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16 Ottobre 2023
10:36

Riprende la caccia alla marmotta nel dipartimento della Savoia: ricorso delle associazioni

La caccia alla marmotta è aperta. La prefettura del dipartimento della Savoia ha firmato l’ordinanza di contenimento di questi piccoli roditori autorizzandone l’abbattimento, un'azione contro la quale un folto gruppo di associazioni animaliste ha subito presentato un ricorso.

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La caccia alla marmotta è aperta. La prefettura del dipartimento della Savoia, su richiesta degli agricoltori, vittime a detta loro dei danni provocati da questi animali che con il loro scavare tane causerebbero infortuni ai bovini e danni alle strutture, ha firmato l’ordinanza di contenimento del piccolo roditore autorizzandone l’abbattimento. Contro questa decisione si è schierato un folto gruppo di associazioni animaliste del posto che ha presentato un ricorso provvisorio dinanzi al tribunale amministrativo di Grenoble.

Il verdetto chiaramente non è ancora stato pronunciato, però c’è da dire che gli animalisti hanno un’arma importante nelle loro mani: l'allegato III della Convenzione di Berna relativa alla conservazione della fauna selvatica e del loro ambiente naturale in Europa che inserisce questo mammifero nella lista degli animale protetti, assicurandone una gestione regolamentata in modo da mantenere la sua popolazione fuori pericolo. E, sicuramente, ucciderli non è esattamente quando richiesto dall’accordo firmato in Svizzera. L’azione legale fa seguito a una petizione online che ha raccolto 78mila firme con l’obiettivo di fermare la caccia alla marmotta in Savoia, già vietata nel Cantal e nei Pirenei orientali, due dipartimenti della regione Alvernia-Rodano-Alpi di cui fa parte anche la Savoia.

La prefettura intanto non cede e al ricorso ha replicato con altrettanta forza che «il roditore alpino causerebbe danni agricoli sufficienti a giustificare la sua caccia». Nonostante infatti il loro aspetto mansueto e di attrazione per il grande pubblico, dicono le autorità «le marmotte commettono danni ingenti alle coltivazioni, fanno ammassi di terra e pietre in superficie, causano la rottura delle macchine agricole e delle tubature» e il pericolo che possano arrivare a danneggiare anche le abitazioni «legittima iI decreto di apertura della caccia per la stagione 2023-2024».

Tra le due parti, pur sapendo del grande entusiasmo con cui questi bellissimi animali si risvegliano dopo il letargo, d’istinto viene da tifare per questi grandi roditori delle vette dalla socialità sorprendente. Ma non è solo per una questione di simpatia che è possibile stare dalla loro parte: le marmotte, infatti, sono specie protetta anche secondo la legge statale sulla caccia n. 157 del 1992 che punisce la loro uccisione con sanzioni penali. Nonostante questo, però, per mezzo di ordinanze e decreti gli enti locali a cui viene delegata la gestione dei selvatici, continuano a ucciderle con la giustificazione che «la sua eccessiva proliferazione mette a rischio l’equilibrio ecologico, l’agricoltura, la gestione forestale, la gestione ittica, la fauna selvatica o la pubblica sicurezza».

Senza negare i danni causati dagli scavi e dai cunicoli delle marmotte al settore agricolo (anche se di prove non ce ne sono così come non ci sono quelle che dimostrano che la nutria sia la colpevole dei crolli degli argini dei fiumi) ciò che viene contestato è la modalità di contenimento ovvero l’abbattimento che viene ritenuta inaccettabile. Lo stesso risultato, anzi migliore, infatti, si potrebbe ottenere con modalità molto più etiche, come conservando meglio il loro habitat naturale o evitando di dar loro da mangiare cibo umano facendole diventare animali domestici visto che la loro natura è quella di animali selvatici e tali dovrebbero rimanere.

A vedere come stanno le cose, però, non sembra sia questa la strada preferita di coloro che devono gestire le specie selvatiche sui vari territori, i quali per giustificare un'azione semplicistica come risposta a un problema che richiederebbe molta più attenzione e sforzo, continuano a sostenere che la caccia e l’abbattimento siano un bene per la conservazione della natura, cosa che è difficile da digerire, quando a decidere che sia così è esattamente chi in gran parte ha causato il problema. A servire sono invece buone pratiche, una corretta gestione di habitat naturali e risorse e un serio management ambientale. Solo in questo modo gli squilibri saranno risolti, evitati o comunque contenuti.

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Simona Sirianni
Giornalista
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