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9 Luglio 2023
18:00

Quanti erano gli elefanti che Annibale portò oltre le Alpi?

Annibale è considerato uno dei generali più vincenti della storia, grazie alle sue vittorie contro i romani. Quanti furono però gli elefanti che lo accompagnarono sulle Alpi?

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L'attraversata autunnale delle Alpi a seguito di un esercito composto da circa 46.000 uomini e ben 37 elefanti africani è sicuramente una delle imprese che rendono e renderanno ancora per molto Annibale uno dei generali più famosi della storia. Il comandante punico fu infatti il primo a tentare un'impresa che fino ad allora veniva considerata letteralmente impossibile dagli stessi soldati romani, che preferivano raggiungere la regione antistante la Gallia Cisalpina, l'attuale Pianura Padana, attraverso le navi, attraccando nel porto della città alleata di Marsiglia.

Durante la Seconda Guerra Punica il piano di Annibale però, che non era intenzionato a sfidare la potenza navale romana, era quello di sorprendere i romani attaccandoli nel loro stesso territorio e da tergo. Per questo quindi costrinse il suo esercito ad attraversare l'Ebro e a dirigersi verso la Gallia Cisalpina, seguendo la via delle montagne, nel 218 a.C.

L'impresa di Annibale

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Giungere in Italia affrontando le vette delle Alpi, all'epoca non era una cosa da poco. Oltre alle difficoltà legate alla conformazione del territorio e alla necessità di sfamare migliaia di uomini, insieme agli animali a seguito, Annibale si dovette preoccupare nel raggiungere nel più breve tempo possibile la Pianura Padana, affinché fosse funzionale il suo accerchiamento dell'esercito nemico, che lo attendeva al di là delle Alpi. Inoltre, il peso degli elefanti e la precaria condizione fisica degli uomini, non abituati alle temperature continentali né alla neve, rischiavano di far rotolare parte dell'esercito a valle. Cosa che in parte realmente successe, visto che non tutti gli uomini che accompagnarono Annibale riuscirono infatti a seguirlo nelle sue successive lunghe imprese.

Bisogna dire che quell'occasione non fu la prima volta in cui degli elefanti calcarono il suolo italiano. Già Pirro, oltre settant'anni prima, aveva infatti tentato di sconfiggere i romani importando in Italia insieme al suo esercito circa una ventina d'elefanti, provenienti dall'Epiro. A differenza però dei pachidermi che accompagnarono Pirro, gli elefanti di Annibale erano stati meglio addestrati e preparati per la battaglia, essendo gli istruttori cartaginesi più efficienti dal punto di vista militare. E in effetti, quando i cartaginesi dispiegarono gli elefanti da guerra in battaglia seppero utilizzarli meglio rispetto a Pirro, che anche se riusciva a vincere le sue battaglie, riportava un così grande numero di feriti (anche per il cattivo uso degli elefanti) che ogni vittoria aveva il sapore della sconfitta, tanto che secondo gli storici sembra abbia detto ai suoi intendenti «se otterremo ancora una vittoria sui romani, probabilmente saremo perduti».

Per quale ragione però Annibale scelse di portare con sé degli elefanti da guerra sulle Alpi?

Probabilmente fu un'incidente della storia, come sostengono alcuni che cercano di sminuire anche gli effetti del cambiamento climatico, immaginando delle Alpi senza neve al momento dell'attraversamento dell'esercito di Annibale.

Il piano di Annibale, da quello che è stato scoperto dagli storici, fu progettato dal grande generale affinché i romani si trovassero con le spalle al muro – e con gli elefanti pronti ad infrangere i loro scudi – in un momento di estrema incertezza. Lo stupore infatti scatenato dal sapere che l'esercito cartaginese aveva attraversato le Alpi e che portava con sé quelle terribili armi da guerra che erano gli elefanti a quel tempo indusse i generali e i senatori romani a compiere molti sbagli…che erano proprio gli obiettivi militari di Annibale.

