Molti ritengono che l'era delle grandi scoperte si concluse con la fine del XVI secolo. Ogni continente era stato svelato e la mappa del globo era quasi completamente perfezionata. Recenti studi, però, sconfessano questa credenza: l'era delle grandi scoperte non è mai terminata, l'interesse si è solo spostato nel profondo degli abissi marini. Infatti, visitando profondità inesplorate nelle Maldive un gruppo di ricercatori ha recentemente scoperto un nuovo ecosistema marino: "The Trapping Zone".
Lo spirito di avventura dunque non è mai morto ed è ancora possibile avventurarsi alla scoperta di luoghi sul quale l'occhio umano non ha mai posato lo sguardo. Per far parte di una missione del genere, però, non c'è bisogno di armarsi del classico cappello a visiera larga da esploratore, calzoncini e scarponi da rocciatore, ma di uno scafandro e di un mezzo di trasporto a tenuta stagna.
Così hanno fatto i ricercatori dell'Università di Oxford coinvolti nella missione Nekton Maldives che immergendosi a 500 metri di profondità nell'Oceano Indiano si sono imbattuti in un ecosistema mai visto dall'uomo e che hanno chiamato "The Trapping Zone".
Siamo quindi seduti insieme agli studiosi nello stretto abitacolo del sommergibile Omega Seamaster II, veicolo per l'esplorazione sottomarina armato di fotocamere di precisione e braccia meccaniche per prelevare campioni dell'ambiente circostante. Il buio ci circonda e ci sentiamo soli in mezzo a quella immensa massa d'acqua ma non demordiamo: il fuoco della nostra passione per l'esplorazione dell'ignoto arde e ci infonde coraggio.
Utilizzando il potente sonar del sottomarino i ricercatori sono riusciti a creare una mappa tridimensionale della zona includendo addirittura le forme di vira organiche che la popolano, inclusi predatori come squali e altri grandi pesci che si nutrono di piccoli organismi che fanno parte del micro-Nekton.
Con questo termine si indicano piccole creature marine che possono nuotare indipendentemente dalla corrente marina e in genere utilizza l'oscurità della notte per migrare dalle profondità marine alla superficie per poi rituffarsi negli abissi all'alba, un fenomeno biologico chiamato "migrazione verticale". In questa zona, però, succede qualcosa di particolare e il micro-Nekton rimane intrappolato a circa 500 metri di profondità.
A bloccare il loro spostamento sono gli strati vulcanici sottomarini e le barriere carbonatiche fossilizzate che formano la base degli atolli maldiviani a 500 metri di profondità. Queste strutture geologiche sono costituite da ripide scogliere verticali e larghi terrazzamenti e formano un vero e proprio impedimento fisico invalicabile per i microrganismi che, giunta l'alba, cercano di tornare in profondità ma rimangono inevitabilmente intrappolati.
Un ecosistema, però, non si costituisce solo da microrganismi, ma necessita di una fitta rete di connessioni alimentari, comportamentali e sociali con altre comunità animali e vegetali. Ed ecco, dunque, che il micro-Nekton attrae subito i grandi predatori pelagici, tra cui banchi di tonno e squali, insieme ai misteriosi pesci abitanti delle acque profonde tra cui il Pseudocyttus maculatus che gli anglofoni chiamano "pesce oreo appuntito" poiché il suo colore ricorda proprio quello del famoso biscotto. Fra gli squali, invece, ci sono quelli tigre, i rari squali seta, gli squali tigre della sabbia e alcuni pescecane, termine con cui si indicano diverse specie appartenenti agli elasmobranchi.
Dunque, sia la conformazione geografica che il brulicare di vita di quella zona confermano che a tutti gli effetti si tratta di un nuovo ecosistema con caratteristiche ambientali mai viste prima. La più importante e reale motivo dell'esistenza stessa dell'intero ecosistema è proprio la presenza del micro-Nekton intrappolato che dà il nome stesso all'ecosistema The Trapping Zone, che significa letteralmente "La Zona Trappola".
Data l'importanza della scoperta lo stesso presidente delle Maldive Ibrahim Mohamed Solih ha voluto sottolineare come ora l'uomo debba cercare di non degradarlo: «La scoperta della "The Trapping Zone", una vera oasi di vita nelle profondità delle Maldive, ci fornisce nuove conoscenze critiche che sostengono ulteriormente i nostri impegni di conservazione e gestione sostenibile degli oceani».