Sta facendo molto discutere la scoperta del rospo Kenyaphrynoides vulcani, una nuova specie sconosciuta che, in teoria, non dovrebbe esistere nel luogo in cui è stata trovata. Gli scienziati l'hanno infatti scovata qualche anno fa mentre s'inerpicava saltellando sui versanti di un vulcano, nel cuore della catena montuosa del Kenya.
E da allora la sua presenza risulta in parte ancora un mistero, visto che gli scienziati non si aspettavano di trovarla sulla seconda più alta vetta dell'Africa (dopo il Kilimangiaro). Recentemente, hanno anche cercato di indagare meglio le sue origini evolutive e il suo areale, confermando la sua presenza sul monte Kirinyaga, un vulcano spento, in uno studio pubblicato tra le pagine del Zoological Journal of the Linnean Society.
Il primo a descrivere questa specie è stato Simon Loader, curatore della collezione dei vertebrati del Museo di storia naturale di Londra. Secondo lui questo anfibio, a tratti un po' anonimo, è però un vero e propria enigma, poiché mette in discussione l'origine della fauna keniota e il concetto stesso di Intervallo del Kenya. Con questo termine i biologi descrivono infatti il netto contrasto faunistico ed ecologico che esiste fra gli anfibi e i rettili del paese e quelli delle regioni vicine, frutto di una complessa storia geologica che ha praticamente causato in Kenya la formazione di montagne e valli molto recenti.
Solitamente gli scienziati guardando al Kenya hanno sempre visto un territorio molto giovane, che ospita quindi una variabilità ridotta di specie viventi, a differenza per esempio dell'Etiopia, del Congo o della Tanzania, aree geologicamente più vecchie. La presenza però di K. vulcani su uno dei vulcani più grandi del continente africano ha spinto gli scienziati a credere che la storia evolutiva della biodiversità locale sia molto più complessa di quanto finora ritenuto e che il Kenya non è poi un territorio così ostile agli anfibi come si pensava un tempo.
«Siamo rimasti davvero sorpresi nel vedere questo animale – hanno raccontato i ricercatori, tra cui il dottor Patrick Malonza e il dottor Victor Wasonga, curatori dei Musei nazionali del Kenya. – Mentre lo studiavamo per la descrizione formale, ci siamo infatti resi conto che non era simile a niente che avevamo visto prima e che l'unica specie che le somigliava nei libri di testo proveniva dalla Tanzania. Questa specie è chiamata Churamiti maridadi ed è un rospo arboricolo che vive nelle foreste pluviali delle montagne Ukaguru».
Come quest'altra specie, anche K. vulcani ha dimensioni ridotte, compie piccoli balzi e ha una pelle contrassegnata da strisce sull'epidermide verdi e marroni. I suoi polpastrelli allargati, inoltre, chiariscono la sua natura di scalatore e in effetti vivere sulle pendici di un vulcano, anche se spento, non deve essere semplice. Le zampe anteriori dispongono inoltre di pollici con punte acuminate, conosciute come spine nuziali. Queste strutture si trovano solo nei maschi di quelle specie che devono afferrare saldamente le femmine per stimolarle alla riproduzione.
Compiendo inoltre delle analisi genetiche, gli scienziati si sono resi conto che K. vulcani è più vicino evolutivamente e filogeneticamente ad altre popolazioni di rospi presenti nelle regioni più meridionali dell'Africa, condizione che rende ancora più misteriosa la sua storia e la sua comparsa in Kenya. Le teorie sono però tre, chiariscono Malonza e Wasonga. Questa specie potrebbe essere arrivata abbastanza recentemente in Kenya, trovandosi una nicchia ecologica sulla superficie del vulcano Kirinyaga, o il suo areale in realtà è molto più vasto, solo che fino a questo momento gli scienziati non si sono resi conto della sua presenza nel resto del paese.
La teoria però più interessante è quella che prevede in realtà un'origine molto antica della specie. Qualora infatti questo rospo abitasse il Kenya da svariati milioni di anni, vorrebbe dire che appartiene a un'antichissima stirpe di anfibi che per tutto questo tempo si è poi adattata alla nuova fauna e ai costanti cambiamenti geologici del paese, trovando via via un modo per sopravvivere.
Tutte e tre le teorie devono però essere ancora approfondite, soprattutto per superare il conflitto che si è andato a creare con le conoscenze e i modelli faunistici precedenti. Gli scienziati sperano quindi che con il prossimo anno possano essere scoperte nuove popolazioni di K. vulcani, così da poter analizzare anche il loro DNA e capire capire meglio la loro storia.