Gli alligatori asiatici (Alligator sinensis) sono molto più rari e misteriosi rispetto ai loro cugini americani. Ciò però non deve stupire, visto che da anni le loro popolazioni stanno subendo un grave declino demografico. Principalmente confinati all'interno di alcune regioni centro meridionali della Cina, sono stati, infatti, perseguitati per secoli dagli abitanti delle sponde fluviali del paese, in quanto la loro carne avrebbe "proprietà magiche" portentose. Oggi la specie è perciò a rischio di estinzione e non sono nemmeno ancora chiare le sue origini evolutive.
Fortunatamente, una recente scoperta paleontologica sta permettendo agli studiosi di comprendere quanto meno quali sono stati i primi passi degli antenati di questi animali. Una notizia che non permette solo di conoscere meglio la storia degli alligatori asiatici, ma anche di valorizzare ulteriormente la loro presenza in Cina per incentivare i progetti atti alla salvaguardia e alla maggiore comprensione della specie.
L'antenato dell'odierno A. sinensis non è stato tuttavia trovato in Cina. Proveniente infatti dalla vicina Thailandia ed è stato descritto grazie al ritrovamento di un cranio quasi completamente conservato di circa 230.000 anni. L'Alligator munensis potrebbe essere il diretto progenitore della specie cinese, il cui nome trae origine dal sito dello scavo, vicino al fiume Mun. Entrambe le specie risultano essere si piccole dimensioni rispetto agli alligatori americani o ai più grossi coccodrilli australiani e africani. Non raggiungendo infatti i 160 cm di lunghezza e i 40 kg di peso, questi animali vengono infatti spesso ricordati dagli studiosi come i coccodrilli più piccoli e leggeri del mondo ed anche in passato molto probabilmente possedevano questo record.
La nuova specie è stata scoperta dai paleontologi Gustavo Darlim, Márton Rabi, Kantapon Suraprasit e Pannipa Tian, che formavano un team di ricerca provenienti da diverse università del mondo. Il ritrovamento è stato inoltre descritto e pubblicato sulla rivista Scientific Reports, in cui si possono leggere anche i resoconti dei lavori di scavo.
Dal punto di vista evolutivo, i paleontologi ora ritengono quindi gli alligatori asiatici come originari delle regioni del sud-est della Cina, da cui si sarebbero successivamente spostati verso l'entroterra sfruttando l'elevato numero di percorsi fluviali che mettono in comunicazione queste due differenti aree dell'Asia. Ciò però non ha sorpreso più di tanto i biologi e i geografi. I fiumi che è possibile trovare ancora oggi in quest'area sono fra i più importanti dell'intero continente e sono anche fra i più lunghi dell'intero pianeta. Basti pensare ai fiumi Mekong o Yangtze per capire la grande disponibilità di acqua e di territorio di cui potevano godere questi animali.
I paleontologi hanno inoltre identificato diverse caratteristiche che rendono A. munensis una specie più arcaica rispetto a A. sinensis, dimostrando a tutti gli effetti che il cranio da loro ritrovato appartiene ad una specie differente ed immediatamente precedente alle forme attuali di alligatori. Tra queste caratteristiche arcaiche è possibile nominare un muso largo e corto, un cranio più alto rispetto la specie odierna, un numero ridotto di cavità dentali, che indica un minor numero di denti, e narici posizionate lontano dalla punta del muso.
A rendere però simili i due animali – almeno prendendo come punto di riferimento il cranio – è possibile osservare la presenza di una piccola apertura nel palato della bocca, una cresta sulla sommità del cranio, tipica proprio delle specie asiatiche, e una cresta rialzata di rinforzo dietro le narici, che contengono i recettori principali dell'olfatto.
A rendere però ancora più particolare il ritrovamento è l'analisi effettuata sulle cavità dentali del reperto. A. munensis sembra infatti essere dotato di pochi denti dalle notevoli dimensioni, soprattutto al livello posteriore della bocca. Questo ha suggerito agli esperti che l'animale potesse cibarsi di cibi particolarmente duri e difficili inghiottire per intero. In un primo momento si è pensato che questi denti potessero essere utili per frantumare le ossa di grandi erbivori, come avviene nelle piane del Serengeti in Africa, ma le tozze forme del muso dell'alligatore non permettono di supportare appieno questa teoria.
Alla fine è risultato chiaro che la dieta di questi antichi antenati degli alligatori asiatici moderni si cibavano di animali dotati di corazze, conchiglie e valve. Animali come lumache, cozze, mitili di vario tipo e talvolta persino crostacei, le cui superfici resistenti necessitavano di un apparato boccale forte e non troppo elastico per essere frantumate, con denti grandi in grado di perforare anche i materiali più duri.
I fiumi in cui attualmente vivono le specie odierne, ma anche i vecchi percorsi fluviali in cui abitavano i loro antenati, sono ancora oggi abitati da queste tipologie di prede ed è per questo che forse che si instaurò il primo conflitto fra questi alligatori e la nostra specie o con i nostri stretti parenti. Quando infatti sopraggiunse l'uomo, probabilmente, i rettili furono costretti ad allontanarsi dalle aree abitate dalla nostra specie.
Quel che è certo, è che gli alligatori asiatici odierni stanno rischiando l'estinzione per colpa della caccia che abbiamo effettuato nei loro confronti e per colpa dei diversi fattori antropici che minacciano habitat e corsi fluviali cinesi. La costruzione delle dighe e la presenza costante delle reti da pesca hanno infatti sterminato questa specie, anche durante il corso del Novecento.