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9 Febbraio 2023
16:23

Sanremo: anche la tutela dei cani e dei ghepardi in estinzione nella canzone simbolo delle proteste in Iran

Sul palco dell'Ariston, il monologo dell'attivista iraniana Pegah Moshir Pour dedicato alla lotta che ancora sconvolge il paese, porta in primo piano anche i diritti negati ai cani del paese islamico e ai ghepardi, ridotti a poche decine, e rappresentati dal piccolo Piruz nato a maggio in cattività.

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Giornalista
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Ci sono anche i cani e i ghepardi fra coloro per i quali si alza il grido di dolore lanciato da Baraye, la canzone di Shervin Hajipour che, dopo aver appena vinto ai recenti Grammy Awards 2023 nella nuovissima categoria “Miglior canzone per il cambiamento sociale”, ieri sera ha commosso tutti gli spettatori del Festival di Sanremo.

Il testo del brano, diventato l'inno delle proteste in Iran e cantato in tutto il mondo nelle manifestazioni scoppiate dopo la morte di Mahsa Amini, durante la seconda serata del Festival della Canzone Italiana è diventato centrale nel monologo di Pegah Moshir Pour, attivista iraniana in Italia dal 1998, che è salita sul palco dell’Ariston insieme a Drusilla Foer e si è esibita con un durissimo intervento contro la violenta repressione che insanguina l’Iran dall’uccisione della giovane ventiduenne.

I cani, impuri per l'Islam ma che gli iraniani amano tanto

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La famiglia reale iraniana al tempo di Reza Pahlavi e la moglie, Farah Diba, con il cane di famiglia in una foto d’epoca

«Per il ghepardo Piruz e la possibilità della sua estinzione, per gli innocenti cani fuorilegge» è stato scandito sul palco dell'Ariston, citando il testo della canzone e facendo così riferimento a due situazioni particolarmente drammatiche che riguardano l’Iran e i suoi animali. Nel Paese che dopo i giorni della rivoluzione del 78/79 si è trasformato da monarchia in una repubblica islamica sciita, la cui costituzione si ispira alla legge coranica, avere un animale domestico, tra cui il cane, viene visto come un simbolo di occidentalizzazione.

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Una famiglia iraniana con il suo cane in una foto d’epoca

Così nell’attuale Paese Islamico che nel suo passato ha avuto una monarchia che non disdegnava foto ricordo con il cane di famiglia, a luglio si è tornati a parlare di un disegno di legge, "Protezione dei diritti del pubblico contro gli animali", con cui limitare o proibire il possesso di animali domestici. Secondo la tradizione islamica cani e maiali sono considerati impuri e questo agli occhi del regime crea la necessità di vietare la loro diffusione.

«Non esiste un regolamento chiaro sul possesso di un cane – spiega a Kodami Yasra P. che vive in Italia da oltre 10 anni ma condivide con i suoi fratelli rimasti a Teheran l’ansia di non poter passeggiare liberamente con il cane di famiglia – La polizia può anche arrestare le persone che portano a spasso i cani o addirittura li trasportano in auto, in base alla loro interpretazione dei simboli dell’occidentalizzazione e della legge coranica».

Il veterinario iraniano contro la legge che vuole vietare i cani di famiglia

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Il veterinario Payam Mohebi con un gatto nella sua clinica di Teheran

Chi pensa che sicuramente questo disegno di legge non passerà è Payam Mohebi, fondatore e attuale presidente dell’Associazione veterinaria iraniana e proprietario di due grandi cliniche veterinarie a Teheran dove lavorano una cinquantadue specialisti veterinari. «Gli iraniani amano moltissimo gli animali e, da vent’anni a questa parte, gli animali domestici sono diventati moltissimi. Non abbiamo un vero e proprio censimento, ma credo che solo a Teheran i cani di famiglia potrebbero essere circa un milione».

Anche Payam sottolinea che al momento non c’è nessuna legge a riguardo. «Al momento non c’è nessuna legge che proibisce di camminare a passeggio con un cane, ma non c’è neanche una legge che regolamenti la sua proprietà». Il problema, quindi, scatta nel momento in cui si entra nella sfera religiosa. «Per l’Islam i cani sono impuri e da qui nasce l’esigenza, anche politica, di far passare questa legge che ne vieti la proprietà. Non è la prima volta che si discute dell’ipotesi di questa legge, ma sono certo che non passerà».

