Come spesso accade quando si parla di normative riguardanti la tutela e il benessere degli animali, occorre premettere come non esista alcuna norma a livello nazionale che stabilisca quale sia lo spazio minimo di cui debba disporre un cane detenuto all’aperto. Allo stesso modo non esiste una normativa unitaria che disciplini le caratteristiche che devono presentare gli spazi in cui il cane trascorre gran parte della propria esistenza: tipologia di terreno o di recinzione, requisiti tecnici dei box, ecc. La regolamentazione è interamente demandata alla normativa regionale o comunale e questo comporta l’esistenza di grandi differenze di trattamento (almeno sulla carta) tra un luogo ed un altro.
Le norme regionali sullo spazio minimo per un cane
Come accennato in premessa, gli approcci alla questione cambiano di regione in regione e di comune in comune. Si trovano dei regolamenti che stabiliscono con precisione i metri quadri di cui deve disporre un cane e altri che si limitano a richiamare idonee condizioni di detenzione.
Si può dire, in via di approssimazione, che le norme vigenti a livello locale richiedono circa 8 metri quadrati di spazio minimo per un cane, con aumenti di superficie se gli animali sono in numero maggiore. Alcuni enti sono ancora più generosi e arrivano a richiedere spazi sino a venti metri quadri (soprattutto se non sono garantite al cane passeggiate quotidiane).
Anche con riguardo ai box sussistono profonde divergenze di regolamentazione. Si va dalle puntuali statuizioni sulle caratteristiche di costruzione, sino ad una generica pretesa di copertura da sole e pioggia. Per avere un’idea più chiara si riportano di seguito alcuni esempi concreti.
Assai puntuale è la regolamentazione dettata dalla regione Friuli Venezia Giulia secondo la quale «per i cani custoditi in ambiente domestico in recinto la superficie di base non deve essere inferiore a metri quadrati quindici. Ogni recinto non può contenere più di due cani adulti con gli eventuali loro cuccioli in fase di allattamento. Ogni cane in più comporta un aumento minimo di superficie di metri quadrati sei. L’altezza del recinto e le caratteristiche costruttive devono impedire la fuga del cane. Questi requisiti sono validi sia se per recinto si tratti di un “box”, sia che corrisponda all’intero “cortile” a disposizione del cane. Se tale cortile è di dimensioni inferiori alle minime stabilite, al cane deve essere garantito l’accesso all’interno dell’abitazione, e comunque essergli garantite almeno 2 uscite quotidiane per la sgambatura».
Ancora: «nel recinto, opportunamente inclinato per il drenaggio, non ci devono essere ristagni di liquidi; il recinto deve essere adeguato alla taglia del cane, permettendogli un abbondante e fisiologico movimento, deve avere una parte ombreggiata, pavimentata almeno in una sua parte in materiale non assorbente (es: piastrelle, cemento), antisdrucciolo. Le feci devono essere asportate quotidianamente. Una parte del recinto deve essere dotato di copertura»
Nella regione Marche: «i cani detenuti prevalentemente in spazi delimitati necessitano di una area di almeno 8 metri quadrati per capo adulto. In presenza di locali di ricovero, comprensivi di cucce, questi devono essere aperti verso l’esterno, per consentire sufficiente illuminazione e ventilazione. Al cane deve essere assicurata, quotidianamente, la possibilità di muoversi liberamente».
La normativa regionale del Piemonte, ancora, stabilisce che: «i cani detenuti all’aperto devono disporre di un ricovero, ben coibentato ed impermeabilizzato, che fornisca protezione dalle temperature e condizioni climatiche sfavorevoli. (…) Qualora i cani siano detenuti prevalentemente in spazi delimitati, e necessario uno spazio di almeno 8 metri quadrati per capo adulto, fatte salve esigenze particolari di razza: i locali di ricovero devono essere aperti sull'esterno per consentire sufficiente illuminazione e ventilazione».
Molto precisa e generosa sul punto è anche la regolamentazione del Comune di Roma secondo cui: «per i cani custoditi in recinto la superficie di base non dovrà essere inferiore a metri quadrati 20; ogni recinto non potrà contenere più di due cani adulti con gli eventuali loro cuccioli in fase di allattamento; ogni cane in più comporterà un aumento minimo di superficie di metri quadrati 6. Per i cani custoditi in box la superficie di base non dovrà essere inferiore a metri quadrati 9 per cane. Ogni cane in più comporterà un aumento minimo di superficie di metri quadrati 4».
Altre regioni come Lombardia e Sardegna, per fare solo due esempi, dettano normative più generiche che rimandano ad un concetto generale di benessere dei cani.
Secondo la regolamentazione lombarda: «chiunque detiene a qualunque titolo un animale d'affezione è responsabile del suo benessere, deve provvedere alla sua idonea sistemazione e fornire adeguate cure e attenzioni, tenuto conto dei bisogni fisiologici ed etologici, secondo l'esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche riguardo alla specie, alla razza, all'età e al sesso. In particolare, sul punto il detentore di animali di affezione è tenuto a: fornire un ricovero adeguato; assicurare la regolare pulizia dell'ambiente di vita; prendere adeguate precauzioni per impedire la fuga; consentire la quotidiana, adeguata attività motoria e favorire i contatti sociali tipici della specie».
Per la legge regionale sarda: «gli animali devono disporre di uno spazio sufficiente, fornito di tettoia idonea a ripararli dalle intemperie e tale da consentire un adeguato movimento e la possibilità di accovacciarsi ove siano legati con catene. (…) Chiunque custodisce presso la propria abitazione o in altri locali, in proprietà o in determinazione, animali, deve garantire loro condizioni igieniche e ambientali tali da non recare nocumento nè alla loro salute, nè all’igiene ed alla quiete delle persone».
Si può tenere il cane legato alla catena?
Trattando di detenzione dei cani all’aperto, non si può non affrontare il tema dell’utilizzo della catena. Anche in questo caso, va detto subito che non esiste una legge sui cani alla catena che si possa applicare su tutto il territorio nazionale. Le normative sono tante e variano a seconda della regione o del comune di riferimento. Si va dalle regioni più attente e virtuose che vietano a prescindere l’uso di questo strumento costrittivo, ad altre che non trattano minimamente la questione.
Per fortuna, nel tempo sono intervenuti i nostri Giudici, i quali hanno stabilito che – a prescindere dalle scelte amministrative compiute da ciascun ente pubblico – l’uso indiscriminato della catena integra il reato di maltrattamento o comunque, in casi meno gravi, quello di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura. In altri termini, l'utilizzo è da considerarsi penalmente rilevante se il cane è tenuto costantemente legato ad una catena di lunghezza non sufficiente per consentirgli di fare movimento; ancora, se non gli è consentito raggiungere un riparo dal sole o dalla pioggia e cibo e acqua. La catena non deve mai consentire lo strangolamento dell’animale. L’uso di questo strumento è invece tollerato dai Giudici se di breve durata e nel caso in cui vi siano delle esigenze che lo giustifichino (ad esempio per ragioni di salute dello stesso animale).