Per la prima volta in Francia è stato riconosciuto un risarcimento a beneficio di un gatto per aver subito un maltrattamento. Quella emessa dal Tribunale penale di Lille è una sentenza storica e rivoluzionaria che ha lasciato sorpresi tutti, compresa Graziella Dode, avvocato specializzato in diritto animale, rappresentante della LPA-NF, la Lega Protezione Animale del Nord della Francia, che in questo caso si era costituita parte civile.
I fatti risalgono al 14 luglio: allertata dai lamenti insopportabili di un felino, una donna era uscita di casa aveva controllato i bidoni della spazzatura dei suoi vicini scoprendo in uno una micia molto sofferente, Lanna di 1 anno, che era stata massacrata dal suo pet mate morendo dopo poco. Secondo le dichiarazioni di Dode fatte al giudice, le persone con cui viveva la gatta avevano un figlio autistico che con lei si comportava in modo inappropriato. «Un giorno, l'animale lo ha graffiato e il papà ha perso la pazienza. Lo ha colpito a morte – spiega – Lanna è stata presa a pugni più volte e ripetutamente colpita alla testa con un asse di legno».
Processato per “atti di crudeltà verso un animale”, l'uomo è stato condannato a otto mesi di carcere, con sospensione della pena e con il divieto di tenere un animale domestico. Ma il tribunale ha riconosciuto anche 100 euro di risarcimento danni al gatto. Una vittoria simbolica che però ha un grandissimo significato.
«Per la prima volta in Francia, il danno all'animale è stato riconosciuto e simbolicamente risarcito – ha scritto entusiasta su Instagram Dode – Si tratta di un passo in più verso l'evoluzione dei diritti degli animali». Meno convinto Jacques-Charles Fombonne, presidente della SPA, la Société Protecrice des Animaux: «La storia di Lanna fa sperare in un piccolo sprazzo di luce e di interesse mediatico per la causa animale. Come difensore degli animali, non posso che gioire per questa sentenza, perché significa che i giudici si sono interrogati sul loro status. Sono però più scettico, in veste di avvocato, perché non capisco su quale base giuridica si possa fondare e soprattutto temo che il Consiglio costituzionale la “ribalterà”».
Qualora lo facesse, resterà comunque un verdetto notevole, visto che all’interno della maggior parte degli ordinamenti giuridici mondiali, gli animali sono ancora assimilabili alla categoria giuridica delle res: vengono identificati come cose, beni materiali, in capo ai quali non è ascrivibile la titolarità di diritti. È vero anche, però, che in virtù di un forte cambiamento della percezione sociale del rapporto uomo-animali, diversi Stati europei, tra i quali il nostro, hanno avviato un percorso diretto, da un lato, all’inclusione della tutela degli animali tra i valori fondamentali delle proprie Carte costituzionali e, dall’altro, alla revisione dei codici civili, al fine di inserire la distinzione tra animali e res.
Le criticità e le lacune nel tessuto normativo italiano restano in ogni caso ancora moltissime: in Italia, per esempio, il nuovo articolo 9 della Costituzione riconosce la tutela degli animali, intesi come individui singoli e non come specie appartenenti al più ampio bene “ambiente”. Tuttavia, il diritto civile continua a considerarli come mere cose mobili e non, essendo esseri viventi, “soggetti di diritto dotati di c.d. capacità giuridica”. Lo status giuridico degli animali che si delinea pertanto dal codice civile italiano è fortemente anacronistico, soprattutto a fronte del riconoscimento del carattere di esseri senzienti operato dall’articolo 13 del TFUE, il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che stabilisce che «bisogna tenere pienamente conto delle esigenze connesse al benessere degli animali, dal momento che sono esseri sensibili».