La recentissima ordinanza della Cassazione n. 23408/2022, depositata lo scorso 27 luglio, ha visto un uomo condannato al risarcimento del danno nei confronti di un vicino di casa per via degli “ululati e guaiti” continui emessi dai propri cani, tenuti sul terrazzo dell’abitazione e sul terreno comune del fabbricato.
Questa pronuncia, in realtà, non ha fatto altro che confermare, una volta di più, un principio già ampiamente consolidato in giurisprudenza, ovvero che l’abbaiare di uno o più cani, ove eccessivo e prolungato, che sia fonte di disturbo per i vicini – in particolare nelle ore del riposo – rappresenta un illecito da cui deriva il diritto dei danneggiati di richiedere il corrispondente risarcimento. Nel caso di specie, ad esempio, il vicino è riuscito a dimostrare come i rumori eccessivi gli abbiano causato una perdita di capacità lavorativa tale da condurlo alla perdita del proprio posto di lavoro. Come si vedrà, inoltre, i rumori eccessivi degli animali (come qualsiasi altro rumore, del resto) possono anche integrare una fattispecie di reato a carico del loro pet mate.
Cane che abbaia: cosa dice il Codice civile
Il nostro Codice civile, all’articolo 844, stabilisce in via generale che “il proprietario di un fondo non può impedire (…) i rumori (…) derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.
Cane che abbaia in condominio. Cosa dice la legge?
Come si può evincere da una semplice lettura della norma, il legislatore non stabilisce un preciso limite al rumore che è consentito produrre; utilizza, diversamente, un criterio variabile ed adattabile dato dalla media e normale tollerabilità. In sostanza dice ai vicini di casa che sono necessari rispetto e una minima elasticità. I rumori che rientrano in una tollerabilità media sono consentiti, quelli che la superano sono invece vietati.
La Cassazione (si veda la sentenza n. 28201 del 2018) ha anche spiegato che “il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi”. Quindi si dovrà valutare in maniera diversa un rumore che disturbi la quiete della notte in un tranquillo borgo di campagna e lo stesso rumore, ove questo sia mescolato al caos del traffico cittadino o di un’area industriale.
Con riguardo ai versi degli animali (e dei cani in particolare), si può dire che:
- se non eccessivi e costanti, rappresentano la naturale e assolutamente lecita forma di espressione degli animali stessi;
- se ripetuti, costanti e fonte di disturbo in orari del riposo, possono rientrare tra i rumori che superano la normale tollerabilità e dunque costituire un danno risarcibile.
Cane del vicino che abbaia in continuazione: cosa dice il Codice penale
I versi “molesti” degli animali possono anche integrare il reato di “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” previsto all’articolo 659 del Codice penale, secondo cui: “chiunque (…) non impedendo strepiti di animali disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309”.
Le condanne di custodi di animali per questo reato sono numerose e va chiarito come per la configurazione dello stesso non sia necessario che i rumori raggiungano effettivamente una pluralità di persone; è sufficiente, come dice la Cassazione penale nella sentenza n. 36241 del 2004, la sola “potenzialità diffusiva” della fonte stessa, che deve essere oggettivamente idonea a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero della generalità dei soggetti che fossero attinti dai rumori.
Quanto detto sinora – con riguardo agli aspetti civilistici ma anche penalistici della questione – conduce alla conclusione che nei rapporti tra vicini, anche in tal caso, sono necessari una buona dose di tolleranza e un minimo di buonsenso. Gli animali hanno certamente diritto di esprimersi mediante l’emissione dei propri versi. Questo è pacifico. Allo stesso tempo, però, i pet mate hanno l’obbligo e il dovere di impedire che questi versi siano molesti, eccessivi, che arrechino un disturbo non tollerabile da chi vive nei dintorni.
Le norme, se solo si seguissero questi principi di civiltà, sarebbero addirittura superflue.