I primi segni dell'arrivo dello sciacallo dorato (Canis aureus) in Italia risalgono a quasi 40 anni fa, eppure se ne parla ancora poco e la specie rimane piuttosto sconosciuta anche laddove la presenza è ormai stabile. Tra i carnivori del nostro paese, infatti, lo sciacallo non è certo il più famoso e, a causa della mancanza di conoscenze a riguardo, viene spesso confuso con altri canidi.
Per ridurre queste lacune, lo zoologo che per primo ha scoperto la presenza del mammifero in Italia, Luca Lapini, ha pubblicato un libro dal titolo "Sciacallo sarà lei", raccogliendo anni di ricerche e ricostruendo la straordinaria storia dell’arrivo della specie, di cui nel nostro Paese non esiste alcun reperto subfossile o fossile.
«Questo animale, purtroppo, è ancora vittima di molti pregiudizi di origine antica, superabili solo conoscendo meglio la specie – spiega a Kodami lo zoologo – Questo volume, vuole essere un invito alla lettura e alla scoperta, con l’obiettivo di diffondere le informazioni di cui siamo in possesso, in un percorso che vuole favorire la convivenza della specie con gli esseri umani».
Gli sciacalli vengono scambiati per volpi e lupi
Lo sciacallo dorato è arrivato in Italia dal Friuli Venezia Giulia e, negli ultimi anni, si è spostato rapidamente fino a raggiungere la Pianura Padana e poi superare il Po, arrivare in Toscana e addirittura in Lazio.
In Italia settentrionale è presente con circa 50 gruppi riproduttivi, uno dei quali è stato avvistato nel 2021 nei pressi di Fiavè, in Trentino. Il numero totale di esemplari viene prudentemente stimato in circa 250/300, a cui bisogna aggiungere anche circa 50 giovani maschi in dispersione, i quali si muovono in maniera isolata.
La definizione dell’areale di questo mammifero, però, non è affatto facile, perché nelle zone in cui la colonizzazione è più recente, viene spesso confuso con altre specie presenti da più tempo sul territorio, in particolar modo la volpe (Vulpes vulpes) e il lupo (Canis lupus). «Dal punto di vista scientifico dobbiamo basare gli studi sulla sua diffusione unicamente su avvistamenti certi – spiega Lapini – Siamo quindi consapevoli dell’enorme numero segnalazioni scartate a causa delle poche conoscenze sul loro aspetto».
Anche le tracce e le impronte della specie, non aiutano in questo difficile compito perché, per via della loro somiglianza con quelle di altri canidi, possono essere utilizzate solo come strumenti integrativi.
Ciò che invece spesso permette ai ricercatori di determinare la presenza della specie, rendendo davvero inconfondibili gli sciacalli, sono i loro vocalizzi: «Quando si sente il loro canto, non lo si dimentica più – racconta Lapini – Gli sciacalli sono chiacchieroni e ascoltarli è un vero piacere».
Questi mammiferi, infatti, hanno un repertorio vocale piuttosto vario: sibilano, sbuffano, ringhiano, guaiscono e soprattutto ululano, rendendosi distinguibili anche a grande distanza. I suoni hanno per loro una funzione socializzante che limita le interazioni aggressive tra gruppi e segnala, inoltre, la propria disponibilità sessuale.
I rischi dei conflitti con l'uomo: «Come tutti i carnivori, può generare conflitti con l'uomo»
Come spesso accade, però, la presenza di un carnivoro suscita opinioni fortemente contrapposte e il dialogo tra le parti in causa si complica. Da una parte si trovano allevatori e pastori, intenzionati a proteggere i propri animali, dall'altra invece chi riconosce la presenza dello sciacallo come una ricchezza per la biodiversità.
«Le posizioni sono talmente antitetiche da rendere difficile il dialogo tra le parti – spiega Lapini – In questo caso però, bisogna analizzare attentamente la dieta dell'animale per farsi un'idea chiara. Una fonte importante delle risorse di origine animale consumate dal canide è la mortalità stradale di altri vertebrati su cui lo sciacallo esercita la necrofagia. Ciò nonostante, secondo la letteratura, è in grado di abbattere anche animali più grandi di lui e non possiamo certo negare l'esistenza di questi eventi, seppur rari. Come tutti i carnivori, quindi, anche lo sciacallo può creare qualche conflitto con le attività antropiche, ma tendenzialmente ha comportamenti fortemente opportunistici, che lo portano a sfruttare la presenza di diversi tipi di risorse alimentari disponibili sul territorio».
I ricercatori che hanno avuto l’opportunità di analizzarne la dieta, dicono infatti di non stupirsi più di nulla. Tra i resti vegetali rinvenuti nei tratti digerenti, sono state osservate frequentemente foglie di graminacee, tracce di mangimi per ungulati, frutta dolce di origine domestica e selvatica, invertebrati, insetti, pesci e mammiferi.
Ma non basta, perché nei loro stomaci è stata rinvenuta anche una gran quantità di sacchetti di polietilene utilizzati per il conferimento dei rifiuti domestici, i quali vengono ingoiati dagli sciacalli con l’intero contenuto, sia esso edibile o no: «Tra le cose più assurde abbiamo rinvenuto cuoio, cicche di sigarette, fili elettrici, pezzi di plastica e caucciù – afferma Lapini – Esaminare lo stomaco di uno sciacallo è sempre un’esperienza interessante e certamente ti fa dimenticare la poesia dei loro canti».
Le sue abitudini alimentari, però, favoriscono ulteriormente la poco edificante immagine pubblica che lo contraddistingue, venendo erroneamente collegato all'idea di un animale lesivo per l'igiene ambientale. Questo fattore porta a frequenti fenomeni di bracconaggio, i quali rappresentano un notevole pericolo per la sopravvivenza dell'animale.
La dura vita degli sciacalli: raramente superano i 3 anni
Questi carnivori dalla dieta opportunista e decisamente variegata, hanno abitudini monogame e generalmente si uniscono in gruppi di 5 individui. I cuccioli escono dalla tana 40 giorni dopo la nascita e, per il primo periodo, vengono guidati da una sorella dell'anno precedente, imparando a raccogliere le risorse alimentari nell'home range familiare. I genitori, invece, si spostano in ambienti più estesi, senza smettere di proteggere il territorio.
Sebbene siano estremamente elusivi e cerchino di evitare gli incontri con gli esseri umani, la loro vita in natura è veramente molto breve: «La pressione ambientale è davvero elevata – spiega l’esperto – Sebbene le informazioni riguardanti la popolazione italiana siano ancora scarse, possiamo dire che raramente superano i 3 anni di vita. Spesso muoiono lungo le strade, ma vengono anche abbattuti durante le attività venatorie di caccia della volpe – spiega Lapini – Non possiamo prevedere la direzione che prenderà la coesistenza tra l'uomo e lo sciacallo, ma mi auguro che questa sia solo la prima di numerose pubblicazioni sul tema, perché nei prossimi anni sentiremo indubbiamente parlare tanto di questo animale».
Credits registrazione vocalizzazioni – Luca Lapini