Le perreras spagnole sono l'equivalente dei nostri canili municipali ma, ancora peggio, rappresentano la sofferenza e la negazione della dignità dei cani. Si tratta, infatti, di edifici sovraffollati, in cui i randagi o gli animali abbandonati dalle loro famiglie vengono ammassati in attesa della morte. In Spagna il randagismo è molto comune, gli abbandoni nelle campagne o ai margini delle città sono all’ordine del giorno come in Italia del resto.
A raccontare a Kodami cosa succede in quegli inferni sono Catia Cortesi e Maurizio che con l'aiuto di Linda, Serena e Ilaria cercano di far uscire quanti più cani possono: «Dopo aver visto quella crudeltà non sei più lo stesso. Non c’è un animale che entri in una perrera che non sia condannato e per lui non c'è garanzia di nutrimento né tantomeno di cura».
Catia ha preso in mano l’associazione L’Unione fa la forza circa sei anni fa, quando si era appena affacciata, da volontaria oltretutto, alla realtà spagnola, scoprendo quell'orrore. All’epoca avevano numerosi cani in Spagna salvati con la presidente di allora: «A un certo punto c’è stato il passaggio da lei a me e così mi sono rimboccata le maniche perché i cani erano 47, tutti anziani, molossi, insomma come sappiamo i più difficile da far adottare. Senza darmi per vinta, decido di portarli in Italia, a cominciare da quelli che mi sembravano avere più possibilità di trovare una famiglia. Fatto sta che alla fine tutti i cani hanno trovato una casa, a parte due che sono ancora in Spagna, ma che arriveranno in Italia tra la fine e l’inizio dell’anno nuovo».
I cani spagnoli: un viaggio dai Pirenei ai Tropici
Nel frattempo l’Associazione è cresciuta con altri volontari che hanno voluto unirsi. «Sono stati tanti quelli che hanno deciso di aiutarci e supportarci nelle nostra missione, senza di loro non ci sarebbero state tante adozioni. Ogni volontario lavora con i cani ogni weekend e ogni opportunità è buona per tirar fuori il carattere di queste anime in difficoltà».
I cani in Italia vengono ospitati e mantenuti grazie all’aiuto del Villaggio a 4 Zampe di Cermenate, in provincia di Como, al quale "L’Unione fa la forza" si appoggia in attesa della migliore adozione possibile. «Questo naturalmente non significa che non ci interessiamo anche dei cani locali, non sia mai! chiunque ci chiama cerchiamo sempre in qualche modo di aiutarlo, ma in entrambi i casi la situazione è talmente complicata e difficile che abbiamo scelto uno scopo primario, pur senza dimenticare il secondario».
E così, Catia appena può, torna nella perrera e tira via più animali che può. «Una volta che entri là dentro quegli sguardi non te li togli più dalla testa – continua – Vorresti portarli via tutti, ovviamente, perché li vedi che tirano avanti, se così si può dire, al limite della sopravvivenza: sanno di essere condannati. Nella maggior parte della Penisola iberica, infatti, fino al primo di settembre scorso vigeva una legge che consentiva l’eutanasia di cani e gatti, a prescindere dal loro stato di salute, dopo 10 giorni o poco più dalla loro entrata in canile. A settembre è entrata in vigore la nuova legge sulla Protezione Animale che in teoria ha vietato l’uccisione, ma non tutte le regioni spagnole la rispettano e ogni perrera decide per sé».
Ma più cani Catia porta via, più le spese aumentano: «Fare i conti, quando sei là dentro è praticamente impossibile. Qualche volta non ce l’ho fatta e alcuni di quelli che non sono riuscita a dare in adozione sono a casa mia, ovviamente. Ora con la nuova legge – che nella perrera dove andiamo noi viene rispettata fortunatamente – è necessario anche che prima di uscire i cani siano tutti castrati o sterilizzati. Sono nuove spese che anno fatte prima di portarli via. Peraltro, l’intervento viene compiuto senza fare analisi precedenti. Ogni volta che ne parlo sembra più assurdo, pensando anche al fatto che la maggior parte dei cani sono abbandoni fatti da pet mate che non li vogliono più per ragioni inconcepibili: perché è troppo anziano, perché è cresciuto troppo e così via».
Chiediamo a Catia come sceglie quelli da portare via. «Scelgo quelli che ritengo che, una volta in Italia, potranno avere una seconda chance di trovare più amore possibile tanto da fargli dimenticare quell’orrore. Poi scelgo ad esempio quello ferito, quello che non ti guarda tanto è rassegnato. Questa volta abbiamo azzardato con 18 cani e non c’ho dormito per parecchie notti. Ora sei sono arrivati, ma finché non troviamo l’adozione tutti i costi di mantenimento sono i nostri. E chiaramente abbiamo sempre bisogno di aiuti, di qualsiasi aiuto. Anche gli altri 12 tra una settimana saranno tutti fuori dalla perrera e quindi, diciamo, salvi anche se fino a che non sono adottati, per me non lo sono mai definitivamente».
Catia, Linda e Serena non si rassegnano e continuano ad andare in Spagna. «È il frutto di tanti anni di diplomazia e relazioni ben conservate. Solo così riusciamo a collaborare con le persone che sono all’interno e riusciamo a continuare a salvare vite. Ma se noi togliamo quei poveri cani di lì, l’aiuto maggiore di cui hanno bisogno è davvero trovare una famiglia. Per questo l’unica cosa che mi sento sempre di ripetere è: aiutateci a dare a queste anime una seconda vita».