Era rimasta incastrata in un laccio di acciaio lasciato da dei cacciatori di frodo. Per sua fortuna sulla sua strada ha trovato le guardie eco zoofile del NITA di Taranto. Una volpe è stata salvata a Mottola, nella zona della gravina. Un’area che si snoda per circa quattro chilometri da Nord a Sud, tra le più spettacolari dell’intero arco jonico, e che viene spesso paragonata per grandiosità e fascino ai più celebrati canyon del mondo. Una bellezza che, evidentemente, attira anche tanti bracconieri, alla ricerca soprattutto di cinghiali.
Ecco che, invece, a finire in trappola è stata una volpe: «Abbiamo avuto un po’ di difficoltà per soccorrerla – ha spiegato a Kodami il responsabile provinciale del NITA Leonardo Galante – trattandosi di un animale selvatico, reagiva aggressivamente al nostro tentativo di avvicinarci. Immagina che è riuscita a storcere anche le asticelle di ferro della gabbietta dove l’avevamo messa per poterle prestare delle cure. Dopo aver provveduto a disinfettarle le escoriazioni che aveva tra zampa e bacino e a verificare il suo stato di salute, l’abbiamo immediatamente liberata».
Una vicenda che, però, ha riservato alle guardie zoofile anche un finale a sorpresa: «La cosa bella è stata che dopo che le abbiamo aperto la gabbietta, prima di andarsene, si è fermata e ci ha guardato per un attimo – ha aggiunto Galante – è come se in quel modo ci avesse voluto ringraziare».
Quanto all'utilizzo di cavi di acciaio come trappole per gli animali, purtroppo, non è il primo episodio di questo tipo che si verifica in zona. Sempre il NITA lo scorso novembre aveva salvato un cane rimasto intrappolato in un analogo congegno a Ginosa Marina. «Questi cavi vengono posizionati negli attraversamenti obbligati da cui passano i cinghiali – ci aveva spiegato all’epoca Galante – per esempio canali di bonifica e varchi nelle recinzioni. Il pericolo può essere che qualcuno potrebbe imbattersi in uno di questi animali intrappolati e non accorgersene. La reazione del cinghiale spaventato potrebbe essere molto pericolosa per l’uomo. Un cinghiale bloccato da un cavo di acciaio, spaventato, attacca chiunque gli si avvicini».
Episodi di natura diversa ma comunque collegati sono quelli che hanno visto, sempre nella stessa zona, l’utilizzo di armi da fuoco per la caccia a poca distanza da abitazioni o da luoghi popolati da persone, in barba a tutte le norme e a rischio di far male anche alle persone.
Nell’ultimo periodo le frequenti incursioni della fauna selvatica nelle aree urbanizzate o sulle strade che attraversano le campagne hanno indotto alcune associazioni di categoria e una parte della politica a chiedere l’estensione della stagione venatoria per il cinghiale. Una scelta che, laddove venisse presa realmente in considerazione, rappresenterebbe indirettamente un’apertura nei confronti di chi considera la fauna selvatica un ospite indesiderato di questa terra. E di chi utilizza pratiche scorrette come quella di cui sopra. Con il rischio, come accaduto in questi casi, che a cadere in trappola siano anche altri animali, selvatici e non.