Un tragico incidente è avvenuto nei giorni scorsi in Guinea, nell'Africa occidentale, vicino a Bossou, una località situata all'interno della "Mount Nimba Strict Nature Reserve". Secondo le fonti locali, uno scimpanzé maschio adulto avrebbe trascinato nella foresta una bambina di 8 mesi, Yoh Hélène, sottraendola alla madre che la teneva sulla schiena mentre lavorava nei campi. L'animale avrebbe successivamente ucciso la bambina, utilizzando strumenti come sassi o rami per mutilare il suo corpo. Tuttavia, la dinamica esatta dell'incidente rimane poco chiara.
La regione è nota per la convivenza tra la popolazione locale e un piccolo gruppo di scimpanzé occidentali, o scimpanzé di Guinea, che sono oggetto di studio da oltre 30 anni, in particolare per il loro uso di utensili per procurarsi il cibo. Dopo il ritrovamento della bambina, la notizia ha provocato una reazione di rabbia da parte degli abitanti locali, che hanno vandalizzato le strutture del Bossou Environmental Research Institute, un centro di ricerca costruito dall'Università di Kyoto nel 1976. Attrezzature scientifiche, come computer, droni, fototrappole e documenti, sono state distrutte, causando gravi danni alla ricerca scientifica e a decenni di lavoro. Sembra che anche le scimmie presenti nel centro, detenute temporaneamente per la riabilitazione in natura, possano essere state vittime della violenza. Questo episodio riflette un crescente sentimento di ostilità verso gli animali selvatici e rischia di intensificare ulteriormente i conflitti tra esseri umani e fauna. Tali tensioni, se non gestite, possono portare a un ciclo pericoloso di incomprensione e scontri.
Le possibili cause dell'attacco
Un simile attacco, purtroppo , non ha sorpreso gli esperti di primati e gli studiosi locali. Dall'inizio dell'anno, infatti, si sono già verificati altri sei episodi di aggressione verso esseri umani. La riserva del Monte Nimba, che ospita oltre 200 specie vegetali e animali, compresi gli scimpanzé, è un sito patrimonio dell'UNESCO, ma la sua sopravvivenza è messa a rischio da diversi fattori: l'aumento della popolazione, il bracconaggio, le attività minerarie e il disboscamento. Quest'ultimo, in particolare, sta distruggendo ampie aree di vegetazione, convertendole in terreni per l'agricoltura e il pascolo. L'impatto antropico ha ridotto progressivamente l'habitat naturale dei primati, aumentando le occasioni di contatto tra loro e le comunità locali.
Gli scimpanzé di questa regione sono spesso protetti dagli abitanti del luogo, che li considerano portatori delle anime dei loro antenati reincarnati e offrono loro cibo e doni. Questo ha reso gli animali più confidenti e li ha spinti ad avventurarsi oltre i confini delle aree protette, specialmente quando la disponibilità di risorse naturali è limitata. Gli scimpanzé, come altre specie, si spostano liberamente dentro e fuori le foreste, e spesso la scarsità di risorse alimentari li porta a cercare cibo vicino agli insediamenti umani. Villaggi e città offrono un facile accesso al cibo, che spesso viene lasciato incustodito, intensificando così il contatto tra scimpanzé e persone e creando dipendenze che riducono la capacità degli animali di autosostenersi nel loro habitat naturale. Questo fenomeno contribuisce inoltre ad aumentare i conflitti tra la fauna selvatica e la popolazione.
Commentando l'incidente, l'ecologo locale Alidjiou Sylla ha suggerito che proprio questa interazione sempre più frequente con gli esseri umani potrebbe essere la causa dell'avvicinamento che ha portato alla tragica morte della bambina. Tuttavia, la ragione dietro l’attacco potrebbe anche essere da ricercarsi nei comportamenti tipici degli scimpanzé, e nella loro somiglianza filogenetica ai primati umani.
Gli studi sull'aggressività dei primati
Gen Yamakoshi, ricercatore del Bossou Institute, ha osservato che i primati, specialmente in gruppo, possono sperimentare uno stato di eccitazione che spesso conduce a un'escalation di aggressività: «Non è chiaro se gli incidenti siano dovuti a motivazioni legate al cibo o all'eccitazione. Si tratta di un comportamento simile a quello che gli scimpanzé mostrano tra loro. Quando sono eccitati, non riescono a controllare il proprio comportamento».
Riguardo all'aggressività dei primati, diversi studi cercano di comprenderne i meccanismi, evidenziando somiglianze e differenze tra primati umani e non umani. La violenza sembra essere parte della vita di entrambe le specie, seppur con modalità diverse. A differenza degli esseri umani, i primati non umani non sembrano pianificare atti brutali in modo premeditato, ma reagiscono a motivazioni concrete come la ricerca di cibo, la difesa del territorio e, nel caso dei maschi, l'affermazione della leadership all'interno del gruppo. Gli scimpanzé, infatti, possono occasionalmente uccidere sia individui del loro stesso gruppo sia membri di altre specie, inclusi altri primati. Sebbene gli attacchi molto violenti siano rari e spesso evitati per ridurre il numero di vittime, quando si verificano è frequente che siano i soggetti più deboli, come cuccioli o neonati, a subirne le conseguenze.
Un esempio rilevante è uno studio del 2021 condotto dalle ricercatrici Elsa Addessi ed Elisabetta Visalberghi dell'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr, in cui sono stati documentati due episodi di attacchi di scimpanzé a gorilla di pianura, nei quali sono stati uccisi dei cuccioli.
Umanamente vorremmo individuare un colpevole unico da mettere alla gogna e condannare, per – diciamo – lenire il dolore. Tuttavia, parlare di giustizia in questi casi sarebbe inappropriato, poiché le altre specie non rispondono ai nostri codici etici e morali. Ciò che emerge da eventi drammatici come questo è l'urgenza di valutare con maggiore attenzione le nostre interazioni con l’ambiente e con le specie selvatiche. Le strutture scientifiche, come quella recentemente vandalizzata, che vantano anni di ricerca sugli scimpanzé, sono fondamentali per sviluppare questa comprensione. Solo attraverso lo studio approfondito del comportamento degli animali e una pianificazione attenta degli areali e degli habitat in cui vivono, possiamo prevenire simili tragedie. Soltanto capire il comportamento delle altre specie e fare attente valutazioni sugli areali e habitat di distribuzione in cui vivono, può prevenire tali tragedie, agendo con rispetto e lungimiranza, anziché reagire in modo impulsivo. Agire irresponsabilmente nei confronti del nostro stesso pianeta, ignorando le possibili conseguenze, è un rischio che non possiamo permetterci di correre.