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25 Febbraio 2021
7:25

SafeSharks: il progetto del WWF continua dall’Adriatico meridionale alle coste della Sicilia

Il WWF è impegnato da tre anni nel progetto SafeShark. L'obiettivo è quello di sensibilizzare i pescatori al corretto comportamento in caso di pesca accidentale della verdesca. Il progetto doveva terminare a Marzo 2021 ma, grazie ai risultati raggiunti fino ad ora i finanziatori hanno confermato il progetto fino a ottobre 2022.

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    ©Joost van Uffelen/WWF

Nell'Adriatico meridionale sta per concludersi SafeSharks, il progetto triennale del WWF che, grazie alla collaborazione con INCA (Institute for Nature Conservation Albania), COISPA Tecnologia & Ricerca e numerose cooperative di pescatori in Italia e Albania, ha studiato la pesca accidentale della verdesca, una specie di squalo individuata in base a dati pre-esistenti e tramite un questionario distribuito ai pescatori, come quella che rimane più spesso vittima della cattura involontaria nei palangari e considerata a rischio di estinzione dalla IUCN. Le ricerche hanno permesso di aumentare la conoscenza del fenomeno, valutare i tassi di sopravvivenza degli squali rilasciati a seguito della cattura e sensibilizzare alla conservazione delle specie di squali nel Mar Mediterraneo. Giulia Prato, responsabile dell'area mare per il WWF si dice soddisfatta dei risultati raggiunti negli anni: «Stiamo concludendo le ultime analisi, ma la fondazione MAVA, che sin dall'inizio ha finanziato il progetto, ha già confermato il suo impegno per i prossimi anni, permettendoci di subentrare in un progetto ancora più ampio che comprenderà lo studio della cattura accidentale degli squali e di altre specie protette in molte aree del Mediterraneo, compresa la zona di Marsala, lungo le coste della Sicilia».

Il progetto SafeSharks per salvare gli squali

«Il progetto ha avuto inizio con l'identificazione dell'area di studio – spiega la ricercatrice – La nostra scelta è ricaduta sull'Adriatico meridionale perché si tratta di un luogo molto importante per alcune specie di squali. Molti dati fanno infatti intendere che possa trattarsi di una zona di nursery, ovvero il luogo dove gli animali si fermano per riprodursi e svezzare i piccoli. Monopoli in particolare ha inoltre una grande flotta di pesca diretta al pesce spada, utile per per conoscere meglio il fenomeno della cattura accidentale di squali e mitigarlo». All'interno della zona di studio, WWF ha proposto un ampio spettro di attività rivolte a tutte le parti in causa, le quali hanno permesso di aumentare la collaborazione tra pescatori, capitaneria di porto e commercianti locali: «Abbiamo sempre lavorato per far sì che ognuno si sentisse partecipe del progetto organizzando, ad esempio, eventi informativi riguardanti i diversi ambiti del fenomeno della pesca accidentale». Uno dei problemi emersi grazie al dialogo con i pescatori si è rivelato essere la mancanza di conoscenza riguardo le normative: «Molti pescatori evitavano di segnalare sul registro di bordo l'avvenuta pesca accidentale delle specie protette, come richiesto dalla legge, ma grazie alle schede informative pubblicate e divulgate durante lo svolgimento del progetto, la pratica si sta diffondendo rapidamente». Un ulteriore argomento trattato dal WWF è stato quello della corretta manipolazione degli animali durante il rilascio in acqua: «Per aumentare le possibilità di sopravvivenza degli animali alla manipolazione da parte dei pescatori nel momento del rilascio, abbiamo, tra le altre cose, divulgato una serie di informazioni riguardo comportamenti da tenere e quelli da evitare nell'ottica di rispettare la loro delicata biologia».

I risultati del progetto SafeSharks del WWF

Le strategie messe in atto dal WWF e dai ricercatori di COISPA hanno dato presto i loro frutti, conquistando rapidamente la fiducia da parte dei pescatori, i quali hanno accolto volentieri a bordo delle imbarcazioni gli studiosi: «I nostri ricercatori si sono occupati dell'applicazione dei marker satellitari: speciali dispositivi applicati sul dorso della verdesca, in grado di segnalarci gli spostamenti dell'animale per un periodo determinato. Sono attività che, per non avere conseguenze sullo squalo devono essere svolte in meno di due minuti.». Gli ultimi marker applicati divulgheranno i dati nei prossimi mesi, dando quindi un'idea più chiara delle aree di movimento dell'animale e delle possibilità di sopravvivenza alla cattura accidentale: «I dati che abbiamo già raccolto ci hanno permesso di capire che gli animali monitorati stazionano nella zona dell'Adriatico meridionale a lungo, confermando così l'importanza di questa zona di Mediterraneo per la specie», spiega l'esperta, aggiungendo che: «Dei 14 animali monitorati, solo due hanno perso la vita fino ad ora. Questo numero dimostra che la possibilità di sopravvivenza in caso di corretta manipolazione e rilascio, è molto alta. Non rimane che continuare a lavorare in questa direzione, mitigando ulteriormente il rischio dato dalla pesca. Prima di dichiarare concluso il progetto valuteremo anche l'influenza dell'età e della dimensione dell'animale sulle possibilità di sopravvivenza».

Il progetto, che inizialmente doveva concludersi nel mese di marzo del 2021,  si amplierá quindi in un'altra importante costa italiana, quella a Sud della Sicilia: «I nostri obiettivi futuri sono quelli di studiare ulteriori strategie per diminuire i rischi per gli squali del Mediterraneo, sempre più spesso a rischio di estinzione – conclude la ricercatrice – Anche nella zona di Marsala continueremo a proporre alternative in grado di rendere la pesca un attività più sostenibile, senza smettere di combattere uno dei nostri peggiori nemici: la disinformazione».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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