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10 Marzo 2022
17:24

Ridotte le razioni di cibo per gli allevamenti italiani a causa della guerra in Ucraina

A causa della crisi scatenata dalla guerra tra Ucraina e Russia, le razioni di cibo a mucche, maiali e polli degli allevamenti italiani sono state tagliate di un decimo.

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Tagliate di un decimo le razioni di cibo a mucche, maiali e polli degli allevamenti italiani. Questo è uno degli effetti della guerra in Ucraina, con quella che è una delle maggiori crisi in Europa dal Dopoguerra che sta toccando anche il benessere animale. La stima viene da Coldiretti, che lancia un allarme per la drammatica situazione nelle fattorie italiane.

Stando alla fotografia dell’associazione di categoria le forniture alimentari per il mondo animale stanno portando a riduzioni della produzione di latte, carne e uova. Con la decisione dell’Ungheria di ostacolare le esportazioni nazionali di cereali, soia e girasole, è a rischio un allevamento italiano su quattro che dipende per l’alimentazione degli animali dal mais importato dall’Ungheria e dall’Ucraina che hanno di fatto bloccato le spedizioni e rappresentano i primi due fornitori dell’Italia. Dall’Ungheria sono arrivati in Italia 1,6 miliardi di chili di mais nel 2021 mentre altri 0,65 miliardi di chili dall’Ucraina per un totale di 2,25 miliardi di chili che rappresentano circa la metà delle importazioni totali dell’Italia che dipende dall’estero per oltre la metà (53%) del proprio fabbisogno.

«Siamo di fronte ad una nuova fase della crisi, dopo l’impennata dei prezzi arriva il rischio concreto di non riuscire a garantire l’alimentazione del bestiame – spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – da salvare ci sono tra l’altro 8,5 milioni di maiali, 6,4 milioni di bovini e oltre 6 milioni di pecore, oltre a centinaia di milioni di polli e tacchini». L’aumento delle quotazioni dei cereali ormai ai massimi da un decennio che sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi a fronte di compensi fermi su valori insostenibili. Ad esempio il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse, ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l’ultima indagine Ismea, un costo molto superiore rispetto al prezzo di 38 centesimi riconosciuto a una larga fascia di allevatori.

«La stabilità della rete zootecnica italiana ha un’importanza che non riguarda solo l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale – conclude il presidente della Coldiretti – Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate, dall’interno alla montagna».

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