L'università di York ha appena ultimato un grosso progetto di ricerca che aveva l'obiettivo di mappare l'intero albero filogenetico degli Pseudosuchi, un gruppo di rettili che comprende tutti i coccodrilli viventi e gli arcosauri, animali più strettamente imparentati con loro e con gli uccelli. Per raggiungere questo obiettivo e capire perché attualmente ci siano poche specie di coccodrilli rispetto agli uccelli, i ricercatori hanno considerato ovviamente anche i dati provenienti dalla documentazione fossile, che è molto importate insieme ai dati ottenuti dalle poche specie attualmente esistenti in natura per ricostruire l'evoluzione degli animali.
I ricercatori hanno così scoperto che una delle principali ragioni che permettono agli uccelli di avere oggi oltre 11.000 specie viventi è la loro maggiore adattabilità ai cambiamenti climatici e alla competizione con le altre specie, fattori che invece limitano enormemente da milioni di anni la diversità dei coccodrilli e la loro distribuzione sul Pianeta. Come è infatti possibile leggere nello studio pubblicato su Nature Biology and Evolution, la variabilità della temperature globali e delle condizioni ecologiche hanno sempre influito negativamente sulla diffusione di nuove specie di coccodrilli. Questo perché l'aumento della competizione per le risorse – che si verifica spesso quando cambia il clima – spinge questi animali a trincerarsi in pochi habitat e a specializzarsi sempre più, cosa che tuttavia può condurli verso un vicolo cieco evolutivo.
Vivendo infatti nei pressi degli ecosistemi costieri e all'interno dei grandi fiumi e dei grandi laghi, questi animali rischiano maggiormente di scomparire quando il clima cambia troppo violentemente per i loro standard. Per quanto infatti anche gli attuali coccodrilli, presenti sulla Terra da diversi milioni di anni, vivano in ambienti perfettamente adatti a loro dove prosperare, è anche vero che quando il surriscaldamento o il raffreddamento climatico ha colpito in passato i loro habita, la la maggior parte delle specie ne ha risentito comunque.
Ad accentuare questo fenomeno c'è anche la bassa "velocità" evolutiva dell'intero gruppo dei loricati, di cui fanno parte i coccodrilli, i caimani, i gaviali e gli alligatori. Ciò ha infatti portato i coccodrilli a sviluppare un minor numero di specie rispetto ad altri gruppi di rettili e loro parenti, come i dinosauri. I ricercatori, tramite l'albero filogenetico, hanno anche verificato se le interazioni tra le specie, ad esempio la competizione tra diversi predatori, hanno potuto giocare un ruolo, nella comparsa di nuove specie e nelle estinzioni, una teoria che è stata ampiamente dimostrata dai risultati ottenuti dagli autori.
L'autrice senior dello studio, la dottoressa Katie Davis, del Dipartimento di Biologia dell'Università di York, ha infatti dichiarato che la competizione fra pseudosuchi, e in particolare fra i coccodrilli più moderni, ha pesato molto sulla loro storia evolutiva. «I reperti fossili sono una ricca fonte di informazioni preziose, che permettono di guardare indietro nel tempo su come e perché le specie hanno avuto origine. Ed esaminando questi dati e mappandoli rispetto al loro albero genealogico, la nostra ricerca è stata in grado di rivelare quanto questi animali abbiano sofferto varie volte il mutamento del clima e come sia importante pensare all’ecologia, quando cerchiamo di prevedere come le specie potrebbero rispondere ai cambiamenti climatici di oggi».
Ciò che emerge dallo studio è quindi una tendenza dei coccodrilli (rispetto a tanti altri pseudosuchi estinti) a soffrire terribilmente quando il cambiamento climatico colpisce gli ecosistemi. Non essendo infatti adattati ad affrontare diverse tipologie di clima, i coccodrilli tendono a rispondere alle minacce ambientali molto lentamente, rischiando così di trovarsi ingabbiati in contesti climatici inospitali che li possono portare all'estinzione.
Per sopravvivere, quindi, diverse specie in passato hanno continuato a resistere solo in determinati habitat a loro favorevoli, evitando così l'estinzione e in modo da avere più tempo per sviluppare mutazioni favorevoli in grado di aiutarle a superare le avversità ambientali globali. Anche il numero di ritrovamenti fossili permette agli scienziati di confermare questo fenomeno, ha spiegato la Davis. Quando infatti le temperature globali sono aumentate per il surriscaldamento globale, restando durature nel tempo, il numero di coccodrilli marini e dei loro parenti terrestri è aumentato, mentre il raffreddamento improvviso ha portato all’aumento esponenziale della competizione per le risorse, che a sua volta ha condotto questi animali ad una generale tendenza all'estinzione.
Al contrario, i parenti dei coccodrilli d’acqua dolce non sono influenzati più di tanto dalle temperature, ma rischiano maggiormente l'estinzione in seguito dell’innalzamento del livello del mare e della riduzione delle prede. Questi ciclici crolli demografici sono leggibili negli stessi strati di roccia in cui è possibile recuperare i reperti e non è un caso se oggi esistono poche specie di coccodrilli e di alligatori capaci di vivere nei mari e negli oceani. Con la recente era glaciale, conclusasi 14.000 anni fa, si sono infatti estinte diverse specie e popolazioni di rettili in grado di abitare i mari, anche per via della competizione con squali, delfini e altri predatori meglio adattati.