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9 Maggio 2021
9:37

Salva il leone con un sms: cosa perdiamo se perdiamo “il re della savana”

In Africa, negli ultimi cento anni, è diminuito da 200 mila a 20 mila esemplari. Negli ultimi venticinque anni ne abbiamo perso la metà. Perdita di habitat, conflitto con l'uomo, bracconaggio e commercio illegale sono i suoi peggiori nemici. E la sua estinzione rappresenterebbe una perdita incalcolabile per tutta l'umanità. Il WWF lancia SOS Leone: da oggi con un sms puoi contribuire ad un progetto che mira a proteggerlo.

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Giornalista
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Riuscireste a immaginare un mondo senza leoni? Eppure è quello che sta succedendo, soprattutto in Africa dove, negli ultimi cento anni il re della savana che tutti amiamo è passato da 200.000 a meno di 20 mila esemplari. Degrado degli habitat naturali, bracconaggio, commercio illegale: tutto porta a prevedere che in assenza di misure efficaci e di progetti di conservazione dedicati, i leoni diminuiranno di un ulteriore 50% nei prossimi due decenni in Africa occidentale, centrale e orientale.

SOS Leone, il progetto per raddoppiare i leoni africani in 25 anni

Una perdita che non possiamo accettare e che non ci possiamo permettere. E che ha spinto in molti a darsi da fare. Tra questi il WWF, che dal oggi lancia SOS Leone: « Poiché il numero di leoni selvatici in Africa si è dimezzato negli ultimi 25 anni, l’obiettivo a lungo termine del WWF è quello di raddoppiare il numero di leoni in Africa entro il 2050 – spiega Isabella Pratesi, responsabile conservazione dell’associazione – dal 9 al 23 maggio ogni donazione al 45585 con SMS o chiamata da rete fissa, aiuterà il WWF a fornire ai ranger l’equipaggiamento e le attrezzature per combattere la piaga del bracconaggio, a donare agli allevatori lampade solari che allontanano i leoni dalle loro mandrie, evitando così che vengano uccisi per vendetta e verrà finanziata la ricerca sul campo per censire i nuclei superstiti dei leoni».

Cosa perdiamo se perdiamo il leone

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credits: © Shadrach Mwaba Senior Wildlife Officer WWF Zambia (

Ma cosa richiamo di perdere perdendo l’animale più rappresentativo del mondo africano? Quello che tutti inseguono nei tour fotografici e che spicca come protagonista assoluto della savana? La sua presenza indica lo stato di salute e integrità degli habitat la cui diminuzione determinerebbe effetti negativi a catena su tutto l’ecosistema. «Ma quello che non si sottolinea mai abbastanza è il ruolo del leone nei confronti delle comunità umane – spiega la Pratesi – È fondamentale la sua funzione di controllo del territorio nella gestione degli animali predatori come i babbuini ad esempio. Contrapponendosi alle loro vere e proprie razzie nei campi coltivati, offrono alla comunità la possibilità di esentare i bambini dal lavoro di controllo dei campi, permettendo loro di tornare a scuola».

Il territorio africano interessato dal progetto SOS Leone

A cavallo tra Kenya e Tanzania, l’area di Soknot è il più importante degli 8 territori prioritari selezionati dal WWF per raddoppiare il numero dei leoni in Africa entro il 2050. Si estende per 13.400.000 ettari e attualmente ospita una popolazione di circa 4.000 leoni. È un territorio vasto e selvaggio che accoglie ogni anni la più grande e diversificazione migrazione di mammiferi del mondo e comprende aree di importanza fondamentale, compresi siti Unesco considerati Patrimonio dell’umanità come il Serengeti e il Kilimangiaro. È qui che nei prossimi 25 anni si giocherà una partita determinante per la sopravvivenza del leone selvatico e del suo fondamentale supporto all’equilibrio ecologico e naturalistico del Pianeta Terra. Costituito da otto aree protette gestite dallo Stato e da 32 aree di conservazione gestite dalla comunità, che sono fondamentali per gli spostamenti della fauna selvatica attraverso i due stati, il territorio di Soknot contribuisce ogni anno con 3,2 miliardi di dollari alle economie del Kenia e della Tanzania attraverso il turismo naturalistico, fornendo circa 3 milioni di posti di lavoro e 10 milioni di dollari alle aree protette.

I pericoli che minacciano il re della savana

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credits:© Steve Morello – WWF

Per chi è in cima alla piramide alimentare i pericoli sono davvero tanti: innanzitutto il degrado, la perdita e la frammentazione dell’habitat che si unisce drammaticamente al già ipotizzato raddoppio della popolazione umana entro il 2050. Diminuendo gli habitat diminuiscono anche le prede necessarie alla loro sopravvivenza. Inoltre l’uso di trappole, lacci, veleni, crea infiniti pericoli: sono infatti molti i leoni che rimangono feriti o uccisi dalle trappole destinate ad altri animali. Poi c’è il pericolo rappresentato dal conflitto con l’uomo. Sia all’interno che all’esterno delle aree protette uomo e leone si vedono come nemici quando ognuno di loro sottrae spazi, e prede, all’altro. Questa situazione ha un serio impatto sulla densità e sulla struttura della popolazione di leoni, a causa dell'aumento della mortalità degli adulti e della riduzione della dispersione della specie. Infine, ma non ultimo, il bracconaggio.

Il bracconaggio e il commercio illegale

Collezionismo e medicina tradizionale anche sono i grandi nemici: i leoni e le loro parti (trofei, ossa, pelli, denti, artigli) continuano ad alimentare un mercato illegale che non accenna a diminuire alimentato anche dalla crescita dei cosiddetti “nuovi ricchi” che soprattutto in Oriente si trasformano nei perfetti destinatari di questo commercio. «Si ritiene – aggiunge la Pratesi – che le misure adottate nel 2007 per limitare il commercio di ossa di tigre abbiano portato a un aumento della domanda internazionale di ossa di leone. Di conseguenza il bracconaggio è sempre più intenso e il mercato asiatico punta ormai apertamente a nuovi felini per sopperire alle sue necessità visto che le tigri non bastano più. La pressione internazionale, grazie anche all’Interpol, è molto forte, ma si tratta obiettivamente di un commercio molto difficile da individuare e bloccare, basti pensare alle migliaia di container che ogni giorno trasportano merci dall’Africa all’Asia e alla possibilità che vi vengano nascosti trasporti illegali».

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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