Dei molluschi molto simili a delle lumache di mare. I colori appariscenti come elemento immediatamente riconoscibile. Una ricercatrice del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali dell’Università del Salento ha pubblicato sulla rivista Acta Adriatica i risultati di una ricerca sulla pigmentazione dei nudibranchi. Mentre si credeva che la specie individuata avesse una colorazione peculiare sul rosato con delle macchiette bianche, attraverso l’analisi del DNA si è riusciti a dimostrare che quella stessa tipologia di nudibranco può assumere una colorazione differente. La dottoressa Giulia Furfaro, infatti, ha trovato degli esemplari di Piseinotecus soussi, questo il nome della specie riconosciuta, con una pigmentazione arancione nelle acque di Santa Maria al Bagno, in Salento.
Andiamo con ordine, però. Capiamo prima di tutto chi sono i nudibranchi. Questi organismi della classe dei gasteropodi si trovano per lo più sul fondale marino e si sono adattati a vivere in tutti gli ambienti sommersi, dai primi strati superficiali fino al mare profondo, dai tropici ai poli. Nel corso della loro storia evolutiva hanno perso la conchiglia esterna che mantengono, invece, nella fase larvale, a testimonianza della loro origine in comune con gli altri gasteropodi conchigliati. A quanto pare, quindi, durante la loro evoluzione sono stati in grado di cambiare il proprio colore, anche all'interno della stessa specie.
«Mi occupo di studiare la biodiversità dei molluschi nudibranchi che abitano il Mar Mediterraneo – spiega Giulia Furfaro a Kodami – Queste lumachine di mare sono organismi fantastici, dalle forme del corpo estremamente variabili e dai colori molto appariscenti che li rendono soggetti molto graditi e ricercati anche dai fotografi e dagli appassionati subacquei di tutto il mondo. Studiare la diversità di specie di nudibranchi che popola il Mar Mediterraneo costituisce una sfida che porto avanti ormai da 15 anni e che mi ha dato tante soddisfazioni. Infatti siamo lontani dall'aver compreso tutto e nella mia ricerca ho avuto modo di descrivere e di dare un nome per la prima volta a 4 specie che non erano ancora note alla scienza».
Tutto è partito dalle immersioni scientifiche del team di ricerca che lavora con la dottoressa Furfaro, eseguite nel mare che circonda la penisola salentina. È stato proprio nell’ambito di queste attività che la ricercatrice e il fotografo naturalista subacqueo del Museo di Porto Cesareo Michele Solca, insieme al fotografo e amico Fabio Vitale, si sono imbattuti in un esemplare dalla colorazione del corpo che non richiamava nessuna delle specie mediterranee note. Hanno deciso allora di campionarlo per poter eseguire approfonditamenti in laboratorio. Dopo un'attenta osservazione allo stereoscopio ottico e un'analisi dei caratteri utili per riconoscere le varie specie fra loro, lo studio del DNA ha permesso di identificare quella di appartenenza, ovvero il Piseinotecus soussi. Solo che l’aspetto era diverso da come lo classificavano precedentemente tutti i manuali.
«La colorazione tipica di questa specie, infatti, è di fondo rosa con delle piccole macchiette bianche sparse lungo il corpo e i cerata, che sono una sorta di ciuffetti o estroflessioni che presentano sul dorso e che contengono ramificazioni del sistema digerente – ci spiega la ricercatrice – l'esemplare atipico invece mostrava un corpo bianco, con i cerata arancioni, ed era caratterizzato dall'assenza delle macchie bianche. Questo risultato è interessante perché mostra il caso in cui un aspetto molto diverso della colorazione del corpo appartiene alla stessa specie, a differenza di quanto invece accade di solito. Sicché una variabilità morfologica può corrispondere a un caso di specie diverse ma fino ad allora ignorate e considerate invece come una unica specie, con conseguente sottostima della biodiversità».
Resta da capire, a questo punto, come mai siano stati individuati degli esemplari facenti parte della stessa specie ma con una pigmentazione così diversa: «La colorazione nei nudibranchi può dipendere da tanti fattori e molti di questi ancora non sono ben chiari – aggiunge – a volte la dieta differente può portare a variazioni di colorazione perché alcuni colori sono trasmessi dagli organismi di cui si nutrono. Non può essere questo il caso, però, poiché questi esemplari dalla colorazione atipica mangiavano lo stesso tipo di cnidari idrozoi di quelli dalla colorazione abituale. Questa possibilità, dunque, è da escludere. Saranno necessarie altre osservazioni. Per ora possiamo dire che non sempre la diversità che osserviamo rispecchia una lontananza di “parentela” o di affinità biologica. A volte può essere l'espressione di una variabilità caratteristica di una specie singola. Comprendere queste dinamiche e il grado di variabilità morfologica che le specie hanno, può rivelarsi importante anche per capire in che modo l'evoluzione agisce su questi organismi e può mettere in evidenza possibili processi biologici utili ai fini della protezione delle specie e della valorizzazione del patrimonio sommerso che abbiamo la fortuna di avere».
Tra l’altro questa specie individuata nelle acque salentine è una lontana parente di un altro nudibranco che sta facendo parlare molto si sé, il drago blu, che oltre a possedere una forma del corpo davvero unica e affascinante, è anche uno dei pochissimi nudibranchi in grado di vivere sulla superficie del mare trasportato dalle correnti marine superficiali. Di recente un video circolato su TikTok con una persona che lo maneggia è diventato virale. L'incauto protagonista della ripresa non sa, evidentemente, che entrare in contatto con le sostanze urticanti che può emettere è potenzialmente molto pericoloso. Va detto che, diversamente rispetto allo Piseinotecus soussi, si tratta di una specie che normalmente non si trova nelle acque del Mediterraneo anche se di recente è stata avvistata lungo le coste orientali della Spagna. Del resto la sua colorazione è un segnale di avvertimento chiaro che madre natura ha mandato ai naviganti: state attenti che qui rischiate di farvi male.
*le foto sono gentilmente concesse da Michele Solca, fotografo subacqueo naturalista del Museo di Porto Cesareo