Gli archeologi egiziani hanno appena trovato una nuova tomba nella pianura di Saqqara. La località è nota per essere il luogo in cui è possibile ammirare la famosa piramide a gradoni di Djoser e dove è ancora possibile trovare tesori provenienti dalla sua dinastia. Proprio in una di queste tombe è stata rinvenuta una mummia appartenuta ad un uomo di nome Hekashepes che visse circa 4.300 anni fa: si presenta completa e se la datazione dovesse essere confermata con il radiocarbonio, si tratterebbe della più antica mummia egizia mai ritrovata.
A circondare la tomba c'erano diversi oggetti funerari tipici dell'epoca, tra cui alcune statuette che rappresentano scene di vita quotidiana in cui vengono raffigurati dei servi intenti a curare per l'eternità il loro capo famiglia. Ad impreziosire però il ritrovamento ci sono un grande numero di geroglifici, presenti sia all'ingresso della struttura funeraria che all'interno della tomba.
Non sono stati ritrovati, per quello che finora hanno comunicato le autorità egiziane, mummie o statuette di animali. Questo però non sembra stupire gli archeologi, consapevoli che le mummie di animali (principalmente cani, gatti, coccodrilli, aironi e scimmie) sono principalmente presenti vicini ai santuari o dentro le tombe più sfarzose delle personalità più in vista dell'antica amministrazione faraonica. Inoltre la tomba di Saqqara proviene dall'antico regno.
Mummie di animali sono stati ritrovate invece prevalentemente all'interno delle tombe del nuovo regno e del periodo tardo. La presenza di animali nelle tombe più vecchie era di fatto più limitata, anche a causa del fatto che i ritrovamenti di questo periodo sono molto meno numerosi.
I meravigliosi disegni presenti però nella tomba di Hekashepes mostrano come anche gli antichi egizi fossero immersi in un contesto naturale che li spingeva a usare come simboli diverse specie animali.
Perché questo antico popolo aveva la pratica di disegnarli? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo riferirci direttamente al mondo di 4.300 anni fa e alla cultura egiziana, approfondendo cosa è un geroglifico.
Ogni animale ha un significato
Per comprendere l'origine della scrittura geroglifica, dobbiamo immaginarci di appartenere al mondo degli antichi scribi egiziani, vissuti 4000 anni fa, in maniera simile a quanto fatto da Jean-François Champollion, egittologo francese che è stato il primo, durante le campagne napoleoniche in Egitto, a decifrare i geroglifici nel 1822.
L'epoca degli antichi egizi era un mondo ancora dominato dalle forze della natura. Ogni anno il Nilo subiva in due occasioni una piena che riversava per sulle terre un importante contributo di limo nutritivo che rendeva la regione fra i più fertili del mondo. Poco lontano dalle rive del fiume e dalle città, quasi completamente costituite di legno, fango e papiro, c'era il deserto con le sue numerose oasi ricche di animali e di piante caratteristiche e pericolose.
Al principio dello sviluppo del linguaggio e della cultura egizia, in una fase antecedente alla dinastia di Djoser, è stato dunque normale per gli scribi prendere in prestito le forme e il comportamento di certi animali, tipici del loro territorio, per esprimere concetti, suoni e formare così da una parte una grammatica complessa, ma anche una mitologia strutturata e avvincente, in maniera del tutto simile a quanto sarebbe avvenuto successivamente per la civiltà minoica dell'Egeo.
É proprio a causa di quest'assunzione di significato dei simboli e degli animali se i semplici disegni degli aironi, delle scimmie, dei serpenti, dei falchi e degli stercorari hanno ottenuto via via sempre più importanza, fino a divenire a tutti gli effetti l'equivalente di alcune parole.
Con l'uso costante di questi simboli da parte degli scribi ufficiali di corte nel tempo l'impiego dei geroglifici si è fissato nella cultura dell'epoca e secondo alcuni esperti ha anche influenzato lo sviluppo della loro fede che è particolarmente ricca di divinità antropomorfe che presentano per esempio la testa di un leone, di un coccodrillo, di un ippopotamo e così via.
Non è infatti un caso se il suono dell'occlusiva palatale sonora ḏ – scritta foneticamente ancora oggi come /ɟ/ – veniva rappresentata come un cobra, che talvolta emette un suono simile. E non è un caso se la dea della rigenerazione Heket veniva rappresentata come un rospo di cui erano note le sue mutazioni che portavano il corpo dell'animale a passare dalla fase di girino a quello di adulto.
Di preciso, nella tomba appena scoperta di Saqqara, possiamo ritrovare i geroglifici degli aironi, delle ibis, delle aquile e dei falchi sulla superficie della porta d'ingresso. Da notare anche che molte di queste creature, oltre a rappresentare i simboli dei vari dei Thot, Sokaris, Horus, appartenevano alla biodiversità della fauna fluviale dell'epoca. Indirettamente, indicano i luoghi geografici che erano rinomati al tempo in cui erano presenti queste specie. Ed è per questo che gli studiosi studiano i geroglifici anche per effettuare studi di paleozoologia.