Sebbene a coloro che convivono con un animale domestico, che lo amano, che lo considerano un vero e proprio membro della famiglia, possa sembrare strano, non è affatto scontato che nel caso in cui questo muoia perché – con colpa – ferito o ucciso da terzi, spetti il risarcimento del danno non patrimoniale (lesione dell’integrità psicofisica o sofferenza interiore).
Partiamo da un fatto che meraviglierà e sconcerterà numerosi lettori. Nel 2008 la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, pronunciandosi attraverso alcune tra le sentenze recenti più importanti nella materia del risarcimento del danno (cfr. tra le altre, Cassazione Civile a S.U., sentenza n. 26973 del 2008), ha considerato la morte di un animale d’affezione come un fastidio risibile, al pari della rottura del tacco di una scarpa da sposa, dell’errato taglio di capelli, di un’attesa stressante in aeroporto, di un disservizio in un ufficio pubblico, del mancato godimento della partita di calcio per televisione determinato da black-out elettrico.
Questa la considerazione che, poco più di dieci anni fa, il Supremo Collegio, ancora forniva in relazione all’importanza del rapporto tra le persone e i propri animali domestici. Occorre tenerla a mente perché risulterà decisiva.
Il risarcimento del danno non patrimoniale da ferimento o perdita dell’animale d’affezione
Nel nostro ordinamento, come spiegano le stesse sentenze della Cassazione a Sezioni Unite del 2008 appena citate, il danno non patrimoniale (categoria nel quale rientrano il danno biologico, il danno morale, quello esistenziale, ecc.) può essere risarcito soltanto in tre casi:
- Quando detto pregiudizio è provocato da un fatto di reato;
- Quando la sua risarcibilità è prevista espressamente da una legge;
- In caso di lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione.
Possiamo fare due semplici esempi chiarificatori:
- Un uomo spara al gatto della vicina di casa con una pistola a pallini e lo uccide. In questo caso, con tutta evidenza, l’uomo ha commesso il delitto di “animalicidio”. Di conseguenza, essendoci alla base un reato, si rientra in uno dei tre casi richiamati e alla donna spetterà il risarcimento del danno non patrimoniale per la sofferenza patita a causa della perdita del proprio amato gattino.
- Un uomo passeggia al parco con il proprio cane al guinzaglio; improvvisamente arriva un cane – lasciato colpevolmente libero dal proprio pet mate – che azzanna il primo cagnolino e lo uccide. In questo caso, diversamente dal precedente esempio, non possiamo parlare di reato in quanto l’uccisione non è volontaria e il Codice penale non prevede l’animalicidio colposo. Manca quindi un reato sottostante e nessuna legge prevede per casi simili la risarcibilità del danno non patrimoniale. L’uomo, disperato per la morte dell’amato cane, può sperare in un risarcimento soltanto nel caso in cui si dovesse ritenere leso un suo “diritto inviolabile della persona riconosciuto dalla Costituzione”. Ma, evidentemente, se si ritiene, come ha fatto la Cassazione, la perdita di un animale d’affezione come un risibile fastidio, non si rientra certo in un caso di lesione di un diritto fondamentale della persona. Dunque, all’uomo che ha visto sbranato il proprio cagnolino da un altro cane, seguendo questo orientamento, non dovrebbe spettare alcun risarcimento del danno da sofferenza.
Risarcimento danni per morte di animale domestico: le cose stanno cambiando
Fortunatamente non tutti i Giudici hanno la stessa visione – che si può definire arcaica – della sentenza di Cassazione citata. Sin da subito molti tribunali si sono ribellati all’impostazione descritta ed hanno riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita dell’animale d’affezione, ritenendo il rapporto tra persona e animale come fondamentale e tutelato dalla Carta costituzionale. Non vi è dubbio, inoltre, che, vista l’evoluzione della sensibilità sociale avutasi nell’ultimo decennio, si vada e si andrà verso una pacifica risarcibilità di tale pregiudizio. Un ulteriore aiuto in tal senso sarà dato dall’inserimento della parola “animali”, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, all’interno della Costituzione.