genere. «Ma sono animali! Cosa stai dicendo?», qualcuno sicuramente obietterà, scandalizzato dal paragone. Ma sì, certo che lo sono, come noi del resto. Solo che questa cosa non la si riesce proprio ad accettare e non oggi ma in fondo da sempre. Veniamo da millenni di antropocentrismo, la nostra storia evolutiva è quella di una specie che si è erta a padrone della Terra ed è dunque, anche in questo tristissimo caso, il bagaglio che ci portiamo dietro a pesare su tutta questa storia: migliaia di anni di sopraffazione in cui abbiamo "dominato" la natura e gli altri esseri viventi fino a vedere oggi, in un orso, un nemico pubblico appunto da cercare con il mirino puntato come se fosse un latitante a cui dare la caccia. Anzi nemmeno quello, visto che per prendere Mattia Messina Denaro – giusto per fare un esempio recente – ci abbiamo messo 30 anni e invece per catturare l'animale che vive nel suo ambiente naturale il presidente della Provincia Autonoma di Trento ha subito diramato l'ordine di abbattimento e pure dato come indicazione che si devono prelevare tutti gli orsi "problematici" in modo tale da identificare il responsabile, ucciderlo, e gli altri chiuderli a vita da qualche parte.  Come se non bastasse, va ricordato che Maurizio Fugatti, ha aggiunto pubblicamente di voler proseguire con gli abbattimenti fino a ridurre il numero degli orsi da circa 110 a 50.

Le amministrazioni dovranno rispondere della morte di Papi ma è necessario – perchè vi sia chiarezza – che dalle indagini emerga la dinamica dell'evento, la ricostruzione precisa del comportamento dell'orso e dell'uomo e non certo per fare un processo alla vittima ma perché casi simili non si ripetano mai più e solo spiegare l'etologia di un'altra specie può davvero servire a evitarlo di nuovo.

Sono tempi difficili i nostri, in cui tutti dobbiamo fare una grande attenzione a ciò che leggiamo e condividiamo, anche in difesa della memoria di un ragazzo che è diventato oggi, suo malgrado, un unicum a cui si farà riferimento sicuramente anche negli anni a venire ogni qualvolta si ritornerà a parlare di orsi in Italia. Abbiamo gli strumenti per poterlo fare, il Web è un enorme patrimonio da cui attingere se si ha davvero la volontà di distinguere le fonti e comprendere che c'è un modo perché questa orribile vicenda diventi simbolica non di altre morti da raccontare – umane e non che siano – ma esemplare per un nuovo modo di abitare su questo Pianeta da parte di un'unica specie: l'uomo.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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