Egli riuscì infatti a distruggere letteralmente l'esercito romano sia durante la Battaglia del Ticino che durante la Battaglia del Trebbia non solo per l'arguzia del suo genio militare, ma anche per l'impreparazione dei suoi nemici, ancora storditi per il suo arrivo improvviso a seguito di elefanti e di migliaia di uomini.

Attraversare le Alpi ebbe però un impatto negativo anche nell'esercito cartaginese. Gli storici infatti dibattono da secoli cercando di valutare quanti e quali uomini riuscirono a superare le Alpi. Secondo alcuni si parla di 20.000 fanti e 6.000 cavalieri, mentre altri assicurano che furono 36.000 uomini e 24 elefanti a raggiungere il Trebbia. Anche la stessa salute di Annibale peggiorò a causa delle cattive condizioni ambientali a cui sottomise l'esercito. La sua cecità ad un occhio fu infatti provocata secondo molti dall'eccessivo riverbero della luce solare rifratta dalla neve delle Alpi, che andò peggiorando quando giunse presso delle aree paludose verso sud, vicino al Trasimeno.

A certificare comunque che sulle Alpi la neve creò dei problemi all'esercito cartaginese abbiamo due dati. Per quanto veloce, Annibale riuscì a compiere la sua impresa in circa 2 settimane, seguendo una strada che lo portò diverse volte a fare dietro front e a scegliere un versante meno impervio e coperto di neve. Oggi conosciamo la strada seguita dall'esercito di Annibale proprio grazie alle deiezioni dei suoi uomini e degli animali che è possibile trovare come fossili (coproliti) tra i ghiacci delle Alpi occidentali.

A sostenere inoltre che ci fosse freddo, ad inizio ottobre, e che Annibale non fosse un pazzo quando cominciò a salire le montagne, gli storici asseriscono che vietò l'impiego del fuoco, per non segnalare ai romani la strada che intendeva percorrere, ma indusse i suoi uomini a coprirsi con dei folti mantelli e a serrare i ranghi, affinché il calore corporeo generato da tutte quelle persone e bestie (si parla anche di circa 9000 cavalli, per il trasporto e l'impiego dei cavalieri) proteggesse la truppa dal freddo.

Il numero e le sorti degli elefanti di Annibale

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William Turner, Bufera di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi (1812)

Gli storici hanno cercato di individuare il numero esatto degli elefanti portati da Annibale in Italia e di scoprire la loro sorte per secoli, ma dopo molti dibattiti si è ormai chiarito che è inverosimile pensare che il generale cartaginese fosse riuscito ad attraversare le Alpi a seguito di oltre 100 esemplari di elefanti, come sostenuto da alcune opere di propaganda romana. Scegliendo perciò di seguire le testimonianze più verosimili e di effettuare a ritroso un'indagine scientifica su come i punici potessero gestire gli animali, in un contesto così tanto diverso dalle pianure africane, gli storici hanno cominciato a preferire la versione di Eutropio, un retore romano che visse nel IV secolo d.C. sotto l'impero di Teodosio, che seppur visse molti secoli dopo gli eventi era un fine retore e storico, tanto da ricevere il rispetto degli storici successivi.

Per Eutropio Annibale partì dalla Spagna per compiere la sua mirabile impresa con una quarantina di elefanti, ma solo 37 riuscirono a raggiungere le vette delle Alpi e a scendere a valle. Molti morirono per il freddo nelle settimane successive, ma diversi sopravvissero e combatterono contro l'esercito romano, tanto che Publio Cornelio Scipione detto L'Africano – colui che avrebbe sconfitto Annibale a Zama decenni dopo – combatte da ragazzo insieme a suo padre nel Trebbia, potendo osservare di persona la mirabile tecnica di guerra degli elefanti, che riuscirono a sterminare la cavalleria romana guidata da Cornelio Scipione padre.

Questa vittoria dei cartaginesi risultò però fatale sia agli elefanti di Annibale che allo stesso generale. Anni dopo infatti Scipione L'Africano avrebbe tenuto fede agl'insegnamenti che aveva ottenuto nel Trebbia, riuscendo a sconfiggere gli elefanti di Zama proprio seguendo una strategia che aveva maturato per la prima volta nel tentativo di difendere il padre dall'assalto delle mitiche "bestie" che attraversarono le Alpi.

