Sono passati quasi 30 anni da quando la nascita della pecora Dolly presentò al mondo il primo mammifero clonato con successo attraverso il trasferimento nucleare di cellule somatiche. Da allora, nonostante numerosi tentativi e tanti altri animali clonati, non sono stati fatti tantissimi altri passi in avanti e la clonazione – che all'epoca sembrava essere destinata a evolversi a ritmi rapidissimi – è stata per lo più accantonata nella ricerca scientifica. Ora però, un gruppo di ricercatori cinesi ha annunciato di aver clonato con successo e con una tecnica simile il primo macaco rhesus che è sopravvissuto per oltre due anni al momento della stesura dello studio. Si chiama ReTro, è un maschio ed è nato il 16 luglio 2020.
ReTro è però ancora vivo, oggi ha più di tre anni, è in salute ed è il primo individuo di Macaca mulatta ad essere sopravvissuto al processo di clonazione. In passato erano già stati fatti altri tentativi con la stessa specie, ma tutti gli embrioni erano poi morti nel giro di poche ore. Non è però la prima scimmia in assoluto ad essere sopravvissuta. Lo stesso team, infatti, nel 2018, aveva clonato due macachi cinomolghi (Macaca fascicularis), Zhong Zhong e Hua Hua, che sono ancora vivi oggi. Ed proprio partendo da questa esperienza, come si legge nello studio pubblicato su Nature Communications, che è stato possibile far nascere ReTro, clonato grazie a un miglioramento della tecnica del trasferimento nucleare di cellule somatiche (SCNT), la stessa usata per Dolly.
L'annuncio dei ricercatori dell'Accademia Cinese delle Scienze ha inevitabilmente sollevato dubbi e polemiche legati chiaramente alle questioni etiche, ma non solo. Da quando è stata clonata Dolly, nel 1996, gli scienziati hanno clonato molte altre specie di mammiferi, tra cui maiali, mucche, cavalli e cani, ma il processo, nonostante il tempo trascorso, è rimasto lungo, complesso e con una scarsissima percentuale di successo. Solo una piccolissima percentuale degli embrioni sopravvive e di questi una percentuale altrettanto piccola riesce a continuare il proprio sviluppo, come successo con ReTro. Con i metodi di clonazione convenzionali, i tassi di natalità per la maggior parte delle specie sono infatti estremamente bassi, compresi tra l'1% e il 3%.
Secondo gli autori di questo studio, uno dei "problemi" principali è legato allo sviluppo della placenta, che negli embrioni clonati non si sviluppa correttamente. Gli scienziati lo hanno quindi risolto sostituito le cellule che daranno poi vita alla placenta, chiamate trofoblasti (il nome ReTro viene dalla tecnica trophoblast replacement), con quelle di un embrione sano e non clonato. Sempre secondo gli autori, la tecnica avrebbe notevolmente migliorato il tasso di successo della clonazione tramite SCNT, portando così alla nascita di ReTro. Tuttavia, non tutti sono d'accordo. Lluis Montoliu, ricercatore del Centro Nazionale Spagnolo di Biotecnologia, non coinvolto in questo studio, ha sottolineato che su ben 113 embrioni prodotti ne è sopravvissuto solo uno, il che significa un tasso di successo inferiore all'1%.
Se per gli autori questo risultato migliorerà le conoscenze sullo sviluppo embrionale, la ricerca medica e la riproduzione umana, molti altri scienziati non ne sono più così tanto convinti. Se teoricamente è oggi possibile clonare mammiferi e persino un essere umano, l'esperienza e le tecnologie attuali evidenziano chiaramente che esistono ancora troppi limiti e difficoltà estremamente da superare (lo sviluppo della placenta era solo uno di questi). Sia la clonazione che alcune tecnologie legate alla manipolazione del DNA sono infatti, ancora oggi, estremamente costose, rischiose e con tassi di successo troppo bassi. Le morti premature, o l'insorgenza di malformazioni, e difetti genetici sono talmente comuni che in molti hanno abbandonato questo tipo di ricerche.
Al di là degli ovvi problemi legati all'etica, alla dignità di questi animali, alla sicurezza e ai limiti tecnologici, la maggior parte dei ricercatori considera ormai la clonazione – anche da un punto di vista puramente scientifico – quasi del tutto superata da nuove tecnologie alternative e più efficaci, anche in campo medico. Oggi è infatti possibile condurre gli stessi studi e ottenere gli stessi risultati anche senza la clonazione. Grazie soprattutto alle cellule staminali, le linee di ricerca sulla clonazione fine a se stessa sono state ormai quasi del tutto abbandonate e anche da un punto medico sono considerate perlopiù irrilevanti.
Grazie alle staminali – cellule potenzialmente in grado di dar vita a qualsiasi tipo di tessuto – è possibile sviluppare qualsiasi tipo di cellula umana, anche riprogrammando cellule adulte già differenziate. Queste tecnologie hanno quindi aperto una strada alternativa all'utilizzo di embrioni o cloni, rendendo quasi completamente inutile la clonazione. Grazie ai successi ottenuti con queste cellule e con l'editing genetico – ovvero la possibilità di intervenire modificando uno o più geni per curare eventualmente patologie ereditarie o malformazioni – ci saranno sempre più sviluppi e investimenti in questo campo piuttosto che nella clonazione, rendendo praticamente sempre meno necessario perseguire questo campo di ricerca.
A quasi 30 anni dalla pecora Dolly, quindi, la nascita di ReTro sembra più un risultato fine a se stesso e che, inevitabilmente, fa più parlare che progredire davvero la ricerca scientifica. E ancora una volta, a pagarne le conseguenze, proprio come accaduto con Zhong Zhong e Hua Hua e tanti altri, ci sarà soprattutto ReTro, un essere senziente costretto a vivere la sua intera esistenza in un laboratorio, lontano anni luce da quelle che sono le più basilare esigenze ecologiche, individuali e sociali che qualsiasi essere vivente avrebbe il diritto di avere. Basterebbe anche solo questo per capire che oggi, la clonazione fine a se stessa, non ha più alcun senso di esistere.