Le barriere coralline non sono più solamente un ecosistema fondamentale per innumerevoli pesci e invertebrati, come abbiamo pensato fino a questo momento. Una nuova ricerca, infatti, condotta dall'Università della Sorbona e da numerosi ricercatori, ha appena concluso una prima tranche di campionamenti su diverse barriere coralline dell'oceano Pacifico, effettuando una delle più grandi ricerche microbiologiche che siano mai state condotte. Ed il risultato è stato sorprendente: le barriere coralline si sono rivelate la casa di un numero davvero impressionante di batteri, diventando l'ecosistema microbiologicamente più ricco che sia mai stato osservato.
Secondo infatti Pierre Galand, primo autore dell'articolo pubblicato su Nature Communications, le specie sinora scoperte nelle 99 barriere visitate dagli scienziati superano il mezzo milione, dimostrando ancora una volta che sul pianeta vivono esponenzialmente più batteri di quanto stimassero i primi report degli anni Settanta. Per quanto però questo dato possa colpire i meno esperti per via del suo ordine di grandezza, erano già in molti, fra gli scienziati, a credere che gli ecosistemi marini potessero celare un numero davvero enorme di specie. Le barriere coralline sono considerate infatti dai biologi tra gli ecosistemi più ricchi di biodiversità fra quelli presenti sulla Terra. Ed era solo questione di tempo prima che qualcuno riuscisse a studiare i batteri presenti al loro interno.
I microbi delle barriere coralline hanno dimostrato di essere in grado di poter vivere un po' dappertutto, sia all'interno che sulle superfici dei vari coralli. Tuttavia, nessuno fino a questo momento aveva immaginato di poterne stilare una lista esaustiva, se non ora che le tecnologie sono progredite al punto tale da renderne fattibile un riconoscimento di massa.
Galand afferma infatti che il lavoro di questo progetto – per quanto abbia ovviamente richiesto anni per essere portato a termine – è stato possibile solo grazie all'evoluzione delle moderne tecniche di indagine genetica, che attraverso il lavoro di decine di microbiologi e di biologi marini, hanno permesso di raccogliere e sequenziare il DNA dei numerosi microrganismi che abitano le barriere.
Il progetto ha tenuto occupati gli scienziati dal 2016 al 2019, interrompendosi solo in procinto della stagione pandemica causata dalla Covid-19, e prendeva il nome di Tara Pacific Expedition. In ognuno dei 99 siti esplorati, i ricercatori hanno raccolto diversi campioni di plancton, oltre a tre specie di coralli e due specie di pesci, accumulando un numero totale di 5.392 campioni. Gli scienziati hanno optato per questa scelta nel tentativo di riuscire a ottenere il range più ampio possibile di batteri potenzialmente presenti nelle barriere. Ma che ruolo svolgono questi organismi all'interno di questi preziosi ecosistemi?
Come primo effetto, la presenza dei batteri nella barriera è utile perché contribuisce a mantenere in salute i coralli, ha sottolineato Galand. I batteri possono infatti aiutare questi animali a ottenere i nutrienti di cui hanno bisogno e che non riuscirebbero a ottenere tramite la normale alimentazione. Inoltre, sono presenti anche nel corpo di diverse spugne, meduse, e pesci, che sono così più resistenti a eventuali patologie. Per di più aiutano i coralli anche a resistere meglio allo stress causato dall'eccessive temperature. Un fenomeno noto come shock termico, che sempre più di frequente minaccia le barriere coralline australiane o del Mar Rosso.
«Ciò fa pensare che l'eventuale scomparsa di numerose specie di batteri potrebbe causare un'instabilità ecologica grave che complicherebbe i delicati equilibri che permettono a molti coralli di sopravvivere alle pressioni di alcuni disturbi antropici», hanno spiegato i biologi in una conferenza stampa alla Sorbona tenutasi lo scorso 31 maggio per presentare i risultati preliminari del loro studio.
Tale diversità può essere d'altronde sfruttata dalle barriere come una sorta di "assicurazione ecologica", ha commentato Galand. Ad esempio, visto che diverse specie di batteri riescono ad aiutare i polipi dei coralli, che così riescono a nutrirsi meglio, qualora dovesse estinguersene una, con così tanta diversità, i coralli non avrebbero grossi problemi. Altri batteri, infatti, giungerebbero in loro soccorso sostituendosi ai ceppi estinti.
Gli scienziati quindi chiedono che le nuove politiche di protezione delle barriere coralline inizino a prendere in considerazione anche questa sottovalutata tipologia di biodiversità, con la speranza che tutelando i batteri da eventuali pericoli – primi fra tutti gli antibiotici utilizzati dalle industrie alimentari che finiscono nei fiumi – le barriere riescano ad affrontare meglio i pericoli che stanno già affrontando.