Salgono a quattro i focolai di Aviaria nel Veronese. Lo conferma a Kodami il dottore Calogero Terregino, responsabile delle strutture nazionali ed europee per l’influenza aviaria e la malattia di Newcastle presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. È stato proprio l’Izs delle Venezie pochi giorni fa ad accertare la positività virologica per il virus influenzale di tipo A, sottotipo H5N1 ad alta patogenicità, nei tacchini dell’allevamento di Ronco d’Adige, il primo a essere interessato dal virus in Veneto. A rischio abbattimento migliaia di tacchini degli allevamenti della zona.
Dal primo focolaio nell’allevamento di tacchini nella zona di Ronco d’Adige, nel giro di un paio di settimane ne sono rapidamente seguiti altri tre, ma per gli esperti il focolaio è ben circoscritto: «La zona interessata dal contagio non si è estesa molto – rassicura Terregino a Kodami – in quanto i quattro focolai registrati fino ad ora si sono verificati tutti nello stesso comune (ad una distanza media tra l'uno e l'altro di circa 2 km)».
Dall’esordio della malattia a metà ottobre subito si è messa in moto la macchina regionale con l'attivazione di zone di protezione e sorveglianza con un raggio di 10 chilometri dai luoghi del focolaio. «I prossimi passi per il contenimento dell'infezione – spiega Terregino – saranno un'intensificazione dei controlli negli allevamenti vicini ai focolai e un progressivo svuotamento degli allevamenti di pollame nel raggio di alcuni chilometri attorno all'area interessata, che si otterrà attraverso il divieto di riempire nuovamente gli allevamenti delle specie più suscettibili per un certo periodo dopo la fine del ciclo produttivo».
Non solo Verona: contagi anche a Ferrara
Non è però solo la zona di Verona a essere interessata dal contagio di aviaria: anche nella provincia di Ferrara si sta assistendo a un progressivo aumento dei numeri dell’infezione. Il 28 ottobre l'azienda Usl della città emiliana aveva dato il via a diverse attività per contenere il fenomeno, dopo l’avvento dei primi casi di aviaria registrati in un allevamento, ancora una volta di tacchini, nella zona di Codigoro. Anche per il caso ferrarese a confermare la positività degli animali al virus è stato l’Izs delle Venezie.
Nonostante i focolai siano stati rilevati in allevamenti sia a Verona che a Ferrara per il dottore Terregino è da escludersi che la nuova recrudescenza del contagio possa essere legata a un possibile sovraffollamento degli animali negli allevamenti: «L'elevato numero di animali allevati negli allevamenti intensivi non è alla base dei nuovi focolai di questo periodo. A testimonianza di ciò basta vedere l'ultimo report sui casi di influenza aviaria dell'EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), in cui emerge che moltissimi degli allevamenti colpiti in Europa negli ultimi mesi sono di tipo rurale o free-range». L'epidemia di aviaria in corso sarebbe da attribuire agli uccelli migratori che entrano in contatto con il pollame d'allevamento, un contatto reso più semplice proprio negli allevamenti rurali.
Allarme in Europa
Come ha rilevato proprio l'Izs delle Venezie, a partire da ottobre 2020 quasi tutta l'Europa è stata interessata da casi di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI), sottotipo H5. Sono stati colpiti in particolare i Paesi dell'Europa settentrionale e orientale che nella stagione autunnale fungono da approdo per i migratori. L'ultimo caso in ordine di tempo è quello della Repubblica Ceca, dove in un mese si sono sviluppati due diversi focolai; qui ad essere abbattuti nei prossimi giorni saranno circa 5 mila uccelli, prevalentemente oche. Una mattanza che va ad aggiungersi ai migliaia di esemplari già uccisi tra Veneto ed Emilia-Romagna in seguito alla scoperta degli ultimi contagi.
I prossimi passi
Per questo la situazione sarà ancora più attenzionata dalle autorità sanitarie, conclude Terregino: «Oltre alle zone di protezione e sorveglianza (rispettivamente di 3 e 10 km) istituite come da normativa vigente per i focolai degli ultimi giorni, si prevede di creare un'ulteriore zona di altri 3 chilometri intorno a quella di protezione in cui vietare gli accasamenti di nuovo pollame e fare dei controlli quotidiani, o comunque a distanza molto ravvicinata, su tutti i casi di mortalità registrati negli allevamenti avicoli all'intero di quest’area attorno ai focolai. In questo modo si riduce la possibilità per il virus di infettare altri animali e si potranno intercettare al suo esordio eventuali altri episodi prima che la malattia si possa diffondere ad altri allevamenti».