Piruz simbolo dei ghepardi iraniani, rimasti in 12 in tutto l'Iran

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Piruz, il cucciolo di ghepardo nato in cattività in Iran e sopravvissuto

Un verso della canzone di Hajipou, uscita lo scorso settembre su Instagram, a ridosso dell’inizio delle manifestazioni, e visualizzata oltre 40 milioni di volte in soli due giorni, cita anche Piruz, il cucciolo di ghepardo iraniano nato a maggio nella riserva faunistica di Touran. Conosciuti anche come ghepardi persiani, questa sottospecie di ghepardo, in passato presente in gran numero anche in India, è attualmente considerata gravemente minacciata: l’Iran è l’ultimo paese al mondo ad accogliere, prevalentemente nel suo vasto deserto centrale e in aree molto frammentate dove si è conservato il suo habitat, gli ultimi esemplari che sopravvivono.

Negli ultimi 16 anni 42 ghepardi sono stati uccisi nel Paese, 28 solamente a causa degli investimenti stradali, che rappresentano il 70% delle cause di morte. Hassan Akbari, vice capo per l'ambiente naturale e per la biodiversità del Dipartimento dell'Ambiente iraniano, ha annunciato proprio un anno fa, che restano solamente 12 esemplari adulti liberi in natura, 9 maschi e appena 3 femmine.  Tanti i progetti di conservazione nati negli anni per la sua salvaguardia, tra cui anche alcuni tentativi di clonazione e di riproduzione in cattività, che avevano portato, appunto nel maggio dello scorso anno, alla nascita di tre cuccioli.

«Tre ghepardi sono nati in buona salute con parto cesareo. Si tratta del primo parto di un ghepardo asiatico in cattività» aveva infatti annunciato il capo del dipartimento iraniano dell'Ambiente, Ali Salajegheh, all'agenzia Irna, dopo un evento considerato a tutti gli effetti eccezionale, avvenuto nel rifugio faunistico di Touran nella provincia di Semanan, a Est della capitale iraniana. Tre giorni dopo, però, era stata diffusa la notizia della morte di uno dei tre cuccioli, per una malformazione congenita. Un secondo cucciolo è morto in seguito ed ora Piruz, che vuol dire "vincente", è diventato un amatissimo simbolo delle straordinarie ricchezze naturali dell'Iran così fortemente a rischio.

Nel 2014 la nazionale iraniana di calcio si era presentata alla Coppa del Mondo con un ghepardo stampato sulla divisa per attirare l'attenzione sul suo stato di conservazione. Eppure, questo non aveva evitato l’arresto, nel 2018, del gruppo di studiosi e conservazionisti del Persian Wildlife Heritage Foundation, accusati di spionaggio. Era infatti il 24 gennaio del 2018 quando otto ricercatori, tra cui due donne, appartenenti all'organizzazione non governativa con base a Teheran, venivano arrestati dalla polizia iraniana con l'accusa di minacciare la sicurezza nazionale svolgendo attività di spionaggio.

La colpa dei ricercatori era quella di aver raccolto dati sul campo per un progetto di salvaguardia del ghepardo persiano, registrando immagini mediante fototrappole, uno dei metodi più diffusi al mondo per ottenere informazioni sulla vita e sulle abitudini di animali altrimenti difficilmente analizzabili. I Guardiani della Rivoluzione iraniani, però, non avevano apprezzato l’uso di questi strumenti e avevano ipotizzato il coinvolgimento dei Servizi Segreti israeliani e americani. Kavous Seyed Emami, professore di sociologia e direttore della ONG, venne trovato morto nella prigione di Evin a Teheran a due settimane dall’arresto, mentre nel 2019 arriva gli altri sono stati condannati della Corte Rivoluzionaria di Teheran: dieci anni a Morad Tahbaz e Niloufar Bayani, otto anni a Houman Jowkar e Taher Ghadirian, sei anni a Sepideh Kashani, Amirhossein Khaleghi Hamidi e Sam Radjabi; quatrro anni ad Abdolreza Kouhpayeh. Per alcuni di loro incombe ancora l’incubo della pena di morte.

Il sito creato da coloro che non hanno voluto far cadere nel dimenticatoio la loro prigionia, a giugno dello scorso anno ha accolto anche l’appello della primatologa di fama mondiale Jane Goodall per il loro rilascio ma anche perché gli scienziati possano dedicarsi ai loro studi collaborando da ogni parte del mondo.

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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