La compagnia di biotecnologie texana Colossal Biosciences continua il suo ambizioso progetto di creare un ibrido di mammut ed elefante indiano (la specie attualmente vivente più affine) attraverso la bioingegneria genetica e vuole reintrodurre in natura i primi esemplari entro il 2028. Ma è davvero possibile de-estinguere un animale?
Quello che 30 anni fa sembrava essere semplicemente la trama di un film di fantascienza come Jurassic Park oggi pare essere realtà, ma con le dovute differenze. Appurato che non è possibile riportare in vita animali estinti milioni di anni fa come i dinosauri o recuperare pezzi di Dna dall’ambra fossile, esiste una speranza di recuperare attraverso la biotecnologia i geni di alcuni animali che erano in vita ancora qualche migliaio di anni fa o meno, come ad esempio il mammut lanoso (Mammuthus primigenius).
Questa è la più celebre delle 11 specie di mammut attualmente scoperte, ma non la più grande: aveva un’altezza compresa tra i 2,8 e i 3,5 m al garrese, poco meno dell'attuale elefante africano (Loxodonta africana), ma comunque più del già citato elefante asiatico (Elephas maximus), e poteva raggiungere un peso di 6 tonnellate. inoltre è stata una delle ultime specie, non solo di mammut ma in generale di megafauna dell’era glaciale, ad estinguersi tra i 5.000 e 4.000 anni fa.
Il progetto della Colossal Biosciences non è esattamente quello di riportare un vero e proprio mammut in vita ma quello di trovare la biotecnologia necessaria per creare un ibrido mammut-elefante che possa arrestare l’estinzione dell’elefante asiatico e apportare una serie di benefici all'ambiente grazie alla sua ecologia. La compagnia texana sta, infatti, continuando le ricerche per individuare tutti i geni che nel mammut erano legati ad alcune sue caratteristiche specifiche, come la forma del cranio e delle zanne, la sua pelliccia e tutti quei meccanismi biologici e comportamentali che rendevano il mammut adattato al clima al freddo della tundra.
Una volte identificato il genoma, grazie anche alle numerose mummie trovate congelate nel permafrost, sarà poi confrontato con quello dell'elefante asiatico, con cui condivide circa il 99,6% dei geni. Affinché possa nascere il primo “mammut 2.0” sarà usato proprio un ovulo di elefante indiano come base per le modifiche genetiche necessarie. La creazione e la reintroduzione in natura di questo ibrido di mammut, secondo Colossal Biosciences, avrà diversi benefici per l'ambiente: questi animali, brucando e calpestando il terreno, aiuteranno la tundra a prosperare e a non rilasciare in atmosfera le grandi quantità di CO2 custodite sotto terra.
Tuttavia, ammesso che la compagnia riesca nella sua impresa entro 5 anni, restano alcuni dubbi in merito alla compatibilità di questo “nuovo elefante” resistente al freddo con l'ecosistema attuale: l’animale non sarà di fatto né un vero mammut né un elefante asiatico e non possiamo prevedere con precisione le sue interazioni con l’ambiente. Tuttavia, la sua biologia sarà di certo piuttosto simile a quella di questi animali e gli studi su queste biotecnologie saranno molto utili per recuperare le specie prossime all’estinzione o riportare in vita quelle estinte recentemente a causa dell’azione dell’essere umano.
La compagnia, infatti, si impegna a sviluppare un vero e proprio manuale di de-estinzione da applicare anche ad altre specie, tra cui il celebre dodo. La ricerca sembra fare progressi, così come le tecnologie di ingegneria genetica e non ci resta che aspettare il 2028 per capire se la Colossal Biosciences sarà riuscita nel suo intento.