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16 Ottobre 2023
13:42

Ricostruito il volto di Homo heidelbergensis, l’ultimo antenato in comune tra noi e i neanderthaliani

Un team di antropologi e archeologi ha ricostruito digitalmente il volto dell'Homo heidelbergensis, l'ultimo antenato in comune tra la nostra specie, i Neanderthal e i Denisoviani. Vissuto tra i 700.000 e i 200.000 anni fa, era molto più simile ai moderni esseri umani di quanto si pensasse.

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Un gruppo di archeologi e di antropologi guidato da Asterios Aidonis ha appena pubblicato uno studio sul Journal of Archaeological Science: Reports in cui è stata presentata la prima ricostruzione facciale di Homo heidelbergensis. Si tratta dell'ultimo antenato in comune che la nostra specie condivide con i Neanderthal e con i Denisoviani e per la ricostruzione è stato utilizzato come modello lo scheletro di un individuo ritrovato a Petralona, in ​​Grecia.

H. heildelbergensis fu la prima specie umana in grado di superare i lunghi e freddi inverni dell'emisfero settentrionale e per quanto il suo aspetto possa sembrare apparentemente primitivo, in realtà era molto più simile ai moderni esseri umani di quanto si pensasse un tempo e anche dal punto di vista cognitivo era dotato di straordinarie capacità, considerando anche che è stata la prima specie umana a essere in grado di cacciare con successo la megafauna europea.

Visse tra i 700.000 e i 200.000 anni fa in Africa, Europa e in Asia e come è possibile osservare dalla ricostruzione degli antropologi greci, l'individuo di Petralona possedeva una fronte molto grande, un naso prominente e una pelle leggermente più scura di quella degli attuali abitanti del Peloponneso. In altre aree del'Europa, inoltre, i suoi resti sono spesso stati accompagnati ai ritrovamenti di alcune delle sue prede – come cervi, cavalli, elefanti, ippopotami e rinoceronti – che quasi sempre presentavano segni di macellazione. Indizio di come avesse cominciato a sfruttare le prede non solo per la carne ma anche ottenere palchi, artigli e pellicce.

Aidonis, per ottenere la migliore modellazione tridimensionale del volto dell'uomo di Petralona si è avvalso del contributo dell'antropologa Christina Papageorgopoulou dell'Università Democrito della Tracia. Ed è stata proprio Papageorgopoulou a scegliere di digitalizzare il calco del cranio originale con uno scanner 3D Artec Spider, in precedenza utilizzato per altre ricostruzioni facciali e anche per la modellazione dei personaggi 3D per i videogiochi.

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Il teschio di Petralona è attualmente conservato nel Museo di Geologia, Paleontologia e Paleoantropologia dell'Università Aristotele di Salonicco, spiegano gli scienziati, ma è stato abbastanza semplice convincere i curatori del museo a elaborare una ricostruzione digitale del suo volto da esporre, tra l'altro, all'interno della stessa sala in cui lo scheletro viene custodito.

Sempre grazie a questo studio, i ricercatori hanno anche confermato alcuni dati che già si disponevano. Per esempio, la chiusura delle suture craniche ha permesso di stabilire l'età dell'individuo, probabilmente non superiore a 35 anni, mentre la sua massa corporea è stata stimata attorno a 52 kg, per 170 cm di altezza, quindi era leggermente più leggero rispetto agli standard attuali. Visto però che il teschio trovato a Petralona manca della mandibola, gli scienziati hanno dovuto utilizzare la mascella dell'olotipo della specie, il cosiddetto uomo di Mauer, il primo individuo di Homo heidelbergensis a essere stato trovato in Europa.

A distinguere questa specie dalla nostra e dai neandertaliani, oltre alla datazione più antica, sono anche alcune caratteristiche robuste del cranio. L'individuo di Petralona possiede infatti arcate sopracciliari massicce, che lo differenziano dagli uomini anatomicamente moderni. Questa specie risultò però fondamentale per la storia dell'intero genero umano. Si tratta infatti del nostro più recente ultimo antenato da cui sarebbero derivati poi ben tre (o forse quattro, a secondo degli studiosi) specie umane differenti: neandertaliani, denisoviani e noi sapiens.

L'acquisizione di queste conoscenze non sarebbe però stato possibile senza lo sviluppo della tecnologia, chiarisce Aidonis. «Nell’era dell’informatica e con il progresso tecnologico nei campi dell’imaging medico, della morfometria geometrica, del DNA antico, della scansione 3D, dell’elaborazione delle immagini e della realtà virtuale, l’approssimazione facciale è divenuto uno strumento molto utile e comune per la diffusione del patrimonio culturale inerente l'origine della nostra specie», ha commentato. Questo esempio è però molto utile per capire le potenzialità di questa tecnologia, che permette agli scienziati di vedere per la prima volta il volto degli antichi abitanti dell'Europa e di approfondire dopo molti anni le informazioni relative ai reperti, che sono stati ritrovati anche diversi decenni fa.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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