I risultati del primo monitoraggio nazionale del lupo hanno recentemente confermato e soprattutto quantificato che la specie si è espansa naturalmente in quasi tutta la nostra penisola. Una parte della politica e dell'opinione pubblica considera questa espansione un problema, talvolta addirittura una vera e propria emergenza pubblica, tirando in ballo allevatori e attività zootecniche messe in ginocchio dal numero insostenibile di predazioni subite. Ma quanti danni fa davvero il lupo in Italia al di là delle opinioni e degli slogan?
A rispondere a questa domanda, dati e fatti alla mano, arriva finalmente un importante studio recentemente pubblicato dall'ISPRA sulla stima dell'impatto del lupo sulle attività zootecniche in tutta Italia. L'indagine restituisce finalmente un quadro molto più chiaro e preciso – seppur parziale – del numero delle predazioni e sui danni economici effettivi che il lupo causa predando animali d'allevamento, come ovini e caprini, regione per regione.
Quanto "costa" la tutela del lupo
L'analisi ha preso in considerazione il periodo 2015-2019, cinque anni in cui le predazioni del lupo sono costate allo Stato nel complesso 9 milioni e 6.997 € di risarcimenti, una media di poco meno di 2 milioni l'anno, per l'esattezza 1.801.367 €. La normativa nazionale e regionale prevede infatti che Regioni, Province autonome e Parchi Nazionali indennizzino i danni alle attività produttive causati dalle specie selvatiche, tra cui il lupo. È quindi questa la spesa pubblica che è andata a coprire tramite risarcimenti tutti i capi abbattuti dal predatore in un intero quinquennio.
Nello studio sono stati raccolti, per ogni anno, anche i dati relativi alle predazioni denunciate dagli allevatori, tra cui il numero di capi predati per specie, il luogo della predazione e l'importo indennizzato per ciascun evento. Le quantificazioni raccolte sono da considerarsi come dati minimi, poiché non tutti i danni da lupo vengono rilevati, denunciati e compensati, va inoltre tenuto in considerazione che riguardano "solo" il 77% degli eventi di predazione, poiché per il restante 23% non è stato possibile raccogliere informazioni certe.
Nonostante ciò, questi dati forniscono finalmente una base solida da cui partire per quantificare e ridurre i danni, sensibilizzare sulla prevenzione e per instaurare un dialogo proficuo e costruttivo tra tute le parati in causa, con l'obiettivo di favorire la coesistenza tra attività umane e lupo, al di là degli slogan e dei sensazionalismi troppo spesso cavalcati da una parte della politica, sempre pronta a strizzare l'occhio a eventuali abbattimenti.
Quanti animali abbattano i lupi
Per quanto riguarda le predazioni nello specifico, nel complesso, tra il 2015 e il 2019, sono stati raccolti dati relativi a 17.989 eventi accertati, per una media di circa 3.597 predazioni ogni anno. L'andamento a livello nazionale ha mostrato una generale tendenza all'aumento, fatta eccezione per l'anno 2016, passando da 3.325 eventi di predazione nel 2015 ai 4.107 del 2019, un aumento del 23,5% in linea quindi con la naturale espansione del lupo in tutta la penisola.
In questi 17.989 eventi di predazione su tutto il territorio nazionale, sono stati predati un totale di 43.714 capi di bestiame, per una media di circa 8.742 ogni anno, perlopiù ovini, caprini, bovini ed equini. Ma l'aspetto più interessante riguarda però la loro distribuzione. Lo studio ha infatti evidenziato due tipologie di impatto ben distinte: nel primo la quasi totalità delle aziende hanno subito danni molto ridotti e circa l'80% ha ricevuto indennizzi per una sola predazione in tutti i 5 anni di indagine; La seconda tipologia, invece, è costituita da una minoranza di aziende (circa 1.300 a livello nazionale) che hanno registrato attacchi frequenti, ripetuti in modo cronico ogni anno e con perdite numeriche rilevanti.
I dati a disposizione non hanno permesso di capire con esattezza quali siano le variabili (come la densità di lupi, il tipo di allevamento o la presenza di eventuali sistemi di prevenzione) correlate con gli attacchi frequenti, nonostante ciò forniscono un quadro piuttosto chiaro sulle priorità di intervento per ridurre l'impatto del lupo sul comparto zootecnico e per prevenire il conflitto tra la conservazione e l'allevamento. Lo studio ha prodotto indicazioni molto chiare su dove concentrare gli sforzi e su quali dati dovranno essere raccolti dalle Amministrazioni al fine di realizzare un monitoraggio ancora più completo e omogeneo.
La strada per la convivenza
Seppur parziale e incompleto, questo report fornisce per la prima volta indicazioni chiare sul costo dell'"emergenza" lupo in Italia, una cifra decisamente irrisoria se paragonata ad altre spese pubbliche che le amministrazioni coprono ogni anno per garantire beni e servizi indispensabili alla comunità. Se poi a questi costi aggiungiamo invece anche i servizi che il predatore offre gratuitamente, come il controllo sul numero ungulati (che tanti danni causano all'agricoltura), l'attrattiva turistica che porta verso molti territori e il valore culturale e scientifico che la specie ricopre per la nostra storia e il nostro Paese, risulta chiaro che almeno dal punto di vista economico non esiste alcuna emergenza.
È comunque fuori da ogni dubbio che il lupo, così come altri grandi carnivori, vada però gestito. Nessuno nega i costi, i conflitti e i danni subiti dagli allevatori, ma questa gestione va attuata partendo da dati scientifici e metodologie rigorose fornite da studi ed esperti di settore, sempre e solo con un unico obiettivo: la coesistenza. Il lupo è una specie particolarmente protetta sia da normativa nazionali che comunitarie, un patrimonio indisponibile dello Stato che va tutelato nell'interesse della comunità nazionale e internazionale. Proteggerlo è quindi un dovere dello Stato.
Gestirlo significa quindi innanzitutto gestire noi stessi e le nostre attività, attraverso soprattutto sistemi di prevenzione. L'utilizzo di recinzioni elettrificate o cani da guardiania, per esempio, si sono già dimostrato particolarmente efficaci per ridurre gli attacchi e le perdite di bestiame, ma occorre lavorare tutti nella stessa direzione. La coesistenza passa perciò necessariamente attraverso la consapevolezza, che può essere raggiunta solo grazie a campagne di informazione e sensibilizzazione massicce, moderate e corrette.
Non bisogna ovviamente lasciare soli gli allevatori, così come le popolazioni che vivono in zone particolarmente frequentate dal predatore. Sapere per esempio come comportarsi di fronte a un lupo e come ridurre il rischio che diventi confidente (per esempio non avvicinandosi e non alimentandolo) è il primo passo verso una pacifica convivenza, così come sostenere le aziende supportandole per mettere in sicurezza bestiame e allevamenti. Così si affronta l'"emergenza" lupo in Italia, un fenomeno complesso che richiede interventi altrettanto complessi e ben strutturati, non slogan e abbattimenti.