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1 Febbraio 2023
13:14

Se in montagna ci sono troppi escursionisti, orsi e altri animali diventano più notturni

Secondo un nuovo studio del Muse di Trento, in collaborazione con l'Università di Firenze, orsi e altri mammiferi tendono a muoversi maggiormente di notte per evitare gli incontri con gli esseri umani.

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Laddove vi è un maggiore transito di esseri umani, gli animali selvatici tendono ad aumentare le proprie attività notturne. A dimostrarlo è un recente studio condotto dal Muse di Trento in collaborazione con l’Università di Firenze. 

Per ottenere questo risultato i ricercatori hanno analizzato le immagini di 60 fototrappole posizionate tra il 2015 e il 2021 in un'area del Trentino occidentale che comprende anche il territorio del Parco Naturale Adamello Brenta, ovvero il luogo dove oltre 20 anni fa è stato reintrodotto l'orso bruno (Ursus arctos).

Lo studio si è concentrato sul comportamento di otto specie selvatiche diffuse in questa zona delle Alpi, ovvero il cervo, il camoscio, il capriolo, il tasso, la volpe, la lepre, la faina e, appunto, l'orso. Nell'ambito della ricerca sono state raccolte 522.564 immagini, con una media di 74.652 all'anno. Il 69,75% degli scatti rileva la presenza di esseri umani o veicoli e solo il 21,08% riprende il passaggio di altri mammiferi. La specie rilevata più spesso è la volpe rossa, osservata 71 volte più dell'orso.

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Il grafico evidenzia la diminuzione di passaggi delle fauna selvatica negli orari in cui aumenta il passaggio di esseri umani

«Dati che invitano a porsi alcuni interrogativi»

«Da questi risultati emergono sia elementi negativi che positivi – spiega a Kodami Marco Salvatori, biologo e dottorando in Ecologia all'Università di Firenze – Il fatto che alcune specie, in particolare quelle di dimensione maggiore, evitino le zone più frequentate, riduce le probabilità di incontro e favorisce, quindi, la coesistenza. Un altro elemento positivo è il numero degli individui che, per quasi tutte le specie è stabile o in aumento».

Vi sono però anche alcuni aspetti che spingono i ricercatori a porsi degli interrogativi riguardo lo sfruttamento del territorio. «Le modifiche comportamentali portano inevitabilmente gli animali  a pagare un prezzo in termini di benessere – spiega il ricercatore – Sebbene le popolazioni osservate non stiano dimostrando criticità riguardo i tassi di riproduzione e sopravvivenza, infatti, ulteriori studi hanno già dimostrato come i soggetti che vivono nei pressi di zone ad alto disturbo antropico tendano ad aumentare i propri livelli di stress».

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©Muse – Università di Firenze

I ricercatori hanno deciso di monitorare queste specie perché si tratta di animali dalle dimensioni sufficienti per essere osservati attraverso le fototrappole e presenti in maniera abbastanza numerosa per offrire un dato statistico rilevante: «Non abbiamo inserito il lupo perché il suo passaggio è stato osservato solo 5 volte – spiega Salvatori – Sappiamo che sta ricolonizzando l'area, ma la presenza non è ancora stabile».

Vi è poi una differenza interessante rilevata dai ricercatori che riguarda la dimensione degli animali: «Le specie più grandi tendono ad allontanarsi di più dall'uomo, cercando di muoversi in ambienti inaccessibili. Lepri, volpi, faine e tassi, invece, rimangono nei pressi delle zone antropizzate, forse anche perché hanno meno difficoltà nel trovare nascondigli».

Un ulteriore elemento rilevato dallo studio riguarda invece la popolazione di orsi: «Sebbene i nostri metodi di monitoraggio siano completamente differenti rispetto a quelli utilizzati dalla Provincia Autonoma di Trento, in questi anni abbiamo riscontrato gli stessi dati sulla presenza dell'orso, che si conferma in lento ma costante aumento».

Aumenta il passaggio degli esseri umani: «Prima o poi bisognerà ragionare sulla limitazione degli accessi»

Ad aumentare negli anni è anche il passaggio degli esseri umani, che si rivela in linea con le statistiche locali del turismo e segue le tendenze diffuse in tutto il mondo: «In Nord America sono stati rilevati aumenti nella frequentazione dei parchi naturali pari all'800% – spiega il ricercatore – Non abbiamo dati riguardo l'Italia, ma la frequentazione delle aree naturali è un fenomeno in aumento in tutto il mondo, in particolare nei paesi ad altro reddito».

Sempre più persone, infatti, sentono il desiderio di trascorrere il proprio tempo libero nella natura, svolgendo attività escursionistiche di vario genere. Il territorio preso in considerazione nell'ambito di questo monitoraggio, inoltre, è tra i più frequentati dell'intero arco alpino.

«Queste abitudini hanno certamente ricadute positive sulla nostra salute psicofisica e, inoltre, rappresentano un elemento importante per le comunità locali – conclude il ricercatore – L'impatto del settore escursionistico sulla fauna selvatica è di entità ridotta rispetto ad altre attività antropiche, ciò nonostante, questi risultati pongono inevitabilmente un interrogativo, la cui risposta non può essere data da noi ricercatori, ma va rivolta ai gestori delle aree protette. Nella valutazione della sostenibilità delle attività escursionistiche, forse, in futuro servirà ragionare su quale sia il limite non superabile, prendendo magari in considerazione la restrizione degli accessi in alcune zone e in alcuni periodi dell'anno, come avviene nei grandi parchi americani».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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