A seguito delle ferite riportate dalle battaglie e per l'ambiente caldo, paludoso e ricco di parassiti che all'epoca era presente nell'Italia Centrale, i primi elefanti di Annibale si ammalarono e morirono poco dopo però le prime imprese del generale cartaginese, tanto che quando Annibale giunse per la prima volta a lambire il territorio controllato direttamente dalle milizie cittadine di Roma, il suo esercito ormai possedeva un unico o un paio di esemplari, resi del tutto inutili in battaglia.

Il destino di Annibale però non fu segnato da questa perdita. Le sue più grandi vittorie – come quella di Canne in Puglia – infatti li ottenne senza il contributo degli elefanti, ma solo con l'utilizzo dei cavalli e dei suoi uomini.

Di seguito però alla sconfitta di Zama e alla successiva invasione dei regni ellenistici, l'esercito romano dimostrò che era possibile sconfiggere gli eserciti dotati di elefanti, tanto che presto tutti abbandonarono il loro uso, preferendoli cacciare per portarli all'interno dei ludi gladiatori.

Chi è il Loxodonta cyclotis

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Loxodonta cyclotis

Si ritiene che Annibale utilizzò nel suo esercito non tanto la specie Loxodonta africana che oggi tutti noi conosciamo come la specie principale degli elefanti della Savana, ma i meno noti Loxodonta cyclotis, ovvero i cosiddetti elefanti africani di foresta, che un tempo erano maggiormente presenti lungo la costa nord africana e che solo recentemente sono stati considerati da uno studio – pubblicato presso Plos Biology – come una specie a sé stante, rispetto alle popolazioni indiane e sud sahariane.

È inoltre probabile che l'antico elefante nordafricano, oggi ritenuto estinto, che usualmente viene considerato dagli storici come la tipologia di elefante impiegato da Annibale fosse in realtà una sottospecie o una popolazione separata dell'elefante delle foreste, visto che le descrizioni romane di quello che oggi viene ricordato come Loxodonta africana pharaohensis riportano varie somiglianze con gli esemplari di foresta.

Se dovessimo inoltre osservare la passata costa nord occidentale e centrale dell'Africa settentrionale noteremmo che sarebbe molto diversa dall'attuale. All'epoca infatti le foreste dell'Atlante erano molto più rigogliose, la Cirenaica era colma di boschi e il deserto cominciava a presentare le sue dune molto più a sud, con diverse oasi forestate che sono scomparse a seguito della ricerca di legname dell'uomo. Probabilmente la prima e la seconda guerra punica contribuirono non poco al disboscamento. Per fornire il porto di Cartagine e di altre città di navi da guerra, i punici dovettero infatti tagliare un grande numero di alberi, limitando l'areale degli elefanti di foresta. Quando giunsero infatti i romani a controllare la Libia, essi dovettero affrontare una siccità provocata dai danni che aveva procurato la guerra.

I punici comunque scelsero questa specie di elefanti rispetto alle altre presenti in Africa perché erano quelli maggiormente disponibili nel loro territorio e quelli che sembravano più mansueti e predisposti a seguire gli ordini. I pochi esemplari di L. africana che giungevano da sud erano infatti troppo grandi e troppo difficili da governare e infatti furono principalmente scelti solo per i giochi gladiatori.

I punici avevano un grande rispetto per i propri animali. Infatti consideravano l'elefante di foresta uno dei simboli del loro impero, insieme alle navi, e costruirono diverse stalle in cui venivano accuditi. Con la loro sconfitta però i romani decisero di allontanarli dalle città (in qualche occasione venivano usati anche come mezzi di trasporto) essendo infatti troppo lontani culturalmente dalla tradizione punica. L'elefante punico ed egiziano quindi divenne una sorte di simbolo dell'eccesso, del lusso e della perdizione, con i romani che preferivano di gran lunga affidare le proprie vite ai cani, ai cavalli e a muli, rispetto a quelle grosse bestie che non facevano neppure parte dei loro miti.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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