La scoperta di una nuova specie di rettile marino proveniente dalla Cina è stata recentemente annunciata tra le pagine della rivista di paleontologia The anatomical record. Si tratta di un antico archosauromorpha, una specie di rettile diapside che visse durante il Triassico, circa 200 milioni di anni fa, e che è strettamente imparentato con coccodrilli e dinosauri. Gli scienziati hanno deciso di chiamare l'animale Gracilicollum latens, per via del collo molto lungo e sottile di cui è costituito il fossile, che ha permesso di compiere la prima identificazione della specie. I reperti di questa nuovo animale sono stati ritrovati presso i sedimenti della Formazione Guanling, nella provincia di Guizhou.
Secondo lo studio, pubblicato tra l'altro da alcuni membri dell‘Accademia nazionale delle Scienze cinesi, il G. latens è tra le specie più antiche mai scoperte, fra quelle finora ritrovate appartenenti a questo genere. E possiede anche uno dei colli più lunghi del periodo (di circa 2 metri) avendo infatti una quantità di vertebre cervicali superiore alla media. Almeno 18, da quanto osservato daireperti.
Sebbene però la specie possieda caratteristiche anatomiche simili ad alcuni suoi parenti come lo Tanystropheus, che visse quasi nello stesso periodo, gli scienziati ritengono che il G. latens abbia adottato in verità una strategia di "allungamento e dello sviluppo del collo" analogo a quella del Dinocephalosaurus, una specie che lo precede di circa 40 milioni di anni. Questi animali, infatti, presentano – oltre che a un numero maggiore di vertebre – delle spine neurali basse, simili a chiglie, che permettevano agli adulti di queste specie di possedere un collo dotato da grande elasticità, capace di raggiungere angolazioni del capo superiori ai 45° gradi che risultavano semplicemente impossibili da effettuare per altri animali.
La struttura stessa di queste vertebre inoltre si può spiegare con la natura predatoria di questa specie, chiariscono gli scienziati cinesi. Il G. latens infatti era un grande cacciatore di pesci e sfruttava il suo lungo collo e la capacità del capo di assumere angolazioni estreme per sbucare "dal nulla" vicino ai banchi di prede, in maniera simile a quanto si sarebbe visto più tardi, durante il Cretaceo, con l'elasmosauro o il plesiosauro che attualmente presenta il record di collo più lungo fra quelli scoperti.
Il collo di questo rettile marino era così lungo che quasi metà dell'intero organismo dell'animale era infatti costituito dalla testa e dalle vertebre. E nel caso in cui avesse raggiunto la terraferma, i paleontologi asseriscono che si sarebbe mosso con estrema difficoltà, poiché in assenza di un sostegno come l'acqua sarebbe stato molto difficile per lui muovere o sollevare la testa, anche semplicemente per guardarsi le spalle. Proprio per questo motivo, si presume che il G. latens vivesse la maggioranza della sua intera esistenza sotto la superficie dell'acqua e che non amasse particolarmente emergere, se non per respirare e per momenti sporadici, come estremo sistema di difesa, nei confronti degli altri predatori marini.
D'altronde durante il nuoto proprio il lungo collo poteva rappresentare un punto debole per la specie. Esso infatti poteva essere attaccato da molteplici direzioni e il semplice morso da parte di un predatore più grande poteva mozzare la testa a un individuo. Per ovviare a questo e per sfuggire dai grandi predatori oceanici, si presume che gli antichi G. latens si rifugiassero come i loro cugini successivi nei tratti di mare basso, antistanti la costa. Questo perché si trattavano di aree molto più protette rispetto le zone di mare profondo ed inoltre garantivano una maggiore quantità di cibo, soprattutto in quelle aree in cui si sviluppavano le barriere coralline che – ieri come oggi – ospitavano un gran numero di forme di vita differenti.