Non tutte le più grandi scoperte nel campo della paleontologia avvengono dentro i classici contesti di scavo che tutti noi conosciamo attraverso i film. Il caso di Leviathanochelys aenigmatica, fossile di un chelonide risalente a 83 milioni di anni fa, scoperto nei Pirenei, è fra quelli che si distinguono per la sua imprevedibilità.
Lungo 3,7 metri, con un nome che riporta alla mente il famoso mostro biblico del Leviatano, Leviathanochelys aenigmatica è vissuto durante il Cretacico superiore, in un mondo dominato ancora dai dinosauri nella terraferma e dai mosasauri dentro l'acqua. La sua scoperta è stata assolutamente fortuita: i fossili sono stati trovati nell'estate del 2016 nei pressi di Cal Torrades da un escursionista di passaggio, che ha subito avvertito il Museo de la Conca Dellà che possiede al suo interno una grande collezione di reperti paleontologici.
Senza la prontezza e l'onesta di questo escursionista, probabilmente oggi saremmo privi di uno dei più grandi ritrovamenti della storia della paleontologia iberica. Gli scavi presso Cal Torrades però sono avvenuti solo dopo l'estate del 2016, dopo che era stato effettuato un intervento di emergenza per preservare i resti che erano stati esposti all’aria aperta.
Leviathanochelys aenigmatica, la tartaruga marina più grande mai esistita
Leviathanochelys aenigmatica è una specie alquanto interessante. Per prima cosa, lo studio preliminare effettuato da Oscar Castillo, il tesista a cui era stato affidato il compito di studiare e pulire i reperti, ci ha permesso di comprendere come i resti appartenessero ad un vero e proprio colosso, appartenendo alla più grande specie di tartaruga marina mai ritrovata in Europa. Seconda per dimensioni solo alle specie del genere Archelon del Nord America, lunghi fino a quattro metri e mezzo.
La pubblicazione dell'articolo "A gigantic bizarre marine turtle (Testudines: Chelonioidea) from the Middle Campanian (Late Cretaceous) of South-western Europe”, pubblicato su Scientific Reports da Oscar Castillo-Visa, Àngel H. Luján, Àngel Galobart e Albert Sellés dell’Instituto Catalano di Paleontologia Miquel Crusafont dell’Università Autonoma di Barcellona ci ha invece però dopo permesso di comprendere appieno l'importanza del ritrovamento, fra i più notevoli del continente europeo degli ultimi tempi.
La specie, fra le più antiche rappresentanti della famiglia dei Chelonioidea, presenta infatti delle protuberanze nella parte anteriore del bacino che non si erano mai viste in nessun’altra tipologia di tartaruga. Queste proiezioni ossee erano probabilmente degli adattamenti ancestrali utili nel controllo della contrazione del ventre dell’animale ed erano legate ai muscoli che contribuivano ad aiutare il sistema respiratorio di Leviathanochelys durante le immersioni. Inoltre il bacino quasi completo dell'animale misura quasi 90 centimetri di larghezza. Un vero e proprio record, che conferma come la tartaruga Leviatano si dimostri gigantesco in ogni sua caratteristica.
I Pirenei non sono nuovi a scoperte significative: in questa regione sono state infatti descritte tre specie uniche di dinosauri, come il gigantesco Abditosaurus , un titanosauro erbivoro lungo oltre 15 metri, il minuscolo teropode Tamarro e il primitivo adrosauro Fylax. Non erano però mai stati ritrovati dei fossili di origine marina appartenenti ai rettili mesozoici nella regione. Con il senno di poi, sarebbe stato però strano continuare a non trovarli. I Pirenei durante il Mesozoico, e nello specifico nel Cretaceo, erano sommersi e l'intera zona dell'attuale penisola iberica settentrionale era l'habitat perfetto per i pesci e i rettili marini. Le allora acque dell'Atlantico settentrionale erano infatti attraversate, oltre che da tartarughe giganti e da squali, da plesiosauri e dai pericolosi mosasauri, ritenuti da molti paleontologi come i migliori predatori marini che l'evoluzione abbia mai prodotto. Mentre fiumi, laghi salmastri e spiagge bianchissime erano il paesaggio di molte isole che era possibile ritrovare attorno alle aree dell'attuali Berguedà, Alt Urgell, Pallars Jussà e Noguera.
Una famiglia di grossi nuotatori
La specie di tartaruga marina vivente più grande è la tartaruga liuto, Dermochelys coriacea. Essa vive ai tropici ma occasionalmente può essere avvistata anche nel Mediterraneo e nel mar Baltico, in Norvegia, anche grazie al sovra riscaldamento oceanico indotto dal mutamento del clima. Sono animali che raggiungono comunemente circa 2-3 metri di lunghezza e sono tra le specie di tartarughe marine più a rischio di estinzione, principalmente per colpa della pesca industriale.
Per quanto le specie moderne siano più piccole rispetto ai loro antichi parenti mesozoici, gli scienziati si sono domandati quale parentela ci fosse fra l'attuale tartaruga più grande le mondo e la tartaruga Leviatano. Le prime ricerche mettono però in discussione la teoria che vuole la specie scoperta nei Pirenei come antenata della Liuto. Si comincia infatti a sospettare che le specie di Protostega e Archelon scoperte in America siano le vere antenate delle moderne tartarughe marine, diversificatesi già all'epoca del tardo Giurassico, oltre 145 milioni di anni fa, in quanto la scoperta delle protuberanze ossee nei resti di L. aenigmatica – inesistenti in altre tartarughe, soprattutto in quelle moderne – fornirebbero delle prove che renderebbero questa specie solo un parente acquisito della Liuto. Un vecchio parente dimenticato, che non fa parte direttamente della linea filogenetica che ha condotto le tartarughe giurassiche a sviluppare le forme attuali, ma solo di un ramo secondario dell'evoluzione dei chelonidi.
Come sostengono gli autori dello studio, è molto probabile inoltre che le tartarughe marine abbiano raggiunto dimensioni così gigantesche più volte nel corso della loro evoluzione, soprattutto per difendersi dall'attacco dei predatori di media dimensione. L. aenigmatica rivela tuttavia che le tartarughe marine giganti fossero presenti su entrambe le sponde dell’Atlantico, poco prima dell'estinzione dei dinosauri, e che potrebbero esserci altre specie ancora da scoprire, soprattutto in Europa. Inoltre ci dimostra come la fortuna sia importante anche per questa tipologie di ricerche. Senza il contributo di un singolo escursionista, oggi sapremmo molto di meno rispetto l'antico ecosistema marina di questo angolo di mondo.