È stato un 2023 da record assoluto per le nascite dei gipeti in Svizzera: mai così tanti pulli prima di quest'anno erano riusciti a lasciare il nido da quando sono partiti i progetti dei reintroduzione che hanno riportato questo raro avvoltoio sulle Alpi. Lo ha reso noto la Fondazione Pro Gipeto e sono ben 25 le coppie che sono riuscite ad allevare con un successo un piccolo portandolo fino all'involo.
Da quando è partito il progetto di reintroduzione in Svizzera, iniziato circa trent'anni fa, sono complessivamente nati 163 gipeti, un numero sicuramente incoraggiante per il futuro di questo uccello un tempo completamente estinto dall'Arco alpino. All'inizio del Ventesimo secolo, infatti, i gipeti vennero letteralmente perseguitati fino alla loro completa estinzione, soprattutto a causa di false credenze che li dipingevano come spietati predatori di agnelli e altri animali d'allevamento.
In quanto avvoltoi, in realtà, si nutrono esclusivamente di animali già morti e tra l'altro, rispetto ad altri necrofagi come per esempio il grifone, seguono una dieta ancora più ristretta e specializzata, nutrendosi in particolare di ossa e midollo osseo. Ma a partire dagli anni 80, grazie a un progetto internazionale di riproduzione in cattività coordinato dalla Vulture Foundation Conservation e che ha coinvolto diversi paesi europei, il gipeto (il cui nome scientifico è Gypaetus barbatus) è tornato a volare sulle Alpi, Italia compresa.
In Svizzera, in particolare, i primi avvoltoi nati in natura da coppie reintrodotte sono stati segnalati nel 2007 nei Cantoni Grigioni e Vallese. Dal 2019 una coppia si è riprodotta anche nell'Oberland bernese, mentre in Ticino il primo gipeto libero è nato la scorsa primavera. Il successo della reintroduzione del rapace in Svizzera e non solo è di grande importanza anche a livello internazionale. In molte regioni del suo storico areale in Europa e Nord Africa, il gipeto è infatti ancora fortemente minacciato o addirittura estinto.
Alcuni degli uccelli liberati, infatti, finiscono spesso vittime dei bracconieri o delle collisioni con cavi elettrici. Anche l'emergente crescita di attività come l'arrampicata, il parapendio, la fotografia naturalistica e lo sci creano parecchi problemi per la nidificazione di questo maestoso avvoltoio. Per di più, la crescita demografica per questa specie richiede inoltre tempi molto lunghi, che rendono quindi ancora più difficile costituire popolazioni sufficientemente numerose da essere considerate fuori pericolo.
Questo avvoltoio, infatti, depone solitamente un singolo uovo e non si riproduce ogni anno, come accade per la maggior parte degli uccelli. Tra una covata e l'altra della stessa coppia possono passare anche alcuni anni e oltre a ciò i giovani iniziano a riprodursi solamente tra i 5 e i 7 anni di età. Più in generale, però, dai dati pubblicati nell'ultimo report da InfoGipeto, con i tre nuovi territori scoperti nel 2020 (due in Svizzera e uno in Francia), sono note attualmente circa 54 coppie e 6 trii su tutto l'arco alpino.
La riproduzione in natura è infatti avvenuta in almeno 52 territori di cui, oltre a quelli svizzeri, 17 si trovano in Francia, 4 in Austria e 11 in Italia. L'ultimo individuo italiano in ordine di tempo, nato per la prima volta nella provincia di Cuneo, ha spiccato il volo l'estate scorsa. Con questa ennesima buona notizia, il maestoso gipeto (che può superare i 280 cm di apertura alare) ha fatto un altro piccolo ma fondamentale passo verso la riconquista definitiva delle Alpi.
Un vero e proprio successo per questo lunghissimo progetto, che dimostra che con impegno, dedizione, costanza e soprattutto competenze, possiamo davvero invertire il declino della biodiversità e aiutare, almeno alcune specie, a tornare libere lì dove le abbiamo perseguitare ed estirpate completamente.